- Forse una reazione sinaptica involontaria a qualche stimolo casuale.

- Non credo, signore. - Lyudin lanciò un'occhiata al tabulato che in quel momento stava uscendo dalla stampante. - C'è uno schema costante e ben definito.

La voce tacque per qualche istante e il tono spazientito con cui riprese non prometteva nulla di buono: - Lei si trova sul posto perché è un tecnico specializzato, e come tale deve fornire risposte, in special modo a me. Per il momento diciamo che mi accontenterò d'un parere informale. Glielo ripeto, capitano: qual è la causa della traccia?

Lyudin guardò i riflessi che il liquido presente nella vasca proiettava sul soffitto. Il soggetto all'interno del piccolo parallelepipedo di vetro rinforzato sembrò fissarlo in modo derisorio ma questo, ovviamente, non era possibile. Strinse la cornetta fino a far sbiancare la mano.

- Be', signore, credo stia irradiando.

La Moscova si snodava lentamente lungo il suo percorso obbligato. I lastroni di ghiaccio erano sempre più radi, e quei pochi che ancora resistevano si sbriciolavano presto andando a cozzare contro gli argini di pietre scure. Era aprile inoltrato, tuttavia l'inverno sembrava restìo ad allentare la morsa in cui stringeva la città.

Via Pirogovskya era deserta a quell'ora, l'oscurità smorzata appena dalla luce arancione dei lampioni. Da lì Misha riusciva a scorgere l'alone pronunciato delle luci dell'università e lo sfavillare accentuato delle cupole. Essere un ex ufficiale dei reparti speciali dava molti privilegi, e avere un appartamento su un nuovo grattacielo nel pieno centro di Mosca era uno di questi. Un tempo avrebbe dato qualsiasi cosa per poter ammirare un panorama come quello. Oggi considerava quel genere di cose stucchevoli e prive d'effetto, se non per chi viveva in mancanza d'altri scopi.

E tu, Misha, che scopi hai?

La verità era che non lo sapeva più. La rinascita ideologica aveva fatto sì che il suo pragmatismo e la sua efficienza fossero indirizzati a trasformare ciò che era sovversivo in patriottico, ma anche quella, col tempo, si era rivelata una pratica inutile. Non si può continuare a dare una mano di vernice fresca sopra a ciò che è marcio.

E poi quegli ultimi due mesi. Come poteva spiegare agli altri ciò che non riusciva a chiarire neanche a se stesso? Forse stava impazzendo, ma sarebbe comunque stato il male minore.

- Misha?

Nata_a comparve sulla porta della camera da letto, il viso ancora gonfio di sonno. La squadrò con aria di finto rimprovero. - E' ancora presto, dovresti dormire.

- Tu, dovresti dormire. Cosa direbbero i tuoi superiori se sapessero che il grande maggiore Borodin è agitato? In fondo è solo una missione illegale e assolutamente disperata, no?

Misha sorrise. Nata_a l'aveva sempre appoggiato nell'ideazione del piano, facendo sue, per quanto possibile, la volontà e la determinazione d'incidere sullo stato attuale delle cose; una situazione che in gran parte lui aveva contribuito a creare. Eppure, non aveva mai rinunciato a fargli capire cosa pensava di tutta quella faccenda. Sapeva che in realtà era solo preoccupata.

- Se ne fossero a conoscenza, i miei ex superiori, non saremmo qui a parlarne, non credi? E poi non riesco a dormire, lo sai.

Nata_a gli si accoccolò alle spalle, abbracciandolo. - Sei molto dimagrito ultimamente. Dovresti sforzarti di riposare e non pensare a quei sogni.

- Non sono sogni, questo è certo.

- A volte non ti capisco, volerti fissare così...