Sabato 22 febbraio in Piazza Grande, davanti alla porta dei leoni sul fianco del Duomo, c'è una fetta rappresentativa del fandom, compresi organizzatori della giornata Diritti al futuro, due su tre finalisti del premio Omelas, editori Solid, scrittori e scrittrici più o meno aspiranti, più o meno emergenti. I Sosio (o le Vernier, se preferite) si sono persi nel Duomo di Modena, sembrerebbe con Anna Dal Dan, che infatti arriva con loro, Giorgio Raffaelli sogghigna vedendomi, per un simpaticamente velenoso scambio di mail di un paio di giorni prima, Riccardo Coltri più che un secondo arrivato a un premio letterario sembra uno arrivato da un secondo, per puro caso, e si sta chiedendo chi siano questi matti, Alberto Cola fra i matti si sente perfettamente a suo agio, ed è chiaro che è lì in quanto neoromanziere, mica come premiato per il terzo posto che ormai non fa neanche più notizia, ha già affilato la penna per gli autografi e appare più alto di una quindicina di centimetri... facciamo una decina, via. Enrica Zunic si manifesterà più tardi, perché lei è una simpatica ma seria, mica come noi debosciati che ogni occasione è buona per mangiare e bere.

Del resto, è appurato che l'occasione conviviale è il motore immobile dell'universo fandom, il quale produce il meglio di sé intorno a tavole imbandite e bicchieri mai mezzi vuoti né mezzi pieni, perché appena riempiti si svuotano e appena svuotati si riempiono, e ogni volta che produce il meglio di sé chiosa: "E vide che era cosa buona. Burp". Siamo una ventina, nel ristorante scelto da Giorgio, dove veniamo viziati impietosamente con un tris di primi e poi gnocchi fritti e tigelle a volontà. Anna annuncerà poi pubblicamente il proprio pentimento per aver rinunciato alla non solo melodica tigella con la Nutella.

Il rischio, nel bel teatro Guiglia, probabilmente una chiesa sconsacrata dalla pessima acustica ma dal décor decisamente impressionante, è l'abbiocco post-prandiale, ma le due relatrici, Anna ed Enrica, ci stupiscono con effetti speciali: perché loro non sono solo scienza, ma anche fantascienza.

Il tono da goliardico passa a serio, quasi funereo, non tanto per l'argomento in sé non particolarmente allegro, visto che si parla di violazioni di diritti umani, quanto perché la sensazione è che ci sia la volontà di mettere una pietra tombale sul premio Omelas: abbiamo sbagliato a proporre un tema difficile come quello della tortura, siamo sfiduciati, scioccati da aspiranti pedofili e cloni ossessivi (o da pedofili ossessivi e aspiranti cloni, vedete voi), i racconti più belli non erano in tema e quelli più in tema non erano belli (e i miei poteri telepatici mi hanno permesso di intercettare il pensiero di qualcuno: "Ok, l'anno prossimo scriverò due racconti: uno sui diritti umani e uno bello") e via piangendosi addosso. E' la rivolta. Dal pubblico, che riempie l'intera sala (non grande, certo, ma una cinquantina di persone ci saranno state), si levano le proteste: non potete lasciar perdere, è un'opportunità unica, l'idea è buona, bisogna solo migliorarla, la tortura non è mica il solo tema possibile sui diritti umani e così via, e a rivoltarsi è soprattutto un pubblico invisibile e successivo, che è quello dei newsgroup e delle mailing list. E a questo punto, quindi, il resoconto si fa un po' cyber, un po' storia di viaggi nel tempo, ma tant'è, ci sarà pure un diritto alla fantascienza, in questo o in un altro mondo. E se l'Omelas continuerà, sarà anche grazie a chi ha esercitato questo diritto.