All’enorme successo commerciale della trilogia si aggiunge nel 2009 Halo 3: ODST, ancora un FPS sviluppato da Bungie che sposta l’attenzione su una squadra di soldati impegnati nella difesa della Terra, mentre ora con Halo: Reach si ritorna al pianeta su cui tutto era cominciato.

Il gioco

Anche l’ultimo Halo segna l’assenza di Master Chief. In questo caso il protagonista è Noble 6, membro di una squadra speciale SPARTAN di stanza sullo sfortunato pianeta Reach prima dell’attacco Covenant visto nel primo episodio. Il gioco è stato sviluppato in contemporanea col quarto episodio uscito un anno fa, ma ha richiesto un maggior tempo di lavorazione anche a causa dei miglioramenti di natura tecnologica cui è stato sottoposto il motore grafico.

La campagna single-player non è molto lunga, meno di otto ore di gioco suddivise in una serie di missioni e sequenze cinematiche di collegamento. Inoltre, poiché è già noto che nessun lieto fine aspetta il giocatore, si ha un tono cupo, che spesso la colonna sonora vela di malinconia.

La Bungie, per questo suo sforzo finale nell’universo di Halo, ha deciso di non allontanarsi molto dal binario sicuro degli episodi precedenti. Il gameplay attraverso cui è raccontata l’inevitabile caduta di Reach è, infatti, molto curato ma non ci sono innovazioni o reinvenzioni di rilievo e le colonne portanti sono quelle classiche: la capacità di trasportare al massimo due armi, che sovrappone un livello di decisione strategico a quello tattico dei singoli scontri; un’AI nemica di buon livello; la possibilità di usare veicoli negli ampi scenari. A questo si aggiunge la novità delle abilità intercambiabili collegate all’armatura e l’altro livello di scelta che ne consegue: si va dal jet pack alla capacità di proiettare un ologramma di se stessi o rendersi immuni al danno a scapito della mobilità. 

Nelle missioni si alternano scontri in spazio aperto, che sono stati fin dall’inizio il marchio di fabbrica della serie, a sequenze ‘a scorrimento’ su veicoli terrestri e volanti. Una novità che spezza il ritmo del combattimento in prima persona è la missione di combattimento orbitale, e inedito è anche uno scontro in assenza di gravità.

Dal punto di vista visivo, invece, Halo: Reach spreme l’hardware della Xbox 360 al massimo e il team artistico ha potuto di conseguenza sbizzarrirsi nella creazione del pianeta. Il miglioramento rispetto ai capitoli precedenti è evidente sia nei modelli sia nella profondità di campo, e le modifiche al motore grafico hanno reso possibile un largo uso di trasparenze che, in particolare quando usate per creare effetti atmosferici, danno risultati davvero spettacolari. Tutto questo ha un suo prezzo, ma un abbassamento del frame rate si verifica solo nelle scene più convulse e cariche di effetti, o nelle sequenze cinematiche in cui il motore mostra tutte le sue potenzialità.

Halo: Reach però non è solo single-player, anzi. La sua arma segreta è la sterminata possibilità di scelta nel gioco online. 

Forte dei quasi tre milioni di beta tester che hanno collaborato alla rifinitura e al bilanciamento di questa modalità, la Bungie ha sfornato davvero un arsenale di scelte che dovrebbe soddisfare ogni desiderio di competizione o cooperazione multi giocatore. Anche in questo caso è il classico Halo, moderatamente frenetico, vario, equilibrato, unito a tutte le declinazioni di multiplayer: ‘deathmatch’ o ‘king of the hill’, ‘capture the flag’ o difesa di punti specifici per citare le classiche, ma anche match 6 contro 6 a squadre o ‘bountyhunter’ in cui si raccolgono gli ‘scalpi’ o meglio i teschi dei nemici abbattuti. Se a questo affianchiamo un servizio di matchmaking apparentemente funzionale ed efficace, è evidente che Halo: Reach promette mesi, o meglio, anni di attività online.

Infine c’è la possibilità di giocare in cooperativo. La campagna, se affrontata in questo modo, scala di difficoltà offrendo un livello di sfida adeguato, oppure è possibile affrontare insieme orde di nemici nella tipologia di combattimento ‘Firefight’ che aveva già avuto molto successo nell’iterazione precedente e ora si ripresenta con grandi capacità di personalizzazione.

Una nota a parte merita Forge, l’editor messo a disposizione degli utenti per modificare e poi condividere alcune delle mappe multiplayer. Non si tratta di uno strumento di modding comparabile con ciò che è disponibile -o ottenibile- di solito su pc, tuttavia Forge sembra abbastanza potente e allo stesso tempo semplice da poter soddisfare la creatività dei giocatori, e contribuire alla longevità stessa del titolo.