Abbiamo chiesto a tre importanti curatori/editor di note realtà editoriali italiane di spiegarci se e come i mutamenti sociali e la maggiore apertura mentale rispetto alle tematiche LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer) si riflettono nel mondo editoriale.

A dirci la loro sono (in rigoroso ordine alfabetico) Franco Forte, scrittore in proprio ma anche editor e direttore responsabile delle collane Mondadori Urania, Urania Collezione, Urania Jumbo e Urania Millemondi. Giorgio Raffaelli, co-fondatore di Zona42, casa editrice specializzata in fantascienza. Silvio Sosio, giornalista e editore, curatore editoriale della Delos Books, direttore responsabile della rivista Robot e del sito www.fantascienza.com.    

Da qualche anno capita sempre più spesso di imbattersi in personaggi LGBTQ non solo sul grande e piccolo schermo ma in romanzi e racconti anche di fantascienza. Nella vostra esperienza come sono cambiate le cose da quando avete cominciato a seguire il genere? 

Franco Forte – Be', direi che sono cambiate parecchio, in modo quasi epocale, se restiamo all'interno della science fiction (in altri generi letterari il processo si è avviato molto prima, in forma più fluida, graduale). Il merito va soprattutto a una serie di autori che si sono imposti all'attenzione del pubblico e hanno introdotto personaggi LGBTQ senza mezzi termini, costruiti in modo molto profondo e capaci di appassionare il lettore, svolgendo il vero mestiere di scrittori: non descrivere situazioni, disagi e personaggi da lontano, cercando di imporre un punto di vista, ma portando il lettore a immedesimarsi con i loro protagonisti, per fargli vivere un'esperienza diversa dal solito, da comprendere meglio perché vissuta, anziché raccontata.

Giorgio Raffaelli – Direi che son cambiate di pari passo alla mia consapevolezza della diversità del mondo. Quando ho iniziato a leggere fantascienza ero un ragazzino di provincia: nella mia esperienza la diversità si limitava a quella linguistica tra gli italiani e i tedeschi del mio panorama sudtirolese. Ma dagli anni ’70 del secolo scorso a oggi la mia percezione del mondo è cambiata parecchio (e come potrebbe essere altrimenti?). E i libri hanno sicuramente accompagnato questo cambio di prospettiva, seppur – e qui mi riferisco proprio alla fantascienza – con qualche colpevole ritardo. Per la mia esperienza di lettore l’esistenza di un mondo al di fuori dello spettro eterosessuale era una cosa inaudita e invisibile: già ritrovare personaggi femminili capaci di ritagliarsi ruoli autonomi e spazi da protagonista era un’eccezione in un panorama che vedeva le voci non appartenenti alla maggioranza bianca, anglosassone, maschile, relegate costantemente ai margini della scena. Nel mio percorso all’interno del genere ci sono stati forse alcuni momenti capitali nel comprendere come e quanto la scena sia cambiata. Agli inizi degli anni 2000, ho iniziato a leggere in lingua originale, e dal fandom italiano (sarò sempre grato all’ormai antica Mailing List di fantascienza) ho iniziato a capire quanto di altro si muovesse al di fuori di quel che veniva proposto in traduzione e che in quegli anni arrivava ormai praticamente solo da Urania. Ora, a distanza di vent’anni, osservo il lavoro enorme che il fandom anglosassone ha fatto per rendere più partecipata, inclusiva e diversa la scena fantascientifica contemporanea. E non può che far piacere notare quanto anche da noi le cose stiano, seppur lentamente, cambiando.

Silvio Sosio – Ho cominciato a seguire il genere da bambino, negli anni Settanta, quindi è evidente che da allora sono cambiate in modo sostanziale. Negli ultimi anni in particolare, però, c’è molta più attenzione a questi aspetti. Si sta diffondendo, credo, la consapevolezza che non vanno affrontati semplicemente con un generico “ah, io non ho nulla contro di loro”, ma con impegno, uno sforzo cosciente per usare parole corrette e comportamenti corretti. Che poi è lo stesso sforzo richiesto dall’essere antirazzisti, antifascisti, antimaschilisti. Nel mondo della fantascienza, soprattutto in USA e altri paesi, c’è molta attenzione. Alla Worldcon di Dublino ho notato per esempio che quasi tutti si presentavano specificando il pronome con cui rivolgersi a loro, abitudine che in Italia non esiste (non esiste neppure un equivalente dell’inglese singular they, non esiste neppure una voce di Wikipedia sul singular they). In Italia c’è ancora molta strada da fare. Qualche volta si vede un personaggio omosessuale o transgender, ma se giri i social, anche nei gruppi dedicati agli appassionati di fantascienza, leggi spesso commenti che ti fanno mettere le mani nei capelli.

Dal punto di vista professionale/editoriale per voi ci sono state modifiche riguardanti le scelte editoriali?   

Forte – Più che modifiche ci sono stati senz'altro importanti accorgimenti, volti più che altro a dare spazio in modo sempre più aperto a personaggi e situazioni che rappresentano questo mondo senza fare cesure, senza opporsi a priori e soprattutto senza pensare che si dovessero erigere barriere nei confronti di questi argomenti. Se prima l'editoria cercava di essere garante (o pensava di farlo) di una certa mentalità chiusa e un po' bigotta che si attribuiva ai lettori, oggi si tende a pensare che debbano essere i lettori stessi a giudicare cosa gradire e cosa no. Uno scarto importante, perché significa che l'editore non mette più filtri a monte, ma lascia che sia ciò che succede a valle a determinare il successo o meno di una storia, di personaggi più o meno convenzionali e via dicendo.

Raffaelli – Per Zona 42 non ci sono state modifiche rispetto alla scelta dei testi che proponiamo. Nel senso che gli orientamenti sessuali degli autori non guidano le nostre scelte letterarie. Quello che però ci poniamo come obiettivo editoriale è di dar conto della varietà, della ricchezza e della diversità che la letteratura di genere contemporanea può offrire al lettore. E siamo convinti che le persone che scrivono e che si sentono parte della comunità LGBTQ+ abbiano prospettive, vissuti, e consapevolezze che inevitabilmente arricchiscono di senso il loro approccio alla scrittura. E in una letteratura in cui il confronto con l’altro e la ricerca di spazi di libertà espressiva è parte del genoma intrinseco al genere diventa inevitabile incappare anche in quel contesto in storie capaci di stupirti e meravigliarti come nella tradizione della miglior fantascienza.

Sosio – Parlando per la nostra realtà: no. L’unico criterio di genere che adottiamo come regola è evitare di avere antologie (o panel di discussione, quando ne organizziamo) con soli uomini. Non so esattamente cosa potremmo fare di positivo; l’unica cosa che posso dire è che certamente non faremmo mai discriminazioni di questo tipo. Il che non ci rende esenti da critiche: ci sono capitati un paio di volte casi di racconti da tradurre dall’inglese che richiedevano una connotazione di genere neutra, che in Italiano puoi rendere solo con qualche giro di parole e quindi se è una cosa di passaggio, non presente in un intero racconto. Ci proviamo, comunque.

Dal punto di vista creativo, quali pensate possano essere le motivazioni per molti autori/autrici di inserire personaggi LGBTQ nelle loro opere? 

Forte – Io credo siano soprattutto personali. Quando si ha dentro di sé un mondo di pulsioni, emozioni e motivazioni, si sente l'esigenza di esprimerlo, e quando si ha la possibilità di farlo, quando si vede che altri lo stanno facendo e l'editoria ha fatto cadere quelle barriere di cui dicevo prima, allora queste pulsioni interiori emergono con forza, ed è giusto che sia così. Un tempo gli autori che avevano questa esigenza dovevano farlo occultando e mascherando il loro messaggio dentro bottiglie di colori e forme diversi, e spesso non riuscivano a raggiungere il pubblico, se non quello che voleva cercare quelle bottiglie per recuperare i loro messaggi. Adesso le bottiglie non servono più, e queste pulsioni possono emergere direttamente dagli scritti che vengono pubblicati, e dunque finalmente un autore può dare sfogo al suo vissuto, al suo pensiero, alla sua parte intima che necessariamente lo spingerà a riversare pensieri ed esperienze nei suoi personaggi. E questo sta facendo la differenza.

Raffaelli – Credo semplicemente che una persona che scrive si ritrovi inevitabilmente a pescare dal proprio vissuto, e quale spazio narrativo è più congeniale per raccontare la diversità rispetto ai canoni conservativi esterni di quello fantastico/fantascientifico? Per chi, per i più diversi motivi, si trova socialmente ai margini cosa c’è di più liberatorio, e insieme motivante e sì, utile, che dar spazio alla propria esperienza del mondo sublimandolo, mescolandolo, esaltandolo, distruggendolo, attraverso il filtro della fantascienza? Una delle citazioni di Ursula Le Guin che amo di più è quella che descrive la fantascienza come «quello “strumento nuovo” che Virginia Woolf cercava, per sua esplicita confessione, cinquant’anni fa: una chiave inglese folle, proteica, da impugnare con la sinistra, di cui si può fare qualunque uso venga in mente all’artigiano, satira, estrapolazione, predizione, assurdo, esattezza, esagerazione, ammonimento, veicolo di messaggi, racconto di storie, qualsiasi cosa vi piaccia, una metafora che si può espandere all’infinito, perfettamente appropriata per il nostro universo in espansione, uno specchio infranto, infranto in innumerevoli frammenti, ognuno dei quali è in grado di riflettere, per un attimo, l’occhio sinistro e il naso del lettore, e anche le stelle più distanti, che brillano negli abissi della galassia più remota.» 

Sosio – Molti si sentono forti e ribelli sparando contro la political correctness; io vado nell’altra direzione, sono sempre stato a favore. Penso che per superare il razzismo, le discriminazioni verso gli LGBTQ e per raggiungere l’uguaglianza tra generi (perdonate se metto insieme queste cose, ma hanno aspetti simili) si debba passare per forza dal messaggio culturale. Vedere personaggi neri, gay o transgender in situazioni normali in una storia abitua le persone che non hanno contatti diretti a includerli nel novero delle persone normali, togliendoli da quello degli strani o dei mostri. Forse talvolta l’eccesso può sortire l’effetto opposto (con esclamazioni come il “Ma sono tutti gay!” di In & Out), immagino, come ogni cosa va fatta con misura. Quindi, se il motivo per cui vengono inseriti personaggi LGBTQ è questo, per me va bene. Dubito però che siano molti gli autori italiani che la vedono in questo modo. Una motivazione creativamente più valida è il tentativo di rispecchiare in modo meno addomesticato la realtà, perché le persone LGBTQ esistono, per fortuna sempre più raramente si sentono obbligate a nascondersi, e una narrativa che non le includa diventa irrealistica, come erano irrealistici i romanzi degli anni Cinquanta in cui i personaggi erano tutti uomini.

Dal vostro punto di osservazione qual è stata la reazione da parte dei lettori? Che tipo di riscontri avete avuto? 

Forte – Duplice, come sempre: i "conservatori" si sono prima indignati, poi pian piano adeguati, mentre i "progressisti" ne sono stati entusiasti, e hanno contribuito fin da subito a sostenere questo genere di "messaggi", consentendone la diffusione, e il crollo pressoché istantaneo delle famose barriere erette dagli editori. Per fortuna i musi lunghi sono durati poco, perché poi, di fronte alla qualità di certe opere con contenuti LGBTQ, hanno dovuto cedere alla meraviglia della lettura, magia che riesce ad abbattere qualsiasi pregiudizio, almeno nelle persone intelligenti. Che poi ci siano degli idioti senza cervello che continuano a ritenere tutto questo immorale o chissà che altro… be', sappiamo che sarà sempre così, quindi basta ignorarli e proseguire per la strada che si è iniziata e che sempre più autori ed editori stanno seguendo.

Raffaelli – Credo che per la maggior parte dei lettori il giudizio sulla qualità di una storia non dipenda dalla presenza di questo o quel tipo umano, ma da come l’autore racconta, da come maneggia le idee, dalla forza del plot, dalla tridimensionalità dei personaggi, dall’originalità della messa in scena, dalla peculiarità del punto di vista. Poi è vero, c’è (e temo ci sarà sempre…) una fetta nettamente minoritaria di lettori per cui il cambiamento (qualsiasi cambiamento) è il male, e la diversità rispetto alla propria esperienza una cosa del tutto incomprensibile e quindi negata e respinta in ogni modo possibile. Ma è proprio con questi lettori che dovremmo fare lo sforzo più importante, perché sono convinto che le storie che leggiamo, anche quelle con cui non riusciamo a entrare in sintonia, contribuiscono tutte a modificare – anche solo in modo impercettibile – la nostra relazione con la realtà là fuori. E se non sarà certo un romanzo di fantascienza a cambiare il mondo, nel frattempo sarà molto interessante, stimolante e fin divertente continuare a provarci.

Sosio – Non bisogna fare l’errore, secondo me, di leggere i commenti su Facebook e pensare che siano rappresentativi dei lettori nel loro complesso. Lo dico perché si leggono, come dicevo prima, cose da far rizzare i capelli ogni volta che arriva un personaggio gay o transgender in una serie tv (ora in Star Trek Discovery ci sono due gay e un transgender, c’è gente che dà di matto per questa cosa). Credo che la maggior parte delle persone che seguono la fantascienza non ne venga toccata più di tanto. Magari ci sarà chi storce il naso, ma va avanti lo stesso; magari tra sei mesi o un anno si abituerà e lo storcerà di meno. Non possiamo però negare che in Italia e nel resto del mondo è in atto un fenomeno di rigetto di tutto ciò che era considerato una conquista sociale, quasi sempre cavalcato dai partiti di destra che magari a parole condannano (come Meloni che ha esternato contro il padre che ha assoldato un criminale per rompere le dita al figlio chirurgo reo di essere gay) ma in realtà a basso livello si nutrono di tutto ciò che è “contro”. Non è detto naturalmente che chi è contro gli immigrati sia anche contro i gay, chi è contro la mascherina sia contro le donne che lavorano, ma nel momento in cui tutte queste istanze vengono raccolte dalle stesse etichette politiche chi ne diventa follower finisce per trovarsi a sostenerle, e probabilmente per farle sue. A questo bisogna anche aggiungere che purtroppo l'impressione che il mondo LGBTQ sia ormai universalmente accettato è un'illusione che vale solo per il mondo occidentale: Europa, America, Australia. Nel resto del mondo essere gay è pericoloso quando non addirittura illegale. Sarà che io sono notoriamente iperpessimista, ma credo che le cose andranno molto peggio prima di cominciare ad andare meglio.