- Ci fermeremo, una volta?

Imit è straordinario nel fare domande stupide, ma anche ovvie. L'ultima volta che ho posto a un ufficiale una domanda del genere, anche se io ero stata molto più cauta, mi hanno affibbiato cinque giorni di punizione. Al momento in stanza ci siamo solo noi e quindi forse la domanda non è pericolosa. Sempre che il Casuale non abbia scelto proprio il nostro ambiente per una registrazione amichevole.

- Sei scemo, Imit?

Lui sorride. Ha, penso, una decina d'anni meno di me ma è ArmaCon da almeno tre anni. Non molto più scafato, ma quanto basta per essere al corrente di un certo numero di notizie, notiziole e voci.

- Il Casuale è disattivato. - Approfitta del mio stupore per una carezza in una zona dove, almeno momentaneamente, non sono più molto ricettiva.

- E piantala. Non è possibile, il Casuale non è mai disattivato. E poi come lo sai?

- Lo sanno tutti. Ogni tanto affibbiano una punizione a caso, senza nessuna spiegazione, tanto per dare l'idea che funzioni ancora. Oppure compare qualche Indirizzo, tanto per dare l'idea che siamo ancora tracciati. Ma in realtà si è guastato e non ci sono sistemi per ripararlo.

- Ma su questa nave...

- Su tutte. Mancano pezzi di ricambio e hanno stabilito che i sistemi d'arma hanno la precedenza. Mi hanno detto che è stato un litigio epico: Jen Darm di ArmaCon contro l'intero Purgatorio. Alla fine è stato il temporaneo del Conciliatore a decidere.

Mi sollevo scivolando parzialmente fuori dalla coperta. Un brivido che fingo di non sentire. Sbircio l'innesto al polso, illuminato come sempre e mi stringo nelle spalle. Imit straparla. - Cazzo, come sei informato. A chi hai fatto un grosso favore?

Si stringe nelle spalle e mi si avvicina ancora, cosa che non mi dispiace affatto. - Credi che abbia solo te come amante? Modestamente sono piuttosto apprezzato.

- Già. - Non ne avevamo mai parlato e poi i rapporti duraturi in ArmaCon sono una complicazione assurda. Eppure nel mio stupido cervello ho sentito il clac di un circuito che si chiude e subito dopo una sensazione di vuoto allo stomaco. Per darmi un tono dò un'occhiata al finestrino posto sopra la brandina, dove arriva l'immagine del paesaggio esterno rifratta e ripetuta grazie a un sistema di specchi e minicamere. Terra grigia, spaccata e piatta fino al limite di qualche catena montuosa tondeggiante e senza nome. Padma è una macchia di luce appena più chiara dietro una nube di cristalli di anidride carbonica. Stiamo per entrare nella fascia estiva del pianeta che rotola come un birillo intorno al suo sole. Quindi la temperatura all'esterno non deve essere troppo inferiore ai cinquanta gradi sotto zero. Praticamente da mettersi in slip e correre fuori ad abbronzarsi.

Demait è il capolinea, il crepuscolo degli dei per il sistema del Concilio. Una palla grigia dimenticata nel congelatore, fibrosa, asciutta e che non interessa a nessuno. Sfortunatamente noi siamo il coro di questo tramonto degli dei del colore delle ragnatele e se non ci penseranno le padelle a consegnarci alla storia probabilmente lo faremo da soli, quando anche l'ultimo marchingegno si sarà scassato e non ci sarà più nulla per sostituirlo.

Imit non ha smesso e adesso la parte non è più così insensibile. Rientro sotto le coperte dopo aver oscurato il finestrino. Meglio la luce artificiale che la vista eterna di questa spiaggia d'inverno.

Il primario di Demait è da qualche parte dietro uno schermo di nubi sfilacciate che sembrano fatte di metallo, immobili sullo sfondo di un cielo color mostarda. Dopo un po' che guardi fuori viene voglia di uscire, di camminare sulla terra - una terra qualsiasi - tirare un sospiro di un'aria che non sappia di razioni militari, sudore, resine plastiche e urina riciclata. Lo so che non si può, che l'aria su Demait è fatta di anidride carbonica, azoto e ammoniaca in tracce, ma è difficile resistere al desiderio di uscire da questa cattedrale su ruote e fare una corsa fino a una delle barene di sabbia che la geonave laboriosamente sta attraversando.