Zuan tentò di liberarsi da quelle strette, finchè la pianta non si aggrovigliò anche al suo collo, stringendo.

Un gemito soffocato. Lo stregone, la lingua di fuori, alzò un braccio per chiamare aiuto.

Poi, le rose e le spine lo avvolsero completamente.

II.

Tra gli alberi era come se fosse già notte fonda. Nelle immediate vicinanze della capanna, però, c'era un bagliore verde, che faceva splendere la neve tutt'attorno. La strega abitava lì. Con un calcio, Rädala aprì la porta di legno.

Una donna con lunghi capelli neri era in piedi al centro della stanza, immobile. I suoi occhi celesti erano aperti, fieri.

Per un breve istante, a Rädala parve che i piedi della donna non toccassero il pavimento.

- L'è stato Zuan a mandarte da mi? - disse Lùssia.

Sapeva del suo arrivo? Il tauvöl non rispose a quella domanda. - Dov'è la pietra?

- Ti stai sbaiando. El magico ocio del corvo non è qua.

Rädala aprì le braccia con i palmi rivolti verso l'alto.

Dalle sue mani sbocciarono due rose.

Che cominciarono ad aprire ancora di più i petali, e a crescere su steli di spine.

Una saetta bianca guizzò da un palmo all'altro.

- Se mi ammassi, diaolo, - disse la strega - non avrai mai la pietra. Posso aiutarte a recuperarla.

Rädala rimase immobile in quella posizione.

Chiuse i palmi ed abbassò le braccia, e il roveto sparì nel suo vestito. Abbassò la testa.

Lentamente, alzò due occhi che sembravano fiammelle, e che intimavano alla strega di parlare.

In fretta.

- Zuan me l'aveva venduta par zinquanta troni.

- Zuan è morto, ora. Chi ha la pietra?

- Desso la pietra ce l'ha uno stregone moro.

Il tauvöl sbattè le palpebre, e per un momento le fiammelle svanirono. Si riaccesero, danzando nei suoi occhi. - Un prete?

- Vive in pianura. Nella ciesa di San Zeno, a Verona.

- Perché hai consegnato l'occhio del corvo a lui?

- Ho dovuto! Sennò me denunciava e me bruzava sul rogo!

- Dovevi dare subito la pietra agli elfi. Prima che la... - Il tauvöl abbassò le sopracciglia, sorpreso da qualcosa che aveva appena pensato - prendesse lui. - Cos'era quella sensazione?

La donna riaprì gli occhi, sostenendo il suo sguardo. Quando, dopo qualche istante, la strega cedette e lo distolse, gli occhi di Rädala scesero a osservare il suo collo, focalizzando una vena che pulsava. Il resto del corpo.

Fece alcuni passi in avanti, provocando un rumore di zoccoli sul pavimento di legno. Esitò, prima di portare una mano a toccare i capelli della donna.

La strega respirava a fondo con la bocca chiusa. Sollevò gli occhi celesti. Rädala le sfiorò le labbra con le dita, e Lùssia abbassò di nuovo le palpebre ed emise un lieve gemito... Rädala si scoprì il volto e la fissò.

Lei ricambiò il suo sguardo, e gli accarezzò una guancia.

Quella sensazione. Come essere attratto da... un lume nelle tenebre. Il diavolo le prese la mano, la intrecciò con la sua.

Si unirono in un bacio, che dapprima fu un esitante sfioramento di labbra, quasi che in entrambi ci fosse un barlume di lucidità che imponeva alle loro coscienze di non farlo.

Strofinìo di vesti che si toccavano, il lieve schiocco delle loro lingue. Poi il soldato degli elfi arricciò il naso e scostò da sé la strega. Lùssia aveva assunto la sua vera forma: una vecchia con lunghi capelli bianchi e gli occhi infossati, che sorrideva orribilmente mostrando denti neri.

Rädala la afferrò per la gola. Dalla manica del suo vestito spuntò lo stelo di una rosa, che si fece strada verso la bocca della strega.