Col senno del poi è forse scontato dire che le premesse per un grandioso successo c'erano tutte, senza per questo non essere consapevoli del fatto che anche le premesse per un gigantesco flop erano altrettanto presenti. Avete presente gli altri tentativi di portare il genere fantasy al cinema? Willow, Legend, per non parlare della prima versione animata de Il Signore degli Anelli, quella di Ralph Bakshi. Tutti sonori fiaschi. L'unico fantasy che si era comportato decentemente al botteghino era stato il Conan con volto e bicipiti di Arnold Schwarzenegger, ma li eravamo più sul terreno dell'heroic fantasy che non in quello magico-wagneriano del romanzo di J.R.R. Tolkien.

Per chi scrive il primo contatto con gli abitanti della Terra di Mezzo avvenne per via cartacea, nei primissimi anni '90. Al tempo apprezzai molto la sfrenata fantasia dell'autore, la sua (sin troppo) minuziosa cura per il dettaglio ed il respiro epico delle gesta di piccoli uomini che oppongono ad un grande e potente Signore, malvagio e dotato di tenebrosi poteri come in ogni fiaba che si rispetti. Pensai anche che era una storia che avrebbe potuto essere raccontata con qualche pagina in meno. Tanto per cominciare si sarebbero potuti salvare un bel po' di alberi eliminando le interminabili, noiosissime appendici pseudo-storiche, etnografiche e linguistiche che affliggono le ultime 130 pagine di ogni copia andata in stampa. Lo avrebbero certamente apprezzato anche Barbalbero e gli altri Ent della foresta.

Per quanto mi riguarda pensavo allora, e lo penso tutt'oggi, che Lo Hobbit sia tutto sommato migliore. Fu scritto da Tolkien intorno alla metà degli anni '30, per i propri figli, ed è prologo alla Trilogia vera e propria. Un libro più stringato e godibile ma soprattutto infinitamente meno pretenzioso.

E' innegabile tuttavia che la trilogia degli Anelli ha colpito l'immaginazione di un pubblico vastissimo, prima all'estero e poi anche nel nostro paese. Le reazioni della critica letteraria inizialmente furono a dir poco contrastanti e bisognò attendere la contro-cultura degli anni '60 perché il libro cominciasse a diventare un vero e proprio culto. Sui motivi del successo del romanzo molto si è scritto e molto probabilmente si scriverà. Le letture che sono state proposte vanno da quelle dell'interpretazioni del simbologismo usato a quelle in chiave psicanalitica. Gli hippies lo avevano adottato a modello, vedendoci non solo un racconto immaginario di fuga dalla realtà ma anche un prototipo di società alternativa, con tanto di linguaggio e codici di condotta propri.

Non mancano tuttavia letture che vanno esattamente nel senso opposto: il racconto può anche essere graditissimo sul versante ultraconservatore, forse affascinato dalla "grande metafora" del pericolo (rosso, come il malvagio occhio di Sauron) che viene dall'Est. Il dibattito prosegue anche oggi. In una recente intervista al settimanale del Corriere della Sera Sette Isabella Rauti, figlia del presidente del partito della Fiamma Tricolore, mette Tolkien nella lista dei suoi miti culturali.