La Western Union sospende il servizio di telegrammi dopo 145 anni. Sopraffatta dalla diffusione della tecnologia: prima dal telefono, poi dal fax, infine dalle e-mail. L'America dice addio al primo e più famoso gestore del servizio: la Western Union archivia un'epoca, perché un'altra se ne è già aperta. Il segno di un'epoca che, appunto, se ne va via. Le prime parole dell'articolo comparso su Repubblica.it danno l'esatto senso dello stravolgimento epocale che stiamo vivendo con indifferenza, come se tutto fosse normale. Ma, riflettendoci un momento solo, vi pare normale abbandonare un modello di comunicazione? No, non lo è, lo si fa soltanto perché qualcosa di più valido (solo all'inizio del Medioevo i metodi di comunicazione furono sostituiti da qualcosa di più rudimentale per pura esigenza di fattibilità) ha preso piede e così si può tranquillamente lasciare lo scalino inferiore che, comunque, ci ha guidato verso la scalata alla conoscenza. Alla Sophia esoterica che ci accingiamo a raggiungere per altre vie, quelle indicate dal postumanismo.

Quanti anni sono passati dal primo telegramma? 162; all’epoca, esso sostituì le carrozze e i Pony-Express a cavallo che attraversavano gli Stati Uniti – per inciso, era lo stesso sistema usato dai legati imperiali e dal servizio postale nell'antico Impero Romano (sistema interrotto, come si diceva sopra, soltanto nel Medioevo). Sono occorsi duemila anni, quindi, per rivoluzionare il mondo e ora, dopo poco più di un secolo e mezzo, si cambia nuovamente. Qualcuno, qui, sa prevedere cosa ci porterà il prossimo secolo e mezzo nell’ambito delle comunicazioni personali? Io metto in gioco me stesso, la dico grossa: un'enorme rete craniale (intesa come capacità di connettersi usando soltanto primitive tecnologiche scritte nel proprio DNA) in cui tutti parlano con tutti, senza ausili d’apparati particolari se non, proprio, quella rete energetica capace di far diventare ogni umano (postumano) un ponte radio; un enorme protocollo TCP/IP postumano capace di connettere qualsiasi essere vivente dotato di capacità colloquiale (e qui la sottigliezza è esplosiva) con altri suoi simili o compatibili ovunque essi si trovino, rendendo inoffensive tutte le possibili barriere fisiche o contestuali in grado di interporsi alla comunicazione. Vogliamo scommettere, quindi, pure sulla capacità di rendere intelligibile anche il linguaggio non umano (il fattore esplosivo che menzionavo poco fa)? Gli animali hanno un loro modo di codificare le necessità e le emozioni, anche se probabilmente più povero; macro espressive che sono lì da millenni in attesa di essere ben acquisite e codificate ci parlano continuamente e noi ne comprendiamo alla lettera una percentuale così irrisoria da essere scoraggiante. Già Bruce Sterling nel suo Fuoco Sacro teorizzava la possibilità di donare ad animali evoluti (cani, gatti) la parola, pur sottoponendoli a sforzi sradicanti; tuttavia, una volta raggiunto quel grado di sviluppo noi postumani potremo parlare anche con i nostri animali domestici, fedeli compagni di vita, magari dandogli indicazioni precise su come presidiare la casa, addirittura facendoli accordare - in perfetta sinergia - con le cam installate che, come occhi elettronici pilotabili dalla Rete (il protocollo IPv6 ne garantisce già adesso il perfetto indirizzamento), riempiranno i nostri ambienti vitali. Per cui, nostalgia dei telegrammi assolutamente no; nostalgia del futuro a venire? Sì, soltanto perché ci manca e non si sbriga a essere reale.