La rivoluzione degli studi quantistici ha portato, nel mondo scientifico, un cambio di scenario epocale. La sconcertante dissacrazione operata dalle nuove scienze sulle sperimentate certezze tattili, visive, su tutte le consolidate sensorialità dell’uomo, ha aperto un baratro sul positivismo di illuministica memoria da cui escono, malamente, la fisica newtoniana e le scienze esatte ovvero quelle ideali, quelle che vengono relegate dalle indeterminazioni quantistiche al rango di scienze che descrivono un mondo privo delle variabili impazzite, proprie invece del caotico mondo che percepiamo ogni giorno.

Un così radicale cambio di concretezza teorica delle percezioni umane non può non determinare un cambio epocale di pensiero e di filosofia. Le scienze che studiano l’interiorità dell’animo umano sono attraversate dalle stesse vibrazioni quantistiche che perforano la Fisica e la Matematica; per esempio, le certezze tridimensionali enunciate da Sigmund Freud, il corrispondere quasi algebrico (tabellare, statico) dei sintomi medici con le cause delle nevrosi, lasciano il posto all’indeterminazione delle teorie stabilite da Carl Gustav Jung che, con la sua visione olistica dell’universo in cui si legano indissolubilmente archetipi, fisica quantistica, esoterismo, psicologia, premonizioni e vibrazioni, avvicina la sensibilità umana a quanto c’è di più vicino allo sconosciuto, utilizzando un approccio conoscitivo di tipo istintivo e non scientifico-oggettivo.

In altre parole, stiamo parlando dell’indeterminazione della realtà, indeterminatezza che poi può essere applicata al pensiero umano. Jung è uno dei padri moderni di tali investigazioni ed è anche il papà della Sincronicità; parlare di essa equivale a gettare una pesante ipoteca sulla consistenza che percepiamo del costrutto del reale, proiettandolo poi verso il personalissimo innerspace.

Ma cos’è la Sincronicità? Andando a consultare Wikipedia (it.wikipedia.org/wiki/Sincronicit%C3%A0) possiamo ottenere la seguente definizione:

La sincronicità è un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato. La sincronicità è relativa quindi alle "coincidenze significative".

Fenomeni di "coincidenze significative" avevano da sempre affascinato Jung. Già nel 1916, a pochi anni di distanza dalla sua defezione dal gruppo degli psicoanalisti fedeli al metodo scientifico-oggettivante e a Sigmund Freud, scriveva dell'opportunità di affiancare al principio di causalità quello finalistico:

«La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito (la psiche) vive ugualmente di fini.»

Jung distingue la sincronicità vera e propria dal mero "sincronismo" degli eventi che accadono simultaneamente, ma senza alcuna connessione di significato.

La vita di tutti i giorni ci propone spesso il tipo comune di sincronicità. Per esempio: pensiamo a un amico, e lui improvvisamente ci telefona. Tuttavia accanto a queste alcuni credono anche che possano esistere le sincronicità precognitive e chiaroveggenti.

L’ultimo paragrafo della definizione sovrastante lascia una sensazione spiazzante rispetto al comune percepire il Futuro, che s’immagina fortemente tecnicizzato e dotato di una robusta impronta di razionalità, una sorta di Illuminismo potenziato che poco spazio lascia a pensieri indeterminati.

Ci viene in soccorso quanto riportato su geagea.com/09indi/09_06.htm

La Sincronicità è un fenomeno che ha catturato l’attenzione e la ricerca di C.G.Jung e W.Pauli per più di 30 anni.

Consiste nel verificarsi simultaneo di due diversi stati psichici, due eventi (interni e/o esterni) legati da un significato, ma non da causalità.

Sono coincidenze significative entro cui la "connessione" prescinde dal tempo, dallo spazio e dai rapporti causa-effetto.

Una delle testimonianze più note sul fenomeno è quella riportata da Jung nell’esperienza con una paziente. La donna, che si trovava in un momento terapeutico decisivo, stava raccontando un sogno nel quale ella riceveva in dono uno scarabeo d’oro. Nel frattempo Jung sentì un rumore alle sue spalle, come se qualcosa urtasse contro la finestra: era uno scarabeo che cercava di entrare nella stanza buia.

Lo scarabeo, simbolo per eccellenza di rinascita, "entrato" nel momento analitico più idoneo, riuscì ad infrangere la barriera difensiva della donna che, ancorata ad una statica razionalità, non era riuscita, fino a quel momento, ad evolvere.