Mai, durante le passeggiate notturne lungo il perimetro della vecchia facoltà di Scienze, ha immaginato di poter oltrepassarne le mura. Gli edifici e i giardini inselvatichiti restano proprietà dell'Università e tutti i vecchi cancelli e portoni sono difesi dai più moderni impianti d'allarme.

"Passiamo dall'ospedale", ha detto, lasciando l'auto ben lontano dall'entrata principale "meglio non attirare l'attenzione".

Davanti alle porte scorrevoli Nic spazza via con la mano poche gocce di pioggia rimaste sul soprabito e lo guarda divertito: fradicio di pioggia respirata con ogni centimetro di pelle, gli occhi pieni di luce amica e di cielo grigio.

- Sembri un ragazzino che ha marinato la scuola.

- Meglio, ho fregato il sole e i simbionti, sono in libera uscita. Non capita spesso, sai? Nemmeno nella brutta stagione. Solo voi Opachi credete che le nuvole siano tutte uguali.

Nicolas ride e lo guida per lunghi corridoi asettici, percorsi da un'umanità concentrata e frettolosa e dai piccoli meccani instancabili alla ricerca di cartacce e altri rifiuti da rimuovere, di impronte di fango da eliminare, difensori inesorabili di pavimenti già lucidissimi.

- Di qua.

Spinge una porta anonima e svolta improvviso in una diramazione secondaria. Scende per una scala stretta e priva di mancorrente, svolta ancora e si inoltra in un corridoio interminabile, tanto largo da poter essere percorso da un furgone.

I loro passi risuonano sulle vecchie piastrelle color mattone, consumate dal passaggio di pulitrici e trasportatori ben più antichi dei meccani di superficie. Il soffitto grigio è attraversato da tubature sporche e sbiadite che si perdono in lontananza, l'illuminazione fioca ma impietosa rivela ogni macchia di umidità, ogni traccia della vita malata che da almeno un secolo l'ospedale nasconde agli occhi dei sani. Tutto puzza di vecchiaia, di tempo trascorso invano, di occasioni perdute.

Nic gli stringe il braccio.

- E' stato Art a insegnarmi questa scorciatoia, molti anni fa. La uso sempre quando vengo a trovarlo, anche se non è piacevole da percorrere. Fa uno strano effetto, non trovi? Come guardare nelle viscere di qualcuno.

Strana immagine, ma molto azzeccata. Questa è la faccia sporca e impresentabile dell'asettico efficientismo del piano di sopra, la vita gorgogliante delle nostre budella.

- Credevo che la vecchia università fosse stata tutta trasferita. Che non ci lavorasse più nessuno... - si decide a chiedere, dando voce a ore di dubbi.

Nic ride. - Art non ci lavora, ci vive. O meglio, lavora ancora qualche volta, come custode della Biblioteca di Medicina: migliaia di testi vecchi di decenni e secoli, conservati al riparo dalla polvere e dalla luce. Ti piacerà vedrai, è un posto assurdo, ovunque solo pareti coperte di volumi e di riviste, quintali di antichi tabulati elaborati con programmi dimenticati da decine e decine d'anni. Classificatori pieni di schede che un tempo gli studenti sfogliavano ogni giorno alla ricerca di articoli e testi di studio, poi sostituiti dai primi database, poi da altri sistemi più moderni di classificazione. Antiche fotocopiatrici massicce, con accanto copiatori delle generazioni successive, e poi scanner, elaboratori di immagini... tutta roba morta e sepolta prima che tu nascessi. Oramai tutte le opere sono state messe al sicuro su supporti magnetici, ma chi oserebbe lasciar andare in rovina quell'enorme montagna di carta?

- E Art è l'ultimo baluardo contro l'entropia?