Per prima LA domanda: come mai fantascienza e diritti umani? Dove nasce per te questo binomio?

Roma. Pizzeria. Sera. Un'allegra e grande tavolata in cui l'ospite d'onore è un vecchio dallo sguardo pieno di dolcezza e di universale compassione. E' straniero e ha lasciato da poco il proprio Paese. Accanto a lui un interprete, affinché le ragazze e i ragazzi intorno a lui che ascoltano possano comprenderlo. Quasi tutti ordinano pizza. Per il vecchio il cibo deve essere diverso e le cucine consegnano più rapidamente le pizze. Il suo piatto di cibo facilmente masticabile tarda ad arrivare e lui fa un cenno all'interprete il quale perciò invita tutti a mangiare senza attendere. L'ospite d'onore non vuole costringere all'attesa gli altri. Qualcuno accoglie l'invito e inizia a mangiare. Lo sguardo del vecchio però è fisso su loro e sul movimento di bocche e posate, è uno sguardo intenso, insostenibile. L'interprete si scusa e spiega. Gli aguzzini strappano i denti e cacciano il bastone elettrico in bocca alle vittime ma usano anche la tortura di tenere a digiuno per giorni e di fare assistere al pasto altrui. Il vecchio dallo sguardo non descrivibile ha provato tutto questo e altro.

Torino. Casa mia. Mattino.

Un uomo di trentanove anni dorme profondamente. E' un uomo coraggioso e forte. Non rifiuta mai di partecipare ad incontri e convegni quale testimone della situazione - per anni terribile - dei diritti umani nel suo Paese. Denuncia con precisione topografica la presenza di lager e di centri segreti di detenzione e tortura. La precisione è data dall'esservi stato rinchiuso. E' sopravvissuto e ha visto molti amici morire.

Ha fatto un lungo viaggio per raggiungere me e la mia città e il giorno prima sono riuscita ad andare al lavoro senza far rumore ma questa mattina non potrò lasciarlo dormire, abbiamo un impegno pubblico relativo all'educazione ai diritti umani. Lo chiamo piano senza toccarlo. Sussulta forte svegliandosi subito e alza un braccio davanti al viso, fra me e lui. E, non so se per mimetizzare il gesto di difesa o per riconoscermi con certezza, tocca la mia faccia come fanno i ciechi. Poi, finalmente, mi sorride. Sono trascorsi quasi dieci anni dal giorno della sua liberazione ma ad interrompere il suo sonno i suoi risvegli possono essere ancora questi.

Ho tolto riferimenti di date e di provenienza a questi esempi di quotidianità (che sarà facile moltiplicare pensando alle centinaia di migliaia di casi di violazione dei diritti nel mondo, pensando che Amnesty International negli ultimi anni ha denunciato casi di tortura in centocinquanta Paesi), sia per riserbo e giustizia (dovrei fare un elenco smisurato per non escludere nessuno) sia perché per me sono dettagli pressoché insignificanti in contesti esterni alle denunce specifiche. Ho visto spesso il lampo di sollievo nello sguardo di chi mi ascoltava se scopriva che la vittima di cui raccontavo era d'idee o colore o fede diversi o "lontani". Il legame fra scrittura, fantascienza, vita e "far qualcosa" a favore dei diritti umani non potrebbe essere per me più naturale ma non so esattamente spiegare il perché. Perché scrivo e perché il tema è quasi sempre una violazione di diritti umani, una descrizione di un danno mai interamente rimediabile? Come sempre la prima risposta che mi sale alle labbra è: non so... so soltanto che scrivo. Sicuramente c'è una contemporaneità fra scrittura (per ora quasi sempre di fantascienza) e attività in A.I.