Il sogno dentro il sogno
La vida es sueño, come Pedro Calderón de la Barca insegna. E le domande mosse dalla pellicola
Ed è da questo spunto che ha concepito Inception, un film su cui ha lavorato per più di un decennio, considerando in prima battuta di farne un horror e quindi di volgerlo in un colpo grosso, classico film da rapina. Ma le suggestioni sul potere del sogno e l’influenza della memoria esigevano un trattamento più visionario e così lo script ha preso una virata fantascientifica. Quando per la prima volta lo propose alla Warner Bros nel 2001, Nolan c’impiegò poco per capire di aver bisogno di una maggiore confidenza con film di scala simile prima di lanciarsi in un’impresa tanto ambiziosa. Dopo l’esperienza con campioni d’incassi della levatura di Batman Begins (2005), The Prestige (2006) e The Dark Knight (2008), finalmente si è deciso a riprendere in mano il vecchio copione, lo ha completato e con un budget stimato tra i 160 e i 200 milioni di dollari e la supervisione della produttrice Emma Thomas, che è anche sua moglie, si è messo all’opera sul film che inseguiva da una vita, da quando da giovane si cimentava con la pratica del sogno lucido e della manipolazione dei sogni.
Ricordate quando in apertura azzardavo il parallelo tra la storia personale di Nolan e la trama di Inception? La chiusura del cerchio.
Iconograficamente personalissimo ma ricco anche di richiami a un panorama vastissimo di opere di fantascienza più o meno note, sia in ambito letterario che cinematografico, Inception potrebbe rappresentare davvero il capitolo dell’immaginario di fantascienza che l’appassionato aspettava ormai fin dai tempi di Matrix. Un lavoro che ancora una volta rende omaggio all’immaginario cyberpunk, attingendo al suo bacino sia per le tematiche (lo spazio virtuale introiettato nella mente del soggetto, lo scontro tra le multinazionali per il controllo del mercato e del mondo, l’ultima frontiera rappresentata dalla mente e dal corpo delle persone) che per i personaggi (prima di questo film avevamo già incontrato il falsario Eames nelle pagine di Neuromante, quando si chiamava Peter Riviera e manifestava seri problemi comportamentali).
Condividere un sogno: in tempi come questi, esiste qualcosa di più rivoluzionario?
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