3.

— La sua improvvisa decisione di rinunciare alla nostra assistenza mi coglie completamente di sorpresa, signor Brainhope — disse Peenemunde la mattina dopo.Per la prima volta, Brainhope lo osservò a fondo. A disagio, si accorse di quanto poco lo conoscesse, in realtà. Il loro rapporto era sempre stato del tutto impersonale. L’ometto appariva sinceramente mortificato. Anche questo faceva parte del suo repertorio? Infastidito, Brainhope scacciò quel pensiero.— La sua consulenza è stata perfetta — disse. — Altri motivi mi spingono a farne a meno.Discretamente, Peenemunde non fece domande. Estrasse invece una serie di documenti da una antiquata cartella, quasi un cimelio da collezione. — Bene. Lei sa che secondo il contratto...— Sono disposto a pagare la cifra per intero.

Rapidamente, Peenemunde aggiunse delle note in margine ai fogli, fece apporre più volte la firma magnetica a Brainhope, ripose ogni cosa.

— Questo alloggio della Torre rimane comunque a sua disposizione per il periodo rimanente. È tuttora deciso ad andare su?

— Come mai prima d’ora.

— Lei è stato uno dei miei clienti migliori, signor Brainhope. Mi dispiacerà perderla.

Brainhope sorrise. — Non è detto che non ritorni.

— Ha ragione — disse lentamente Peenemunde, dopo un istante. Poi sorrise a sua volta.

— Comunque, non sarebbe più un mio cliente. Vorrei solo un ultimo favore da lei — aggiunse.

— Mi dica.

— Mi permetterà di assistere alla sua partenza?

— Senza dubbio. È il minimo che possa fare per ricambiarla.

— La ringrazio.

Si strinsero a lungo la mano, secondo l’antica usanza della Terra, ancora viva. Poi Peenemunde si voltò di scatto e uscì dalla stanza.

Un Tigrato di Canopo superò il chilometro quattro giorni dopo. Fu notato solo alle prime luci dell’alba. La notizia si diffuse per Sand Town in un baleno. Quando Liza e Brainhope giunsero sotto la tettoia, benché fosse passata meno di un’ora, si era già radunata una folla immensa. Lui volò giù dallo Scarabeo, il binocolo elettronico in pugno, si fece largo a spintoni.

Liza riuscì a raggiungerlo solo dopo un po’. Il binocolo penzolava dalle mani di Brainhope, il suo sguardo era vuoto. Sembrava una lampadina appena spenta.

Liza raccolse lo strumento, rintracciò la figura solitaria. Il Tigrato era già a quota milleduecento, e continuava ad avanzare.

— Deve aver percorso almeno venti chilometri, stanotte — mormorò Brainhope.

— Marcus!

Lui si guardò in giro. Mischiati alla gente, riconobbe alcuni Scalatori. Liza aveva ragione, era come portassero un marchio sulla fronte. Tutti avevano sul viso la stessa espressione sgomenta. Liza seguì il suo sguardo, capì che cosa stava pensando. — Non state tifando per lui, eh? — disse.

Brainhope si riscosse. La afferrò per le braccia. — Dovresti saperlo! — quasi le urlò. — Fin dal più profondo del mio essere vorrei gridargli: “vai, muoviti, sali, supera quell’ultimo maledetto tratto!” Ma sto inseguendo questo sogno da cinque anni. Cinque anni, Liza. Non posso volere che qualcun altro arrivi a rubarmelo.

Un interruttore scattò. Brainhope allentò la stretta. — Scusami — disse piano.

Diverse persone che si erano voltate a guardarlo tornarono ad osservare la Piramide. Insieme a Liza, anche lui riprese a fissare quel punto indefinibile dove una formica zampettava in direzione della cima.

Rimasero così diverso tempo, senza parlare.

— Può farcela? — chiese poi Liza.

— Vuoi dire se riuscirà ad arrivare in cima? Forse può farcela davvero. È molto vicino. Gli mancherà una trentina di chilometri soltanto.

— Ce ne sono stati altri, prima?

— Pochi. Una ventina fino a quell’altezza, tre o quattro oltre.

Passarono alcune ore, ci fu chi se ne andò, altri arrivarono a colmare i vuoti lasciati. La temperatura toccò i settanta gradi.

Il Tigrato giunse a quota millequattrocento, pur muovendosi sempre più a fatica lungo la Spirale.

— Lo sforzo di questa notte, indubbiamente — disse Brainhope.

Infine il Tigrato si accasciò. Si raggomitolò su se stesso per difendersi dal sole, e non si mosse più.

Brainhope, teso fino a quel momento, si rilassò.

Solo allora si accorse di quanto gli dolessero le gambe, a causa del prolungato star fermo. Doveva essere così anche per Liza; non avevano fatto un passo da quando erano lì. La prese sottobraccio, si incamminò fendendo la folla, senza meta. D’un tratto notò una figura familiare. Si staccò da Liza. — Scusami — disse. Rincorse l’uomo che si allontanava. — Capitano Lark! — chiamò.

L’altro si fermò e Brainhope lo raggiunse. — Capitano, si ricorda di me? Ero rimasto per strada, quando sono arrivato. È stato lei a venirmi a prendere, a portarmi dal deserto alla Torre.

— Sì, ora ricordo. Era venuto con Peenemunde. Lei è Brainhope.