Quando tempo fa Carmine Treanni, direttore di Delos, mi contattò per propormi di scrivere qualcosa per Delos su Fantascienza e mondo LGBTQ pensai subito che era un’idea interessante. Subito dopo aver accettato mi resi conto che è impossibile, e del tutto insensato, parlare di questo aspetto senza parlare del contesto generale dal momento che la fantascienza, scritta o filmata che sia, chiaramente è un prodotto legato al contesto sociale e culturale del suo tempo. Non è possibile parlare di questo tema senza ricordare che le persone LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, che significa strano, stravagante) sono rimaste praticamente invisibili sul grande e piccolo schermo per quasi tutto il ‘900. La maggioranza degli spettatori questa vera e propria rimozione neanche la notava. Le persone eterosessuali hanno sempre avuto i loro corrispettivi televisivi e cinematografici – buoni o cattivi che fossero – con cui identificarsi, ma per tutti coloro che eterosessuali non erano tutto questo era molto più complicato e difficile da digerire. Particolarmente delicata è la fase della preadolescenza e dell’adolescenza, nella quale mancavano del tutto modelli di riferimento ai quali potersi rapportare, il che talvolta si traduceva in un disagio psicologico e un senso di isolamento per alcuni molto arduo da gestire.

Nei prodotti per il cinema la presenza di personaggi non eterosessuali era spesso e volentieri solo suggerita. Negli Stati Uniti dall’inizio degli anni ’30 fino alla fine degli anni ’60 le produzioni si autocensuravano secondo i dettami morali stabiliti dal Codice Hays, che vietava – tra le altre cose – la rappresentazione dell’omosessualità. Questo non impediva agli autori più coraggiosi di affrontare l’argomento, come ad esempio fece il grande regista William Wyler adattando per ben due volte nella sua carriera (nel ’36 con La calunnia e nel ’62 con Quelle due) portando sul grande schermo il dramma teatrale di Lillian Hellman su due insegnanti accusate di avere una relazione, ma si trattava sempre e comunque di eccezioni.

In molti paesi del mondo i rapporti omosessuali erano perseguibili penalmente. Nel Regno Unito ad esempio Inghilterra e Galles depenalizzarono l’omosessualità nel 1967, mentre Scozia e Irlanda del Nord ci arrivarono solo negli anni ’80. Ma sono ancora una settantina, nel 2022, gli stati nei quali si può finire in galera per il fatto di non essere eterosessuali. In alcuni stati islamici dove vige la sharia interpretata nel modo più repressivo il rischio è ancora oggi la pena di morte. Chiaramente per autori e registi che operavano, e operano, in questi contesti affrontare certi argomenti era/è difficile se non impossibile.   In ambito televisivo le restrizioni sono sempre state maggiori rispetto al cinema. Per i film le commissioni di censura potevano ricorrere al divieto ai minorenni, ma i film uscivano comunque. Questa via per i prodotti televisivi non era percorribile.

La grandissima parte delle serie tv che venivano proposte sui canali televisivi erano di produzione statunitense, per cui vediamo come sia cambiata nel tempo la produzione a stelle e strisce. Non solo, ma principalmente.   

A lungo la sola e unica presenza ‘omosessuale’ (virgolette d’obbligo) sullo schermo era limitata a uomini vestiti da donna. Milton Berle negli USA e da noi Totò, Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in abiti femminili erano fonte di gran risate. Presumibilmente la maggior parte della gente pensava che essere gay equivalesse al voler indossare abiti femminili. O maschili, nel caso delle lesbiche, ma visto che l’uso dei pantaloni per le donne è divenuto abituale ormai da tempo questo funzionava poco, e male, a fini comici.

Il lento cambiamento inizia sulla scia dei movimenti per i diritti civili (femminismo, antirazzismo) e diventa più marcato nel periodo dei movimenti sessantottini. A New York nel giugno del 1969 dopo l’ennesimo raid intimidatorio della polizia allo Stonewall Inn, un bar punto di ritrovo per tutti gli alternativi, ci furono degli scontri che avrebbero poi dato vita alle manifestazioni dei Pride che si tengono oggi in mezzo mondo, ma che continuano ad essere vietati, o ostacolati con motivazioni di comodo, in decine di paesi.

Col passare del tempo anche gli autori di serie tv osassero cominciare affrontare l’argomento, che sino ad allora era stato completamente tabù. All’epoca non solo gli attori e attrici gay lo tenevano nascosto, per non compromettere la loro carriera, ma addirittura l’interpretare un personaggio “di quelli” era una cosa che gli agenti degli attori sconsigliavano caldamente. Ma cominciarono ad esserci delle eccezioni. Nella serie Arcibaldo (All in the Family, grande successo oltreoceano che durò 9 stagioni dal 1971 al 1979) fanno capolino personaggi gay come Roger e Steve, mentre Peter Panama (Vincent Schiavelli) il decoratore di The Corner Bar (1972, inedita in Italia) è considerato in assoluto il primo personaggio fisso gay in una serie televisiva, seppur poco conosciuta (ebbe un successo modesto e fu cancellata dopo due stagioni). Alcuni anni dopo Billy Crystal ottenne invece il successo interpretando un personaggio apertamente omosessuale nella sitcom Bolle di sapone (Soap, 1977-1981). All’inizio degli anni ’80 in Dynasty (1981-1989) compare il personaggio bisessuale di Steven, mentre nel 1983 nella soap La valle dei pini (All My Children, 43 stagioni a partire dal 1970) compare la prima lesbica della tv americana, la dottoressa Lynn Carson interpretata da Donna Pescow. Impossibile non citare poi Ellen, serie comica della ABC ideata e interpretata da Ellen De Generes. Nella primavera del 1997 ben 42 milioni di telespettatori guardarono l’episodio del suo coming out. L’impatto mediatico fu enorme e l’allora vice-presidente degli Stati Uniti, Al Gore, dichiarò che «Quando Ellen è uscita allo scoperto milioni di americani hanno dovuto guardare all’orientamento sessuale con un’ottica più aperta.» Non che fu tutto così semplice, anzi, la reazione degli ambienti più bigotti e conservatori fu molto dura. Ci furono manifestazioni di protesta di fronte agli studi dove si girava la serie, l’attrice ricevette minacce di vario tipo, varie emittenti affiliate si rifiutarono di continuare a trasmettere lo show, pastori e telepredicatori dissero che chiunque avesse avuto azioni della Disney (proprietaria della rete ABC) avrebbe dovuto venderle, sponsor importanti come la Chrysler si defilarono e infine la serie, complice anche un calo ascolti, fu cancellata. Per DeGeneres iniziò periodo di marginalizzazione dalle quale riemerse solo vari anni dopo reinventandosi come doppiatrice prima (Dory, la pesciolina smemorata di Alla ricerca di Nemo) e di conduttrice di talk show poi. Nel decennio successivo la popolarità di serie come Will & Grace dimostrò comunque che quel tipo di realtà visibile sullo schermo era stata accettata dal pubblico generalista e non era più causa di controversie.

Per quanto riguarda le persone trans negli anni ’90 cominciarono ad essere ospiti controversi di talk show, per poi approdare anche come personaggi di serie tv, spesso e volentieri come vittime di violenze e omicidi su cui indagare. Solo di recente si è giunti a rappresentazioni più realistiche e meno stereotipate, come ad esempio nell’acclamata Pose (2018-2021), serie vincitrice di vari premi Emmy e Golden Globes. Questi lenti cambiamenti arrivarono inevitabilmente anche in ambito fantascientifico, anche se per essere un genere che dovrebbe per definizione proiettato al futuro è arrivato a trattare certe tematiche solo dopo altre serie di altri generi. La serie che, vista anche la sua longevità, ha riflesso i cambiamenti sociali in modo più evidente è certamente Star Trek, nelle sue varie incarnazioni. Infinite diversità, in infinite combinazioni è un concetto portante della filosofia vulcaniana, che riflette quella del creatore della serie, Gene Roddenberry.    

Era il 1992 quando nell’episodio della quinta stagione di Star Trek – The Next Generation Il diritto di essere (The Outcast, 1992) il comandante in seconda Riker (Jonathan Frakes) sviluppa un forte legame con Soren (Melinda Culea), appartenente alla razza androgina dei J’naii. La loro società ha sviluppato una decisa riluttanza verso un’identità sessuale fissa ed i J’naii considerano il concetto di essere o maschi o femmine estremamente ripugnante, per cui la normalità per loro consiste nell’assumere di volta in volta uno dei due sessi, a seconda dell’attrazione che si prova per un’altra persona. Coloro che tendono ad assumere sempre lo stesso genere, maschile o femminile, vengono considerati dei pervertiti e sottoposti a una “riprogrammazione cerebrale” affinché ritornino nella norma. Quando Soren viene scoperta, Riker si precipita sul pianeta giusto in tempo per sentirla difendere la propria sessualità. “Cosa vi fa credere di poterci imporre il modo in cui ci possiamo amare?” è la rivendicazione che segna la sua condanna. Nella vicenda vengono chiaramente invertiti i canoni esistenti sulla Terra al fine di creare un apologo sul rispetto della diversità sessuale. In questo episodio, scritto da Jeri Taylor, gli eterosessuali vengono messi nei panni della minoranza rigettata, utilizzando una delle risorse più efficaci a disposizione della narrativa fantastica e fantascientifica, quella del what if…, ovvero: e se le cose stessero diversamente? Cercare di calarsi nei panni di altri è del resto uno dei modi migliori per cercare di comprendere le diversità di comportamento altrui, ma anche le difficoltà che si trovano a dover affrontare persone (esseri viventi, in senso più ampio) che vivono realtà differenti rispetto alla nostra. Jonathan Frakes in seguito ha espresso il parere che se il ruolo di Soren fosse stato affidato a un uomo l’episodio sarebbe risultato più incisivo, cosa certamente condivisibile, ma evidentemente i tempi non erano ancora maturi.

In Star Trek – Deep Space Nine uno dei personaggi fissi della serie è Dax, un simbionte Trill che nel suo passato è stato ospitato sia da maschi che da femmine. Per la maggior parte della serie è nel corpo di Jadzia (l’attrice Terry Farrell) ma quando sulla stazione arriva la dottoressa Lenara Kahn (interpretata da Susanna Thompson) per condurre un esperimento scientifico il forte legame sentimentale che c’era una volta tra i due si riaccende. L’episodio è Riuniti (Rejoined, quarta stagione, 1995) e anche stavolta abbiamo un tabù sociale utilizzato come veicolo per raccontare una vicenda sentimentale nella quale il sesso degli individui che hanno una relazione alla fine non conta. Il protratto bacio tra Jadzia e Lenara fece storcere la bocca a qualcuno, ma in generale l’episodio, scritto da René Echevarria con Ronald D. Moore, fu bene accolto.   

Si trattava di uno dei primi baci tra donne visti sui teleschermi americani (il primissimo in assoluto risulta essere un episodio della serie L.A. Law – Avvocati a Los Angeles andato in onda sulla NBC nel febbraio 1991). Non proprio in campo fantascientifico ma comunque in ambito fantastico, Buffy – L’ammazzavampiri fu all’avanguardia nell’introdurre una relazione omosessuale che riguardasse uno dei personaggi fissi. Nella serie, creata da Joss Whedon (Firefly, The Avengers 1 e 2) e andata in onda dal 1997 al 2003, l’amica della protagonista Willow (interpretata da Alyson Hannigan) nel corso delle stagioni si rivela essere lesbica e ha una relazione con un’altra ragazza, Tara. Buffy è oggi considerata una serie cult e certamente ha avuto una grande influenza tra gli adolescenti che la vedevano all’epoca.

Dal Regno Unito, nel 2005, nella puntata Il bambino vuoto di Doctor Who appare per la prima volta sul teleschermo il capitano Jack Harkness (interpretato da John Barrowman), viaggiatore del tempo proveniente in origine dal 51° secolo e che si trova coinvolto in varie avventure del Doctor. Jack è il primo personaggio apertamente bisessuale nella storia della longeva serie britannica, iniziata nel 1963, e si rivela essere subito molto popolare (con tanto di merchandise a lui collegato, action figure, magliette, etc.), tant’è che la BBC mise in produzione Torchwood, serie spin-off che lo vede protagonista e durata quattro stagioni, dal 2006 al 2011.

Nel 2010 in Caprica, spin-off/prologo di Battlestar Galactica durato una sola stagione, Sam Adama (interpretato da Sasha Roiz), esponente della malavita su Caprica, ha un compagno, Larry, con cui è sposato.  

Con l’arrivo delle piattaforme di streaming, Netflix in primis, la pratica della sistematica rimozione dei personaggi LGBTQ dai teleschermi, andata avanti per decenni (e in molti paesi purtroppo ancora in atto) ha subito il colpo di grazia. Da questo punto di vista Sense8 è un caso emblematico. Creata da Lana e Lilly Wachowski (The Matrix) e J. Michael Straczynski (Babylon 5) la serie, uscita su Netflix tra il 2015 e il 2018, racconta di vari esseri umani sparsi per il mondo che si scoprono in qualche modo interconnessi tra di loro. Si tratta certamente di una serie-manifesto, con un cast sia tecnico che artistico volutamente variegato e inclusivo, nella quale personaggi di diverso sesso, nazionalità, etnia, cultura, identità di genere e orientamento sessuale si uniscono per combattere un nemico comune.

Chiudiamo questa piccola carrellata, per forza di cose solo parziale, con Star Trek Discovery, che si è spinta dove nessuna serie Trek era mai giunta prima. Sin dalla sua prima stagione a bordo della Discovery c’è stata la coppia gay composta dall’ingegnere e scienziato Paul Stamets e dall’ufficiale medico Hugh Culber. A interpretarli sono due attori entrambi apertamente gay, Anthony Rapp e Wilson Cruz, che avevano già lavorato assieme in precedenza a teatro nel musical di Jonathan Larson Rent. Inoltre a vestire i panni dell’ingegnere capo Jett Reno è stata chiamata l’attrice e autrice lesbica Tig Notaro. L’orientamento sessuale e l’identità di genere non sono mai stati così netti e definiti come per lungo tempo si è creduto, essendo gli esseri umani in realtà molto più diversificati e molto meno facilmente incasellabili in categorie nette e separate di quanto in generale si pensi. Nell’universo startrekkiano i Trill sono sempre stati una evidente allegoria della transessualità e intersessualità. A bordo della Discovery troviamo Adira Tal, un essere umano che ora vive in simbiosi con un simbionte Trill. Adira, interpretata da Blu del Barrio, costituisce il primo esempio di personaggio non-binario nella lunga storia del franchise. Adira fa coppia col transgender Gary, interpretato dall’attore non-binario Ian Alexander.  

Il principio vulcaniano delle Infinite diversità in infinite combinazioni è insomma più che mai valido, e la fantascienza non potrà che continuare a esploralo.