Fin dove si può spingere un uomo nell’elaborare un sogno? È curioso come, nel cercare una risposta a questa domanda, si possa incorrere in un parallelo tra la storia del suo autore e quella del protagonista di questo film. Nell’anno di Avatar e dei record infranti dal titanismo di James Cameron, Inception rappresenta per gli appassionati di fantascienza il secondo evento della stagione cinematografica. “Secondo”, intendiamoci bene, per mere contingenze temporali: il film di Christopher Nolan si dimostra alla prova della visione tanto denso e maturo narrativamente, quanto esteticamente fuori dall’ordinario, da non temere davvero confronti sulla piazza. Nemmeno di fronte al campione d’incassi della stagione e ad oggi dell’intera storia del cinema.
Nell’anno delle meraviglie di Pandora e dell’evoluzione del cinema 3D di Cameron, il valore di un film come Inception vede semmai amplificata la sua importanza proprio in virtù del confronto con Avatar: figlio di un cinema di “vecchia” concezione, Nolan dimostra che il suo cinema è tutt’altro che un fossile scampato al diluvio, confezionando un prodotto solido che non rinuncia alla spettacolarità della resa visiva e che al contempo ci ricorda quali risultati sia ancora lecito aspettarsi da un cinema di idee.
Le origini del sogno
Al di là dei paragoni più o meno spontanei e più o meno ambiziosi venuti fuori nel corso del lancio promozionale della pellicola, Inception tradisce diversi punti di contatto con un filone dell’immaginario di fantascienza – non solo cinematografica – più rappresentato di quanto non si possa immaginare in prima battuta. Se il paragone con Matrix (1999) è ormai abusato, ritroviamo la natura illusoria del mondo percepito dal protagonista in Abre los ojos di Alejandro Amenábar (1997) e nel suo remake hollywoodiano curato da Cameron Crowe (Vanilla Sky, 2001), in Dark City di Alex Proyas (1998) come pure in eXistenZ di David Cronenberg (1999); in Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry (2004) è invece l’influenza dei ricordi soppressi a giocare un ruolo centrale. Ma ulteriori elementi in comune si possono identificare con produzioni al limite dell’underground o comunque di scarsa popolarità presso il pubblico più vasto.
Pensiamo per esempio al suggestivo e angoscioso film di Josef Rusnak Il tredicesimo piano (1999), tratto dal romanzo Simulacron-3 di Daniel F. Galouye (1964), che mette in scena una stratificazione della realtà che richiama molto da vicino l’idea dei molteplici livelli di sogno articolata da Nolan (senza dimenticare poi il risvolto sentimentale della vicenda). Il film di Rusnak ebbe la sfortuna di approdare nelle sale praticamente in contemporanea con il fenomeno dei fratelli Wachowski, finendo per essere di fatto eclissato da un “cugino” tanto ingombrante. A parziale riscatto, Inception dimostra oggi che l’esperienza de Il tredicesimo piano non è stata del tutto cancellata dal continuum, ma tracce e spunti di quel progetto sopravvivono ancora nel 2010.
Come dice Cobb, il protagonista della pellicola di Nolan, “le idee sono i virus più resistenti”. A volte
18 commenti
Aggiungi un commentosecondo molte filosofie mistiche il corpo è solo una proiezione dell'energia di cui siamo permeati, intessuti. il discorso del corpo va calato in un contesto molto più ampio, ne consegue che la disquisizione potrebbe scendere nei dettagli di altri livelli
Piccola precisazione: New Rose Hotel è stato pubblicato sulla rivista Omni nel Luglio 1984, e non nel 1981 come indicato nell'ottimo articolo.
Bye
Phant
Grazie Phant, ho corretto la data nell'articolo.
Cordialmente,
X
Complimenti meritati per l'articolo, che leggo solo ora.
Sul finale vedo che se n'è scritto molto. Io sono per la versione "Di Caprio è tornato alla realtà e ai suoi figli", per vari motivi:
1) così il finale è prorpio bello;
2) sono vestiti come nei ricordi, non è possibile...ma parliamo di ricordi, di sogni, o di sogni ad occhi aperti? Andrebbe rivisto il film, per esaminare questo dettaglio...
3) il totem continua a girare.... ok, ma come è stato scritto, Di Caprio si lascia indietro il Totem, si lascia indietro tutto, è tornato a casa. E ora io, provocatoriamente, la butto là: chi è che vede girare la trottola? Non di Caprio, ma TU, SPETTATORE. E allora, sei così certo che la tua è la realtà, e quella del film è finzione? Sì? E perchè la trottola non cade?
Forse Nolan ci prende in giro, vuole dirci, attenti, i film sono finzione, ma non è in fondo possibile che pure la Vs. realtà sia il sogno di un altro?
4) Nolan dice (da Wiki)
"I've been asked the question more times than I've ever been asked any other question about any other film I've made... What's funny to me is that people really do expect me to answer it."
Come dire, nulla di programmato, quasi quasi l'ho messo lì, sto totem, giusto per scassare la mi****chia.
"The real point of the scene — and this is what I tell people — is that Cobb isn't looking at the top. He's looking at his kids. He's left it behind. That's the emotional significance of the thing"
5) anche Michael Caine chiude la questione
...explained his interpretation of the ending by saying, "If I'm there it's real, because I'm never in the dream. I'm the guy who invented the dream."
6) e lo stesso Nolan forse è pentito di avere inquadrato sta roba che gira, alla fine
saying "I've read plenty of very off-the-wall interpretations... The most important emotional thing about the top spinning at the end is that Cobb is not looking at it. He doesn't care."
Ciò che spesso unisce i geni è la ricorsività. Il moltiplicarsi dell’immagine di un oggetto posto tra due specchi piani paralleli è una tipica situazione ricorsiva. Effetto ottico che i geni, in vari modi, ricreano nelle loro opere. Situazione propizia dal punto di vista intellettuale ma pericolosa dal punto di vista psicologico. La ricorsività è legata all’intelligenza, e si ritrova nelle sue manifestazioni, ma anche in quella della pazzia lieve, non nella schizofrenia, che può avere come concausa i doppi legami di Bateson, che un qualche legame con la ricorsività c'è l'hanno. Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti ebbero un genio simile e simile fu anche il loro volto nella maturità. La Sindone testimonia che anche Gesù e Leonardo avevano un volto simile. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. "Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo". Grazie.
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