uno sguardo alla sf del futuro da Emiliano Gokuraku Farinella

Detto, per la sua innata diplomazia e la sua abitudine di pesare le parole e di non avventurarsi mai in un'opinione in qualche modo sgradita a qualcuno, "Attila".

Cieli sintetici

Un viaggio nella nuova fantascienza, nei suoi rapporti con la società e le sue tendenze più originali, alla ricerca degli spunti più promettenti per il futuro del genere che più di ogni altro è pronto ad accompagnarci nel nuovo millennio.

Piergiorgio Nicolazzini Piergiorgio Nicolazzini gioca un ruolo da protagonista nella fantascienza moderna a livello internazionale. E' un profondo conoscitore del genere fantascientifico dotato di una non comune sensibilità che gli ha permesso di seguire la fantascienza nei suoi cambiamenti di pelle e sostanza, attraverso spostamenti di territorio che avrebbero potuto ingannare osservatori stanchi o distratti, e di esprimere giudizi (e operare scelte nella sua veste di curatore) con obiettività e senza pregiudizi avvalendosi di una consistente documentazione.

La breve intervista che proponiamo ha due temi conduttori: l'antologia Strani Universi 2 e la fantascienza moderna.

Nicolazzini ha curato la pubblicazione in Italia di Strani Universi 2, pubblicata qualche mese fa dall'editrice Nord. L'antologia raccoglie i cinque romanzi brevi finalisti all'ultimo premio Hugo, vinto da Greg Egan con Oceanic, e offre un affresco molto interessante sullo stato della fantascienza moderna.

Egan è un autore molto importante nello scenario moderno della fantascienza. E' molto importante la dichiarazione di Nicolazzini sui punti di forza di questo straordinario autore: "la capacità di affrontare i reali paradigmi in mutamento, quelli che fanno la sostanza del pensiero scientifico di oggi e ne definiscono le frontiere epistemologiche (senza quell'approccio un po' goffo, falsamente rigoroso e normativo della prima hard SF campbelliana)"

Una nota particolarmente interessante è il formato delle opere, dei romanzi brevi, un formato con scarsa valenza commerciale ma che si presta magnificamente alla produzione di opere fresche e intriganti.

L'intervista è stata anche l'occasione per rassicurarci sul fatto che la fantascienza non è morta e nemmeno è in cattiva salute, per fortuna. La risposta di Nicolazzini sull'opera di Ted Chiang la dice lunga sulla presunta crisi per mancanza di idee della fantascienza moderna...

Delos: Questa antologia è una espressione della nuova fantascienza. Quali aspetti convergono nella nuova SF? L'hard SF diventa sempre più attuale e meno ingenua, come sta cambiano l'approccio alla scienza nella fantascienza?

Piergiorgio Nicolazzini: Senz'altro c'è una rinnovata capacità da parte della fantascienza di confrontarsi con un'accelerazione vertiginosa del mutamento tecnologico, nella progressiva malleabilità di un futuro che sfuma nel presente. Ma ben al di là questo, un gruppo selettivo di autori produce quella che si può definire "radical" hard SF confrontandosi con i nuovi paradigmi della scienza e accettando di esplorare i veri luoghi (e i contigui territori speculativi) ove si compiono i più radicali mutamenti di prospettiva: fisica quantistica, teoria del caos, complessità, neuroscienze, nanobiologia, ecc. E l'efficacia si misura anche sull'esito letterario, perché in taluni casi la sfida è raccolta da chi opera con una nuova consapevolezza del concetto allargato di fantascienza, del riassestamento dei generi, dei loro protocolli di lettura. Un ponte fra la miglior tradizione della fantascienza speculativa (quella che già rielaborava il genere a partire dagli anni '60) e la spinta dall'esterno, attraverso una fase di passaggio importante: il rinsaldato e più consapevole, meditato, rapporto tra fiction e tecnologia innescato dal cyberpunk. Su quest'aspetto ho già tentato qualche riflessione e, più di recente, una breve sintesi in un articolo sul Corriere della Sera in occasione del convegno su Le Fantascienze di Fondamenta a Venezia.

Delos: Il racconto di Ted Chiang è forse il più bello dell'antologia. Il confronto col diverso emerge come un tema forte in questo racconto. Quali sono gli spunti più interessanti e originali di Chiang?

Sembra indicare che integrarsi con la diversità è il primo passo per capire gli alieni. Questo percorso di avvicinamento passa innanzitutto per il linguaggio. Il linguaggio può essere sia uno strumento di amplificazione che un limite per il pensiero. La fantascienza più volte ha toccato questo argomento e ci ha parlato di come la lingua modifica il pensiero. Chiang cosa aggiunge a questa tematica?

Nicolazzini riceve uno dei tanti Premi Italia che ha collezionato come miglior curatore.

Piergiorgio Nicolazzini: Certo che la fantascienza ne ha parlato. Negli anni '80 era anche uscito un interessante saggio in volume di Walter Meyers sull'argomento, Aliens and Linguists, specialistico ma assai originale. Pensiamo solamente a due romanzi come Babel-17 di Samuel R. Delany oppure a The Embedding di Ian Watson (scusate se lo cito nell'originale, ma in Italia ha avuto due edizioni entrambe infedeli al bellissimo titolo di Watson -- NB: la proposta di riedizione è stata mia, ma nulla ho potuto sulla scelta del titolo). Inoltre, il tema del linguaggio come tema speculativo in una narrazione di fantascienza si intreccia in qualche modo anche alle riflessioni sul linguaggio stesso della fantascienza. E sempre Delany si è impegnato con coerenza anche sul fronte critico, con numerosi saggi e contributi decisivi sul linguaggio della fantascienza da una prospettiva semiotica che ha illuminato in vari modi lo statuto del genere.

Arriva Chiang e non caso riprende e amplia la prospettiva, utilizzando questo tema per regalarci ciò che veramente ci aspettiamo da ogni racconto di fantascienza: rimettere in gioco in maniera radicale e imprevista la percezione umana dell'universo. E non a caso, per riprendere i paradigmi citati prima, qui entra il gioco la consapevolezza con le enormi possibilità cognitive aperte dalla fisica quantistica. Consiglierei questo racconto a chi ripete che la fantascienza è in crisi per mancanza di idee.

Forse ha smesso di leggerla. E anche a scienziati e ricercatori avidi di rintracciare nella fantascienza uno slancio cognitivo che ritengono ormai perduto. La fantascienza non l'ha perduto, soltanto è sommersa da una quantità di narrativa vacua e ripetitiva, essenzialmente consolatoria, pubblicata con l'etichetta di "fantascienza".

Delos: Greg Egan è un altro dei grandi nuovi autori presenti nell'antologia. E' fra i più interessanti scrittori di fantascienza moderna, ma è poco tradotto in Italia. Come ti spieghi questa anomalia? Quali sono invece i suoi punti di forza che gli hanno permesso di ritagliarsi una posizione di prestigio nella fantascienza moderna?

Piergiorgio Nicolazzini: Lo chiedi a chi per primo ha proposto Egan in Italia con il suo romanzo d'esordio Quarantine (La Terra moltiplicata, Nord ed.) e lo ha sempre inserito nelle antologie sulle quali aveva facoltà di scelta. Il mio rammarico è di non aver potuto proseguire con coerenza, ma la mia collana aveva limiti e vincoli oggettivi, ahimé. Lieto che ShaKe abbia coraggiosamente deciso di proseguire pubblicando Permutation City. Ora forse Mondadori uscirà con una sua antologia. Meno male. Secondo me la dimensione più congeniale per l'approccio rigoroso di Egan è la forma breve. Quarantine mi era assai piaciuto e forse tutto sommato i suoi romanzi seguenti non mi sono parsi superiori. Ma ora aspetto le prossime prove, credo stia trovando la misura anche nel romanzo.

I suoi punti di forza sono proprio quelli indicati: la capacità di affrontare i reali paradigmi in mutamento, quelli che fanno la sostanza del pensiero scientifico di oggi e ne definiscono le frontiere epistemologiche (senza quell'approccio un po' goffo, falsamente rigoroso e normativo della prima hard SF campbelliana); inoltre, i suoi meccanismi narrativi ci rivelano attraverso la forza dell'intuizione, dell'emozione e della razionalità la rete di relazioni con la realtà e il mondo, soprattutto scavando all'interno del nucleo che ridefinisce l'identità e la coscienza.

In fantascienza si è spesso parlato di "thought experiments", e quelli che Egan oggi riformula ne sono un esempio perfettamente compiuto. Certo vanno affrontati con lo stesso rigore che gli riconosciamo nella scrittura, ma cosa possiamo chiedere di più? Non è questo lo stupore che cerchiamo?

Delos: Entriamo nel tema del romanzo breve. Egan affronta in modo originale il rapporto tra scienza e religione dal punto di vista fantascientifico. Qual è il punto di vista di Egan, cosa aggiunge al tema, e quali crediti letterari intravedi nella trattazione di questa tematica?

Piergiorgio Nicolazzini: Forse questo racconto non è il migliore di Egan, sicuramente meno radicale di altri, però gli ha permesso una meritata consacrazione (e molta attenzione dagli osservatori più distratti). Le ragioni di contingenza storica della rivelazione e una fede indagata a livello biochimico sicuramente aggiungono molto al tema fra scienza e religione, che annovera una lunga serie di veri e propri classici (tra i miei preferiti: A Case of Conscience di James Blish, Behold the Man di Michael Moorcock e Only Begotten Daughter di James Morrow, ma solo pescando frettolosamente fra i romanzi).

Delos: La nuova fantascienza non credo si stacchi nettamente da quella che ha caratterizzato i decenni passati, anche se talvolta è mal digerita da chi è cresciuto in quel clima. Tu con occhio più esperto come la vedi, ritieni che ci siano elementi per pensare a un netto distacco dal passato o alla continuità nell'ambito dell'evoluzione di temi e stili?

Piergiorgio Nicolazzini: La storia letteraria (omologata o meno) procede secondo progressivi mutamenti e riassestamenti, solo occasionalmente vi sono brusche accelerazioni. Quello che talvolta manca, nei lettori e anche nello sguardo critico, è la prospettiva. E per questo mi batterò sempre. C'è chi oggi di fronte a una fantascienza proiettata nel mainstream o nella pop culture. ignora o dimentica processi o legami indispensabili per comprendere certi esiti narrativi. E liquida intere porzioni di storia letteraria. Se non si conosce il passato della fantascienza e i diversi contesti storico-critici in cui è possibile inquadrarla (il mega-genere teorico individuato da Darko Suvin, oppure le sue radici nel gotico, o nel romance scientifico wellsiano o nel laboratorio delle riviste popolari), la visione è parziale. D'altro canto non sono meno critico con chi invece rifiuta nuove visione mutate o allargate, e comincia a inanellare litanie sulla morte della fantascienza, sul piacere smarrito della lettura o dell'immaginazione. In genere, le ragioni sono due: o ha smesso di leggerla (per disaffezione, pigrizia o mancanza di tempo), ma allora non è autorizzato a erigere arbitrari sepolcri letterari, oppure invecchia insieme ai modelli preferiti, invece di confrontarsi con altri nuovi. E' evidente che l'immaginario muta pelle e sostanza, cambiano meccanismi di proiezione, persino gli spazi e i territori ove essi si situano, ma questo non può ingannare la percezione. Il giudizio (ancor più se storico-critico) esige obiettività, informazione e qualche pregiudizio in meno.

Delos: La fantascienza meno di altri generi ha una patria. La cultura che ci sta sotto cammina al di là di identità nazionali. Stiamo iniziando a superare l'idea di dover scrivere una fantascienza italiana esageratamente umanistica e intimista, quanto ci vorrà per arrivare a un prodotto transnazionale e transculturale?

Sotto molti punti di vista questa fantascienza sembra molto interessante.

Offre idee forti, e sa essere altamente speculativa. Ha uno dei suoi punti di forza nell'intrinseca transculturalità e nasce dovendo far subito i conti con problemi che stanno investendo tutto il mondo. In questo vasto contesto la nuova fantascienza punta i riflettori tanto sull'uomo (nel senso più generale del termine, soprattutto se pensiamo ad autori come Banks) quanto sul mondo naturale. Trova "il meraviglioso" di nuovo guardando in un telescopio o in un microscopio. Quale pensi possa essere il valore relativo di questa nuova fantascienza, e come si inserisce nel panorama culturale generale?

Piergiorgio Nicolazzini: Penso che avremo presto molte novità in proposito e sto scoprendo anch'io strada facendo qualità insospettate in campo europeo (ed extra-europeo). Un po' per diletto e un po' per lavoro me ne sto interessando attivamente.

Stanno cominciando a uscire in Italia vari romanzi di fantascienza e crossgenre dalla Francia, presto seguiranno i tedeschi, poi quasi certamente sarà la volta di alcune ottime individualità dalla Spagna e dal Portogallo. D'altro canto i nostri autori, oltre che in Italia, stanno ricevendo parecchie attenzioni (e occasioni di pubblicazione) all'estero, soprattutto in Francia. Il loro punto di forza è quello di poter e voler giocare a tutto campo sul territorio della letteratura popolare, utilizzando risorse originali ma con un'elaborazione intelligente dei modelli (anglosassoni o meno), spezzando un po' quella logica che vedeva sparute creazioni appiattite sugli stilemi più consunti oppure in cerca di chimeriche e spesso illusorie vie "nazionali". Sta cominciando a crearsi un piccolo mercato e una vivacità culturale autentica, nutrita di identità precise (e anche orgogliose), ma lontana da provincialismi.

Delos: Qual è il futuro editoriale della nuova fantascienza in Italia? Il Millemondi Estate e Altri Universi hanno espresso grande SF breve. Rimarranno casi isolati?

Piergiorgio Nicolazzini: Non manca l'attenzione, ma lo spazio per la "fantascienza" pubblicata come tale è di nicchia e rischia anzi di ridursi ancora. La nuova collana da edicola di Fanucci può senz'altro aiutare, ma la tendenza non è incoraggiante. Occorre cercare titoli e autori interessanti non solo dentro, ma fuori le collane di genere. Per esempio, le cose più interessanti (anche quella che alcuni definirebbero fantascienza allargata) si trovano in collane di new fiction (come l'Avant-Pop di Fanucci, per esempio). O pensate a Jonathan Lethem, uscito dal Saggiatore. Molta narrativa dell'immaginario oggi, definitivamente, non è più accasata in collane specializzate (anche se testate storiche come Urania, ecc. cercano di tener conto di queste spinte e di questo ricco ventaglio di proposte).

Ma il contenitore fatalmente diventa troppo asfittico e inadeguato, ed esige maggior elasticità e flessibilità (esattamente come la narrativa che dovrebbe ospitare). Ma questo aspetto meriterebbe una trattazione a parte.

Per la narrativa breve il discorso è articolato. Oggi manca una rivista seria in Italia, lo sappiamo, anche se le antologie fanno il possibile per sopperire a questa carenza. Lo ribadisco: anche se il mercato delle riviste negli Stati Uniti è marginale dal punto di vista commerciale, continua a essere vitale per la quantità di nuove, eccellenti proposte sul piano delle idee: Asimov's, The Magazine of Fantasy & Science Fiction (ancora più aperta e migliorata, grazie a un editor come Gordon Van Gelder, quanto mai impegnato sul fronte della qualità), Interzone, The Third Alternative (in Inghilterra) o la rilanciata Century di Rob Killheffer. Abbiamo inoltre la fortuna di avere un paio di ragguardevoli raccolte del "meglio" dell'anno, firmate da Dozois e Hartwell. Sicuramente affidabili, sono spesso riprese anche in Italia, ma si potrebbero compilare tranquillamente anche dall'Italia con altrettanta intelligenza. C'è poi il caso delle antologie originali, ovvero quelle che commissionano racconti inediti. Stanno un po' sparendo negli USA, ma ora quella lanciata da Patrick Nielsen Hayden presso Tor, Starlight brilla per l'assoluta qualità delle proposte: un esempio di come oggi si possano fare antologie originali realmente cutting-edge (il racconto di Ted Chiang, per intenderci, era uscito proprio in quella sede...). Sono convinto che anche in Italia comunque crescerà l'interesse anche per antologie legate alla fantascienza italiana o europea. E ho l'impressione che Mondadori farà il possibile per mantenere desto l'interesse (mi sembra vi siano iniziative interessanti in proposito). Personalmente sto seguendo tre o quattro antologie internazionali che dovrebbero venir pubblicate tra Francia, Italia e Stati Uniti. Insomma questo campo, anche se commercialmente poco redditizio, promette qualche risultato incoraggiante.

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