Edgar Rice Burroughs: Il Marte romantico dei pulp

Nel mondo dei primi pulp, Hugo Gernsback prova a dare a Marte una consistenza scientifica in alcune puntate della serie Baron Münchhausen's Scientific Adventures, nel 1915-16, poi ristampata su Amazing Stories nel 1928, per lo più basate su lunghe disquisizioni sulla società e sulla tecnologia marziana. La fusione fra didatticismo divulgativo e romanzo utopico classico lascia, volutamente, fuori ogni aspetto di suspense avventurosa: ma non la noia.

Marte sta invece prendendo la direzione del romanticismo più smaccato. Edgar Rice Burroughs sicuramente non pensa a un futuro di leggenda culturale quando, nell'estate 1911, sottopone a All-Story un manoscritto incompleto dal titolo Dejah Thoris, Princess of Mars, spinto anche e soprattutto dall'andamento fallimentare delle vendite di un tipo di temperamatite di cui era inventore. La risposta del redattore è incoraggiante, e a settembre Burroughs invia la versione definitiva, che uscirà a puntate l'anno successivo col titolo Under the Moons of Mars, 'sotto le lune di Marte'. Il suo Marte, ribattezzato 'Barsoom', è un discendente di Fenimore Cooper, di Kipling e dei mondi esotici alla Rider Haggard, popolato da nobili pellirosse e barbari di color verde, con un protagonista e un contorno di altri baldi eroi costantemente intenti a salvare donzelle seminude costantemente in pericolo. C'è molto di nostalgico nella creazione di Burroughs, e per molti elementi il romanzo guarda indietro, non in avanti. John Carter unisce il rimpianto per le (presunte) virtù cavalleresche dei Sudisti e quello per una Frontiera e un Ovest ormai in gran parte scomparsi dalla realtà americana. E, a voler guardare con attenzione, la fantascienza di Burroughs è molto vicina alla fantasy, a partire da quel viaggio interplanetario mai giustificato nelle modalità.

All'inizio di Under the Moons of Mars, inseguito dagli Apache in Arizona, l'ex capitano dell'esercito confederato John Carter si ritrova (senza convincenti spiegazioni, si parla solo di vapori soporiferi - è solo un viaggio mentale?) su Marte. Il Barsoom in cui si risveglia è un mondo semi-medievale nelle istituzioni, con città-stato in continua guerra fra loro e pericolose tribù nomadi. Si innamora di Dejah Thoris, la bella principessa della città di Helium (alla quale Robert A. Heinlein renderà un ironico omaggio nel migliore e più scanzonato fra i suoi tardi romanzi, Il numero della bestia, battezzando in suo onore la simpaticissima gattina del protagonista col nome di Deety), e dopo ripetuti salvataggi, avventure, alleanze e battaglie, corona il suo sogno col matrimonio. A questo proposito, è impossibile non notare come gli abitanti - e soprattutto le abitanti - di Marte, presentati come ovipari, mettano in mostra un'apparenza fisiologica rigorosamente mammifera. Quando, dopo dieci felici anni di vita coniugale, il sistema di mantenimento artificiale dell'atmosfera comincia a malfunzionare e minaccia la vita sul pianeta, Carter prova a fuggire... e si risveglia nella grotta da cui era partito. Per lui e per il lettore, comunque, ci saranno numerosi ritorni a Barsoom.

In questo e negli altri romanzi, ciò che conta è il dettaglio del mondo, più delle trame di cappa e spada tutt'altro che originalissime, con personaggi stereotipati (soprattutto nei ruoli sessuali) e più di qualche punta di razzismo. La lussureggiante vegetazione e le specie animali, senzienti o meno, sono descritte con una accumulazione di minimi particolari; quello di Burroughs è uno stile basato sul sovraccarico visivo. Al pubblico degli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale, l'autore di Tarzan (seguendo in questo la lezione di altri scrittori "popolari" suoi contemporanei, da Merritt a Lovecraft, da Howard a Clark Ashton Smith, a cui è per altri versi inferiore) offre un equivalente verbale degli effetti speciali visivi di cui noi siamo abituati a fruire al cinema e in TV.