Leggevo in una tua intervista di qualche tempo fa che ti riconosci nell'idea "che la letteratura abbia la capacità di influire sul mondo, piuttosto che la funzione di riprodurlo così com'è. Sarebbe la trasposizione dalla fisica all'estetica di un corollario del principio di indeterminazione di Heisenberg: l'atto di osservare influenza l'oggetto dell'osservazione. La letteratura, nel momento in cui indaga sulla realtà, la influenza. La cambia." Come si può legare questo discorso al binomio fantascienza & diritti umani? Quale può essere l'utilità di parlare di diritti umani in letteratura e nella fantascienza in particolare?

Naturalmente l'unica letteratura che ha qualche speranza di cambiare la vita, come si auguravano i surrealisti da Bréton in poi, è quella che viene effettivamente letta. Per essere letta deve innanzitutto essere buona letteratura: per esempio, Il mondo nuovo di Aldous Huxley è una storia di fantascienza che parla di diritti umani, ma è un romanzo veramente brutto (tanto è vero che molti ne parlano ma pochi lo hanno letto). Diverso è il discorso per 1984 di Orwell, che oltre a essere una violenta denuncia dei pericoli del totalitarismo è una storia con personaggi veri e veri colpi di scena. La fantascienza migliore è quella che induce a una riflessione sul progresso e sulla natura umana, quindi sull'impatto che la scienza e la tecnologia che già adesso esistono in potenza, avranno sul nostro futuro; mi sembra bello che l'intento dello scrittore sia quello di indurre a una riflessione che potrebbe anche cambiare la vita. Ciò premesso, non parlerei di letteratura in termini utilitaristici: la letteratura racconta storie; se queste storie oltre a suscitare un apprezzamento estetico influenzano anche la realtà, può essere un bene.

Quali romanzi e/o racconti esprimono bene l'idea del rapporto tra fantascienza e diritti umani?

Non si può onestamente dire che tra fantascienza e diritti umani esista un rapporto stretto; forse perché gli autori di letteratura di genere non sempre appartengono all'élite intellettuale, forse perché è più comodo assumere una posizione di moralismo che si limita a dichiarazioni più di principio che di sostanza. Ad ogni modo non sono pochi gli esempi che riscattano tutto il genere. Ho notato che spesso gli autori hanno usato la metafora dell'alieno, del diverso per introdurre un discorso anche maturo sui diritti umani: penso a Cronache marziane (The Martian chronicles) di Ray Bradbury o a Una questione di razza (Dare) di P.J. Farmer, dove gli oppressori sono i terrestri e gli oppressi sono abitanti di un altro pianeta; oppure a Carne nella fornace (Flesh in the furnace) di Dean R. Koontz, con la sua metafora su Mangiafuoco e i burattini che si rivelano molto più umani degli esseri viventi. Qualche volta l'ambientazione è extraterrestre ma i rapporti tra razze sono quelli che ci aspetteremmo sul nostro pianeta, ad esempio in Il pianeta Sangre (The men in the jungle) di Norman Spinrad. Naturalmente, l'autore che più ha legato il proprio nome alla questione dei diritti umani è Ursula LeGuin: I reietti dell'altro pianeta (The dispossessed), La mano sinistra delle tenebre (The left hand of darkness) e L'occhio dell'airone (The eye of the heron) raccontano della dispersione dell'umanità nello spazio per rappresentare come in uno specchio deformante le ingiustizie dell'uomo sull'uomo. Altri autori invece non hanno usato il filtro della lontananza nello spazio o nel tempo, e ci parlano direttamente di questo mondo e di un futuro purtroppo molto vicino: Il gregge alza la testa (The sheep look up) e Tutti a Zanzibar (Stand on Zanzibar) di John Brunner, Colosso anarchico (The anarchistic colossus) di A.E.Van Vogt, Gladiatore in legge (Gladiator at law) di Pohl & Kornbluth, THX-1138 di Ben Bova, Il racconto dell'ancella (The handmaid's tale) di Margaret Atwood, Radio Libera Albemuth ("Radio free Albemuth) e Il mondo che Jones creò (The world that Jones made) di P. K. Dick. A volte persino il classico tema dell'invasione dallo spazio è stato utilizzato come metafora sui diritti fondamentali: penso in questo caso a Thomas Disch con Umanità al guinzaglio (Mankind under the leash) e Gomorra e dintorni (The genocides). Ad ogni modo la fantascienza che più classicamente si occupa dei diritti dell'uomo è la tradizione anti-utopica: 1984 di George Orwell, Il tallone di ferro (The iron heel) di Jack London, Noi (My) di Evgenij Zamjátin. Infine, fra gli italiani citerei Nel nome dell'uomo di Gianni Montanari, La proposta di Nino Filastò e per certi versi tutto il ciclo dell'inquisitore Eymerich di Valerio Evangelisti.