Il 25 maggio 1977 negli USA esce Star Wars, e in cima ai tre paragrafi introduttivi all’azione tutti possono leggere queste parole: Episodio IV – Una Nuova Speranza.

Già, perché George Lucas, uscito dalla fucina della facoltà di cinema della USC, dove si era fatto apprezzare per alcuni cortometraggi interessanti e, dopo aver girato THX 1138, un film di fantascienza più simile alle sperimentazioni del cinema oltrecortina e, poi, American Graffiti, forse la pellicola più autobiografica di tutta la sua produzione, dove aveva potuto mettere sullo schermo anche la sua “insana” passione per i motori (che gli aveva fatto subire un grave incidente in adolescenza) aveva deciso, stavolta, di pescare a piene mani dai serial cinematografici.

il passato, il presente, il futuro di Star wars...
il passato, il presente, il futuro di Star wars...

E, attenzione, Lucas, che ha sempre definito il processo di scrittura di un film “sanguinare sulla pagina”, dopo aver delineato la storia a grandi linee decide di lanciare lo spettatore “in medias res” lasciando intendere che ci fossero tre episodi precedenti a quello che veniva proiettato e chissà quanti seguenti.

In quel film George Lucas mette letteralmente di tutto, mescolando la Bibbia, la trilogia sulla Fondazione di Asimov, il Ramo d’Oro di Frazer, la serie a fumetti Valerian di Jean-Claude Mézières, i New Gods che Jack Kirby stava producendo per la DC Comics, i film di Akira Kurosawa e tanto, tanto altro ancora.

Talmente tanto materiale che avrebbe dovuto farci i conti per tutto il resto della sua vita. Eppure Star Wars non rappresentava la “sua” visione, non era il “suo” scopo, era solo un parte di esso, anzi un mezzo, se fosse andato bene, per ottenere fondi per adempiere la vera visione.

Lungo tutta la sua carriera cinematografica George Lucas ha sempre desiderato perseguire uno scop innovativo e rivoluzionario: liberare chi il cinema lo fa da chi al cinema presta solo i soldi. Memore dei problemi avuti agli inizi della sua carriera con i produttori e i distributori delle majors, e complice anche il suo carattere con una certa tendenza al controllo e al “workaholic”, il suo scopo principale è sempre stato quello di creare un nuovo modo di fare cinema, quello che oggi si definirebbe Creator Owned e che permette al creatore dell’opera di controllarne tutte la fasi produttive e distributive, nonché i diritti di cui riservare solo una fetta a chi procura i capitali iniziali.

In qualche modo Lucas è riuscito a dare un buona spinta in questo senso, con il suo "Obi Wan Kenobi Ranch", che per un certo periodo ha funzionato da accademia per giovani talenti, e la sua energia nel cercare di fare cose mai fatte prima dall’industria cinematografica hanno portato  alla fondazione della ILM, che è tuttora uno dei capisaldi degli effetti speciali per la cinematografia mondiale, del sistema audio THX, altro standard mondiale, a essere lo spunto per la creazione della Pixar (poi acquisita da un certo Steve Jobs) e ad allargare il campo dei guadagni di un film al merchandising ad esso legato, tutte situazioni alle quali ormai siamo abituati da anni e che accompagnano ogni blockbuster.

Ma la spinta iniziale, ricordiamolo, è stata la ribellione all’impero (delle Majors) e un complicato rapporto con la figura paterna (papà Lucas, di fede metodista che vendeva ferramenta, al quale George si ripromise di dimostrare che con il cinema si poteva guadagnare “un milione di dollari”), e per raccontare tutto questo George Lucas sceglie la modalità del “serial del sabato mattina” come quelli che lo avevano accompagnato nella sua infanzia, raccontando le mirabolanti storie di Flash Gordon

Considerando queste premesse non dovremmo stupirci se dopo anni di peregrinazioni cinematografiche, Star Wars sembra aver trovato il suo alveo di rinascita proprio nella serializzazione televisiva (o streaming, se vogliamo essere più precisi).

Sì, è vero, il fandom sta con le orecchie tese riguardo a qualche nuovo film del franchising, ma gli annunci della produzione, pur non escludendo il lungometraggio, indicano come via maestra proprio quella delle serie.

Dopo tutto, se guardiamo le classifiche stilate dagli appassionati, i film universalmente amati di tutta la saga sono solo due: Una Nuova Speranza e L’Impero Colpisce Ancora. Già per Il Ritorno dello Jedi (che facendo parte della trilogia classica dovrebbe essere fuori pericolo) si levano alcune critiche: c’era proprio bisogno della seconda Morte Nera più grande e cattiva? È forse un po’ troppo tirata la faccenda di ben due gemelli con un padre ingombrante e cattivissimo? Insomma, è proprio dal Ritorno che vengono gettati i semi germogliati poi ne Il Risveglio della Forza con un intero pianeta a sostituire la Morte Nera e una figlia di genitori misteriosi potente nella forza.

Pare sia opinione comune che il fandom di Star Wars sia meno facilmente accontentabile di altri, eppure la serialità sembra attenuare questo tratto conflittuale. Prova ne è che il terzo lungometraggio Spin Off dedicato a Obi Wan Kenobi è diventato una serie, dal titolo Obi-Wan Kenobi. Degli altri due quello più piaciuto è stato Rogue One, mentre Solo ha avuto una accoglienza francamente disastrosa.

Sto arrivando Obi-Wan.
Sto arrivando Obi-Wan.

Bene, proviamo a pensare come poteva andare se Solo fosse stata una serie. Pensiamolo ora che abbiamo visto il Mandaloriano e Boba Feet. Un episodio a settimana, comparse di vecchi/nuovi pianeti e ambientazioni, qualche buona spruzzata di fan service e probabilmente tutto sarebbe andato meglio. Forse questo deriva dal fatto che, più o meno consapevolmente, le aspettative nei confronti di una serie sono meno alte. Proviamo a fare il gioco inverso, quanti sarebbero andati al cinema a vedere un film di due ore e passa spinti solo dalla voglia di vedere un Mandaloriano senza che nel trailer comparisse Grogu? E anche se fosse comparso Grogu non si sarebbe rischiato l’effetto Jar Jar?

Al cinema ogni film deve essere capace di mantenersi nel canone ma soddisfare l’audience con qualcosa di diverso e unico rispetto agli altri, invece quando si tratta di un serial il pubblico è più disposto ad abbassare le aspettative, ad accettare l'occasionale incoerenza narrativa perché sa che l'episodio seguente (o la stagione successiva) può riportare la storia in carreggiata. E quindi ci si possono permettere anche momenti come il finale di stagione del Mandaloriano con il cameo di Luke Skywalker, sapendo che se anche dovesse creare divisioni ci sarà tempo per rimediare e non buttare a mare l’intero progetto.

Lucas voleva raccontarci la saga degli Skywalker prendendo spunto dalle storie serializzate trasformandole in film, che potessero essere visti come a sé stanti. Il suo intento era farci entrare nel bel mezzo di una serie e vedere se funzionava. E, per un breve periodo, così è stato.

Ma lo stesso successo di Star Wars ha rovinato l'esperimento artistico di Lucas. Invece di avere tutti meno aspettative per ogni nuovo episodio, si è generato un “hype” in costante crescita tale da far implodere il progetto. E poi che la dimensione seriale sia più congeniale a Star Wars lo hanno ampiamente dimostrato le serie animate  come The Clone Wars e Rebels che hanno permesso di creare e approfondire personaggi di cui ora conosciamo anche le versioni in carne ed ossa come Bo Katan e Ashoka Tano e dei quali stiamo aspettando almeno una serie che li riporti in azione. Ecco perché la scelta della Lucasfilm di portare su Disney+ la serie TV Obi-Wan Kenobi, con il ritorno di due delle più grandi star della storia di Star Wars (Ewan McGregor e Hayden Christensen) il 25 maggio 2022, proprio a 45 anni di distanza dall’uscita di Una Nuova Speranza, è una delle mosse più intelligenti finora progettate. Perché correre un grosso rischio con un film quando invece puoi vincere più facilmente sul piccolo schermo?

Dopo tutto i film di Star Wars sono così appesantiti dalla nostalgia e dalle aspettative insoddisfacenti che ogni nuova idea sembra destinata a fallire.

Star Wars: Visions (i cortometraggi animati a tema libero ambientati nell’universo di Star Wars) ha dimostrato che le idee e i personaggi dell'universo di Star Wars sono versatili e così interessanti da sostenere ogni sorta di narrativa diversa. Ma è difficile immaginare che storie come "The Ninth Jedi" o "The Twins" vengano trasformati in film. Tuttavia come serie potrebbero funzionare.

George Lucas, cercando di compiere la sua visione di indipendenza e innovazione, ha creato Star Wars, una presenza ingombrante da cui ha anche saputo staccarsi per dedicare la sua vita ad altri progetti (non solo crescere una figlia ma anche terminare il Museo/Accademia di creatività che ha sempre voluto costruire). Può essere che anche noi semplici appassionati siamo invitati a cambiare la nostra visione, a farla diventare diversa con le prossime serie in arrivo per Disney+.

Insomma la Nuova Speranza (di continuare a divertirci) per Star Wars, dopo 45 anni, non è più al cinema, ma non per questo dobbiamo abbandonare Quella Galassia lontana lontana e tutte le storie che ancora aspettano di essere raccontate.