Samuel Delany
Samuel Delany
L'interattività fra chi tradizionalmente emette informazione (il relatore) e chi la riceve (tutti gli iscritti) non dovrebbe essere inferiore a quella dispensata ormai da qualsiasi enciclopedia multimediale o ancora di più da Internet a chiunque sappia usare un computer. Poiché la science fiction, nella migliore accezione del termine, incarna l'avanguardia del sapere e dell'immaginazione dell'umanità, un buon congresso di science fiction dovrebbe saper privilegiare il biunivoco interscambio delle informazioni tra i partecipanti rispetto al passivo brucare i discorsi precotti del guru di turno.

Di fatto, a dispetto di un programma irto soprattutto di proposte di fruizione passiva, per i benintenzionati era possibile usare la Convention anche per la sua migliore funzione, ovvero l'interscambio delle informazioni e dei punti di vista tra persone intelligenti di diverse culture.

In piccola parte provvedeva a tal fine il programma stesso con i Kaffeeklatsch. I Kaffeeklatsch consistevano nella possibilità di sedersi in una dozzina di persone attorno ad un tavolo ovale assieme ad uno scrittore famoso e chiacchierare con lui per un'oretta. Oltre a fornire la possibilità di conoscere interattivamente il proprio autore preferito, il Kaffeeklatsch si rivelava un'ottima occasione per trovare nuovi interlocutori fra gli altri partecipanti alla tavolata.

Ma i luoghi migliori per vivere al meglio la Convention erano gli interstizi della stessa, cioè i corridoi, le grandi tavolate nei ristoranti, le sale d'albergo. I grandi appuntamenti offerti dal programma,

ovvero le cerimonie d'apertura e di premiazione e di chiusura e certe conferenze, erano più che altro rituali di celebrazione degli idoli, più affini allo spirito del mondo della televisione che a quello della science fiction. Era fuori dai riti e dai programmi che la Convention palpitava della sua vita più degna di essere vissuta. Nei bar, nei pub, davanti a pinte di Guinness, o nei ristoranti, davanti a piatti di cucina cinese o indiana, cervelli interessanti di culture diverse mescolavano giocosamente i loro punti di vista in una comunione che inebriava ed arricchiva ciascuno. Tutte le sere, i grandi alberghi del centro città divenivano teatro di giganteschi parties, frequentati sino a tarda ora da centinaia di persone, nei quali scorrevano fiumi d'ogni genere di bevande e d'ogni genere di discorsi. Se il corpo della Convention era indubbiamente costituito dal programma formale, l'anima della Convention risplendeva del proprio miglior fulgore durante i parties serali.

Poiché l'aspetto più vivo, più interessante della Convention era costituito dalla grande opportunità di comunicazione fra i partecipanti, vale la pena di fare alcune considerazioni specifiche a riguardo. La stragrande maggioranza dei presenti erano anglofoni, ovvero americani o britannici. Eppure, la maggior parte dei contatti che si offrivano ad un europeo non britannico era con altri europei non britannici. L'impressione che si traeva è che americani e britannici, in genere, stentassero a rendersi consapevoli che lì vi fossero anche così tanti europei continentali, e quand'anche se ne accorgessero, non mostrassero alcun interesse o curiosità a riguardo. Impressione condivisa soprattutto dalle centinaia di fans di paesi dell'est europeo, come la Romania e la Croazia, giunti per la prima volta in massa ad una Worldcon, a prezzo di grandi sacrifici economici, ricchi d'entusiasmo e di aspettative, rimasti un po' delusi dall'indifferenza che hanno trovato fra la maggior parte degli angloamericani. Dato che la science fiction, nella miglior accezione del termine, è lo specchio di un'attitudine all'esplorazione di ciò che non si conosce, rende perplessi il fatto che ad una Convention mondiale di science fiction si sia palesata così poca curiosità verso la massiccia adesione ad essa di una fetta di mondo poco conosciuta che in precedenza ne era sempre rimasta esclusa.