Stava cercando di scusarsi. Un tentacolo grigio perla mi sfiorò delicatamente la mano e l'occhio rosso diventò più luminoso. Sentii il solito brivido lungo la schiena. Ecco, pensai, è tornata da me. Cosa voglio di più? Lei è tornata. E' l'unica cosa che conta.

Sorrisi, risposi alla carezza e tornai in cucina a preparare la cena. Anche se sapevo già che l'avremmo ignorata.

* * *

Mio fratello venne il giorno dopo, senza preavviso. Frini era ancora a letto, come tutte le mattine, e niente al mondo l'avrebbe svegliata prima dell'ora di pranzo. Io invece mi ero alzato presto per riordinare la casa prima di prendere il Trasporto Urbano per andare all'InfoPubliShop. Lavoro lì anche adesso, e mi procura quanto basta per vivere decentemente.

Quando sentii suonare stavo finendo di preparare la colazione per Frini. Si svegliava sempre a metà mattina, mangiava qualcosa senza essere del tutto cosciente di quello che faceva, e poi tornava a dormire.

Aprii la porta senza preoccuparmi di chiedere chi fosse, anche perché avevo già dei sospetti: l'unica persona che poteva venirmi a trovare a quell'ora era mio fratello Ark. Entrò e venne subito in cucina.

- Ero sicuro di trovarti qui.

- Ciao, Ark. Come mai da queste parti?

Ark lavora per la Difesa, settore organizzativo. E un uomo molto impegnato e non ha tempo da perdere nelle relazioni sociali. Noi due, però, ci vediamo abbastanza spesso. Lui si prende cura di me, anche adesso che i miei rapporti con la Famiglia sono cambiati.

- Sono passato a salutarti. - Lo disse senza nessuna convinzione: non ha mai saputo mentire. Lasciai perdere la colazione di Frini e mi asciugai le mani al grembiule.

- Avanti, Ark: sputa il rospo. Che c'è che non va?

- Be', si tratta di quel... di quella... di Frini.

- Oh, no. Ancora! Ma che diavolo avete tutti contro di lei? Te l'ho detto migliaia di volte: questa è la mia vita, e Frini ne fa parte, che vi piaccia o no. - Mi interruppi: non volevo litigare con Ark. Cercai di controllarmi, e ripresi a parlare con un tono più calmo.

- Scusami, ma tu lo sai come la penso. E sai anche che su questo argomento non ci incontreremo mai. Dunque? Perché ti ostini a riprendere il discorso?

Ark abbassò lo sguardo, quasi mortificato. Avvicinò una sedia al tavolo e si sedette. A questo punto capii che il nostro dialogo non sarebbe finito lì.

- Lou, ascoltami. - La voce di Ark era decisa, come al solito, eppure dolce e pacata: era un tono che usava solo con me e solo quando voleva parlarmi di Frini. - Ieri quella cosa ha combinato un casino mai visto. E' andata al Centro Vita Aliena, ha stordito le guardie e ha cercato di entrare nei laboratori .

Mi guardò in faccia, serissimo. Non riuscii a sostenere il suo sguardo, consapevole della gravità di quello che Frini aveva combinato. Non mi venne in mente niente di significativo da dire, così rimasi zitto.

- Gli impiegati hanno chiamato il servizio di sicurezza. E il servizio di sicurezza ha mandato me. Quando io e la mia squadra siamo arrivati, l'atrio del Centro era ridotto a un macello. Per fortuna le porte blindate degli ascensori hanno retto, altrimenti Frini avrebbe distrutto anche i laboratori. E chissà che altro.

Avevo voltato le spalle ad Ark. Ero paralizzato dalle sue parole, ma cercavo di fingermi calmo, mentre il mio cervello si arrampicava sugli specchi per cercare una risposta adeguata. Non la trovai, perciò rimasi in silenzio.

- Lou, tu lo sai, mi sono sempre sforzato di accettare la tua decisione. Ti sono stato vicino perfino quando... - Ecco, l'argomento proibito: la vergogna.