Molti film di fantascienza, sia del passato sia del presente, sono tratti da romanzi. Molto spesso gli appassionati della letteratura si lamentano della poca fedeltà al testo letterario. Pensate che un film di science fiction debba essere fedele all’opera narrativa da cui parte o si debba e si possa in qualche modo “trasgredire”? 

Luca Bandirali: Qui si entra, più in generale, nel dibattito sull’adattamento cinematografico,

<i>2001: Odissea nello spazio</i>
2001: Odissea nello spazio
dal momento che molti film sono tratti da romanzi. Una buona teoria dell’adattamento non può essere una teoria della fedeltà. Si deve invece ragionare in termini di mondo narrativo e di struttura drammaturgica: com’è fatto il mondo narrativo del romanzo? Come risulta configurato, il medesimo mondo narrativo, dal discorso cinematografico? E poi, la questione drammaturgica: il romanzo ha strutture polimorfe, con spinte digressive, quantità di personaggi e subplot che una sceneggiatura cinematografica non può certo accogliere. Il film, a livello narrativo, ha una sua propria struttura, con inizio, sviluppo e fine ben delineati, che non è quella del romanzo.

La parte più innovativa della vostra indagine mi sembra la terza, in cui tracciate la “forma” del film di fantascienza, attraverso la sceneggiatura, la messa in scena il suono, il montaggio. Qual era il vostro obiettivo con questa analisi?

Enrico Terrone: L’obiettivo era di riuscire a spiegare, interpretare e valutare i film di fantascienza non solo in base ai temi e ai riferimenti culturali, ma soprattutto interrogandoli nella loro sostanza estetica, che è fatta in primo luogo di immagini e suoni. In che modo le immagini e i suoni del cinema rappresentano i mondi della fantascienza? Che cosa ci dicono di questi mondi? Queste sono le domande che hanno guidato la nostra indagine.  

Luca Bandirali: Si trattava di individuare una serie di specificità discorsive di genere: una recitazione fantascientifica (basti pensare a Jeff Goldblum), un suono fantascientifico, un montaggio fantascientifico, e via dicendo.

Visto che parliamo di fantascienza, concludiamo con una domanda sul futuro: quali sono, secondo voi, le prospettive future del cinema di fantascienza? In altre parole, è un tipo di cinema che ha ancora qualcosa da dire allo spettatore di oggi e di domani?

Luca Bandirali: Fra le strutture di genere, quella della fantascienza è senza dubbio fra le più dialettiche rispetto alla dinamica storica, al pari forse della sola commedia. Va poi

Harrison Ford in <i>Blade Runner</i>
Harrison Ford in Blade Runner
considerato il suo legame di interdipendenza con la tecnologia audiovisiva, che rende il genere fantascientifico una sorta di laboratorio. In tal senso, la fantascienza avrà sempre qualcosa da dire, e saprà anche come dirlo.

Enrico Terrone: Anche quando i titoli veramente memorabili latitano, e negli ultimi anni mi sembra  che siamo proprio in questa situazione, la fantascienza cinematografica ha comunque la capacità di mantenere desta l’attenzione, di cercare formule di riposizionamento, di riflettere costruttivamente sul proprio passato, di propagarsi negli altri generi. È l’atteggiamento che si riscontra in titoli eterogenei come Se mi lasci ti cancello, 2046, Cambia la tua vita con un click, Io sono leggenda, Cloverfield.