— Una decina di giorni fa.— Fra quanto conta di andare su?— Oh, tra circa un mese, credo.— Pensa di farcela?

— Brutta domanda — sorrise lui.

— Su, me lo dica.

— Lo spero.

— È ovvio. Ma, lo pensa?

— No.

— Lo immaginavo. Eppure andrà. Perché?

— Chi è che chiede troppo, ora? — disse Brainhope, di nuovo sorridente.

— La Piramide… la Spirale… — riprese lei.

— Solo pezzi di vetro irraggiungibili. Il centro di tutto? È assurdo. Vorrei capire perché tanta gente viene qui da ogni angolo dell’universo per andare a morire sui fianchi di un cristallo.

— È proprio sicura di non saperlo?

— No, accidenti. Ha ragione, lo so benissimo. Ci andrei anch’io, se…

Lui attese che proseguisse.

— Sa, io la ammiro — disse la ragazza. — Perché ha il coraggio di farlo.

— Non ci vuole coraggio per questo. Forse è solo pazzia. O il desiderio di far ricordare il proprio nome, poter magari dire: “io sono stato su, a seicento metri”, magari fingere di aver visto lo Specchio, in qualche maniera. No, sono io che ammiro lei. Io non sono affatto sicuro di capire perché lo faccio. Lei sa ciò che vuole.

Stava arrivando gente. Il clamore diventava più intenso. Lei ne appariva infastidita.

— Ora me ne andrò — gli disse. Scrollò i capelli con un solo movimento repentino. — Qual è il suo nome?

— Mi chiamo Brainhope. Marcus Brainhope.

— Posso chiamarla Marcus, vero?

— Come dirle di no?

— Un’ultima cosa, Marcus. Quanto spende perché quelli della Continental la aiutino ad ammazzarsi?

— Mille crediti al giorno, più o meno. È una bella somma. Ma, denaro a parte, crede davvero che ne valga la pena?

— Cosa intende dire?

— Glielo spiegherò.

Si diresse a una piccola pulce delle sabbie. Brainhope la seguì, la osservò salire nell’abitacolo.

— Quando ci rivedremo? — chiese. — Verrò alla sua Torre, questo pomeriggio.

Il veicolo partì, uscì dall’ombra della tettoia. — Non mi ha detto il suo nome! — gridò Brainhope.

Il cupolino era ancora sollevato.

— Il mio nome? È solo Liza. Liza come lizard, lucertola.

Si allontanò nel deserto, enigmatica quanto la costruzione che si lasciava dietro.

Si ritrovarono dodici ore dopo. Ne mancavano altrettante alla mezzanotte del giorno di trentadue ore di Mondo dello Specchio.

Diventarono amici.

Presero un aliante a motore, che Liza diresse lontano da ogni centro abitato.

— Cosa vedi? — chiedeva Liza.

— Sabbia — rispondeva Brainhope. Giungevano al precedente orizzonte, lo superavano.

— E qui?

— Sabbia.

Lei cambiava la rotta, deviava tenendo sempre il sole alle spalle o di lato al velivolo. — Cosa vedi?

— Ancora sabbia.

Raggiunsero il margine dell’emisfero illuminato. Presero la via del ritorno.

— Comprendi ora? — disse Liza.

— No.

Lei fece una smorfia, un gesto spazientito. — Non vedi? Non c’è altro, su Mondo dello Specchio. Non ci sono nuvole o nebbie o fiumi. Nessuna forma di vegetazione. Nessuna traccia di vita animale, nemmeno il più piccolo serpente. Nessun rilievo roccioso. Nulla che valga la pena di essere visto. Solo sabbia, dappertutto.

Le dune scorrevano veloci sotto di loro. Attraversarono il mezzogiorno, volarono di nuovo verso il tramonto.

— Perché la Piramide è proprio qui?

Brainhope non rispose. Aspettò.

— Marcus, nella nostra galassia ci sono quattrocento razze senzienti. Prima o poi, sono arrivati qui Scalatori da tutti i mondi. Nessuno di loro ha mai trovato difficoltà di respirazione all’interno del campo della Piramide.

— Come hai detto?

— Non lo sapevi?

— Sapevo che non avrei avuto problemi io, visto che l’atmosfera è simile a quella terrestre.

— Oh, capisco. Il tuo accompagnatore si è dimenticato di dirtelo. Ovvio che tu non ti sia potuto chiedere perché. Però è strano, non lo hai mai immaginato... Comunque, dubito che la Continental possa spiegartelo. Non lo sa proprio nessuno. — Sorrise selvaggiamente. — Scalare la Piramide non è un privilegio della Specie Umana, purtroppo.

Apparvero le prime cupole lontane della città turistica. Le sagome inconfondibili delle quattro Torri si stagliarono nell’argento.

— Un’altra cosa, Marcus. Siete tutti alla pari, là sotto. Gli Scalatori di razze fornite di ali non riescono a volare, le corazze degli Insetti di Regolo e dei Granchi sono inutili contro il calore, e così via.

Lui guardò la Torre Est. — Era ciò che volevi dire stamattina?

— Sì, era questo.

Brainhope assentì. Ripensò ai lunghi periodi passati nei deserti, sulla Terra, ai cinque anni di allenamenti intensivi, due ore di corsa ogni giorno, a quell’ultima settimana e alle ore passate eseguendo gli esercizi della Continental. Ora sapeva cosa doveva fare.