- Perché non ricatto, ingegnere? - rilancia Zerbi, solerte - Abbiamo il versamento di stanotte, a provarlo.

Sbarro gli occhi, ma riesco a trattenermi. E' logico, in fondo: se non ha avuto scrupoli a farmi sorvegliare, perché Livio non dovrebbe tenere sotto controllo la mia smartcard?

- Non dimentichi "complicità", ingegnere. Coinvolgimento nel suo attentato.

Livio approva soddisfatto. - Ragionevole, Fra'. Tentato omicidio, plagio e ricatto. Dieci anni non glieli toglie nessuno, al nostro amico... Com'è il nome del tuo caro anarchico, tesoro? Antonio?

Tremo di rabbia. Mi accusa, mi dileggia persino di fronte al suo scagnozzo. Senza scrupoli, senza la minima sensibilità. Sono allibita. Non riesco a credere che a trattarmi in questo modo sia lo stesso uomo che ho sposato. L'operazione lo ha cambiato. In peggio. O forse lo ha rivelato? Gli hanno tolto il cuore, non solo letteralmente, o soltanto una maschera?

Zerbi compone il numero sulla tastiera del cellulare. - Chiedo anche che le consegnino la bambina, ingegnere? Quando l'avranno trovata, ovvio...

Lui scuote la testa. - E' una questione delicata, Fra'. Ufficialmente noi non ne sappiamo nulla. Meglio che se la veda la Docci. E' roba sua, in fondo.

- Docci? - trovo la forza di ripetere.

- La senatrice Lucia Docci. - precisa Livio.

Riesco quasi a cogliere nella sua voce la soddisfazione con cui accarezza quel titolo. Come se lo sentisse già suo.

E mentre realizzo le drammatiche implicazioni di ciò che ha detto, e tento di rintracciare, senza riuscirci, tracce di quella donna presidente di partito, austera e intransigente, dal pugno di ferro, nel viso roseo della piccola, delicata, violata bambina che ho conosciuto, sento che quel qualcosa che mi si smuoveva dentro si spezza, lanciando grida ed echi dolorosi contro la mia anima.

7

Non credevo che Rebibbia fosse un luogo così luminoso. Il lungo camminamento che porta dal cancello d'ingresso al cuore del carcere fiancheggia un campo di calcio dall'erba rigogliosa, circondato da bandiere. Il muro di cinta, seppur presente, è basso, quasi inavvertibile, e lo sguardo può spaziare senza impedimenti. A est vedo le cime dei pioppi del parco dell'Aniene, a ovest le antenne della Telespazio. Il cielo è di un azzurro perfetto. Una massa compatta di storni vi si muove disegnando figure che sembrano esplodere per poi ricomporsi in una festosa attrazione reciproca.

L'uniforme da detenuto non gli ha tolto l'aspetto da intellettuale. Anzi, gli ha reso quell'aria infelice e ardente con cui l'ho conosciuto, tanti anni fa, quella sera in cui lui mi ha preso la mano e abbiamo camminato in silenzio, ascoltando nei passi che risuonavano nella Trastevere buia uno svanire, dentro di noi, delle parole non dette, che era inutile dire.

- Ciao, Antonio.

- Rita. - fa lui, sedendosi sorpreso sullo scomodo sgabello del parlatorio - Straordinario.

- Come stai? - spero che non la prenda come frase di circostanza. Io sono assolutamente sincera.

Antonio scrolla le spalle. - Qui ormai sono quasi di casa... Mi hanno dato la mia vecchia ce