Sognare il volo spaziale e predirne il futuro è sempre stato uno dei temi favoriti della fantascienza. In questo mio intervento non posso resistere alla tentazione di dare un piccolo contributo a questa grande tradizione.

Nel 1992 uno scrittore di fantascienza ha un grande vantaggio rispetto ai pionieri del genere. Oggi l'esplorazione dello spazio non ha solo un futuro ma anche un passato. La conquista dello spazio oggi può essere vissuta non solo con i sogni ma con registrazioni dal vivo.

Alcune persone sono sinceramente convinte che il destino dell'umanità sia nelle stelle, e che la specie umana si sia evoluta dal fango primordiale con lo scopo di popolare la galassia. Queste sono idee interessanti: mistiche e potenti, con un fascino quasi religioso. Non manca un pizzico di determinismo storico di stampo marxista, e forse questa è una delle ragioni per le quali i sovietici hanno trovato queste idee particolarmente attraenti.

Gli americani possono apprezzare la retorica del cielo blu come chiunque altro, ma il fascino filosofico dell'assalto al cosmo non è stato sufficiente per motivare da sola un programma spaziale americano. La corsa allo spazio è stata invece una creazione della guerra fredda: il suo destino si è infatti definito nei tardi Anni cinquanta e nei primi Anni sessanta. Gli americani sono andati nello spazio perché ci sono andati i russi, e a causa del fatto che i sovietici usavano lo Sputnik e Yuri Gagarin per dimostrare che il loro stile di vita era superiore al capitalismo.

La corsa allo spazio è stata una gara simbolica per razzi di nuova concezione il cui scopo principale, fino ad allora, era stato bellico. La corsa allo spazio è stata una pacifica, simbolica versione sportiva della Terza guerra mondiale. Solo per il fatto che non abbia causato danni, e che sia stata utile ad evitare uno scontro peggiore, secondo me la corsa allo spazio è valsa ogni singolo centesimo speso. Ma essendo stata fosse in effetti una competizione di tipo politico ha avuto strane implicazioni.

A causa dell'aspetto politico, il principale prodotto della NASA non è mai stato realmente l'esplorazione dello spazio, bensì pubbliche relazioni spettacolari. Il programma Apollo è un esempio lampante: il "passo da gigante" degli uomini atterrati sulla Luna è stato un avvenimento eccezionale per il pubblico, e ha sbaragliato l'opposizione sovietica, almeno finché è durata la corsa allo spazio.

D'altra parte, come ogni evento spettacolare, l'Apollo come traguardo permanente della razza umana ha concluso davvero poco. C'è stata una bandiera sventolante, tante parole e targhe commemorative, un sacco di servizi televisivi, ma ben presto tutto il lavoro è finito sotto naftalina. Non abbiamo più la capacità di far volare degli esseri umani fino alla Luna. E nessuno sembra più particolarmente interessato a ripetere quel passo, anche se oggi Europei, Indiani, Cinesi e Giapponesi hanno anche loro i propri programmi spaziali. (Anche Arabi, Canadesi, Australiani e Indonesiani hanno dei satelliti in orbita).

Nel 1991, la NASA è ancora strettamente impigliata nel "Paradigma Apollo". L'assunto era (ed è) che solo grandiose, spettacolari missioni con equipaggio possono assicurare alla NASA l'appoggio politico, e portare i fondi necessari a sostenere la sua burocrazia da undici miliardi di dollari all'anno. "No Buck Rogers, no bucks". (bucks = dollari, N.d.T.)

Il progresso della scienza - l'importanza delle scoperte sul nostro sistema solare e sull'universo - non è mai stato il punto di forza della NASA.