Che cosa significa per Ian Watson scrivere fantascienza?

Mi interessa soprattutto destabilizzare ed espandere la consapevolezza dei miei lettori, per costringerli a vedere il mondo intorno a loro in modo diverso. E scrivo anche per destabilizzare ed espandere la mia stessa consapevolezza. Ma scrivo anche per intrattenere, perché prima di tutto sono un narratore; o almeno penso di esserlo.Per entrare nel dettaglio, l'universo della fantascienza è basato sulla discussione delle leggi scientifiche come noi le conosciamo e comprendiamo, a differenza del fantasy che si basa sulle "leggi" della magia. Ciononostante, anche con la fantascienza si possono fare un sacco di giochetti poco puliti. Per esempio, per quanto ne sappiamo (ma non conosciamo ancora tutto il conoscibile, e forse non ci arriveremo mai) non è possibile viaggiare più veloci della luce. Ma in molti romanzi di fantascienza è necessario farlo lo stesso, altrimenti la storia non starebbe in piedi. Devo dire comunque che la fantascienza ha un particolare sapore, quello di parlare di realtà possibili, che la fantasy non può avere.

Ti definiresti uno scrittore surrealista?

In realtà ho scritto un grosso saggio su questo argomento, intitolato Science Fiction, Surrealism, and Shamanism ("Fantascienza, surrealismo e sciamanismo"), apparso sulla New York Review of Science Fiction nel 1999. Fu prima di conoscere Roberto (anche se forse lo avevo già incontrato per caso un paio di volte), quindi non è stato lui ad avermi influenzato, o infettato!Una delle principali ispirazioni del mio primo romanzo, The Embedding (Riflusso, Editrice Nord) che parla di un'indagine scientifica sulla natura del linguaggio vista dagli esseri umani e da alieni in visita sulla terra, fu l'opera del surrealista francese Raymond Roussel. Nel 1932 Roussel pubblicò una lunga poesia "embedded", Nouvelles Impressions d’Afrique ("Nuove impressioni sull'Africa"). Le frasi erano innestate una dentro l'altra come una matrioska. Questo modo di innestare le frasi è chiamato "embedding". Continuare a innestare un discorso nell'altro porta a un enorme sforzo per la mente che cerca di comprendere la frase completa. Roussel pensava che sarebbe stato possibile costruire una macchina capace di leggere la sua poesia, costituita da una tavola circolare con due piani; la poesia sarebbe stata scritta sul piano fisso sottostante. Buchi nel piano superiore, ruotando, avrebbero esposto le parti nascoste del testo, sciogliendo la sintassi "embedded". In questo modo la poesia avrebbe potuto finalmente essere letta, anche se forse in modo ancora più confuso che sulla carta!La poesia di Roussel mi ha dato il primo spunto per trovare una struttura fantascientifica per affrontare le teorie linguistiche di Chomsky e la domanda su fino a che punto il linguaggio rappresenti la realtà. Secondo Chomsky, a un livello molto profondo acquisito come parte dell'evoluzione, tutti gli esseri umani condividono una "grammatica generale". I modelli del linguaggio quindi riflettono, su un qualche livello profondo, la realtà fisica obiettiva? Il linguaggio è profondamente metaforico, in modo nascosto. Le parole quasi sempre sono metafore nascoste che sono diventate simboli arbitrari degli oggetti che descrivono.Roussel è stato uno dei grandi eccentrici di questo secolo. Ha ereditato una vasta fortuna e l'ha utilizzata per soddisfare i propri capricci. Una volta è salpato per l'India, sul suo yacht personale, con un equipaggio al completo. Durante l'intera traversata è rimasto chiuso in cabina a scrivere. Finalmente, un giorno, il capitano gli ha comunicato "Abbiamo avvistato le coste dell'India". Roussel è uscito sul ponte e ha fissato per un po' quella macchia sfumata e lontana all'orizzonte. Poi ha dichiarato "Ecco, ora ho visto l'India". E ha ordinato all'equipaggio di invertire immediatamente la rotta e di tornare a Marsiglia. In realtà la parola capricci è inadeguata. Nonostante il pubblico ludibrio di cui le sue commedie e altre opere erano oggetto - messe in scena e pubblicate a sue spese - Roussel era convinto di essere un vero genio. Anelava alla gloria letteraria, e le dava la caccia con strategie che potrebbero essere classificate come scientifiche, piuttosto che artistiche. Un brano di narrativa era un gioco con regole precise. Prendeva una frase da un poema o da una filastrocca per bambini, e ne trasformava il significato, anche se il suono delle parole restava quasi lo stesso. Così la frase “Napoléon, premier empereur” (Napoleone, il primo imperatore) diventava “Nappe, olé, ombre, miettes, hampe, air, heure”, in altre parole una tovaglia, un grido di esultanza, ombra, briciole, un palo, aria e un'ora. Il risultato sono ballerini spagnoli su un tavolo talmente illuminato che anche le briciole hanno l'ombra, più un orologio alimentato a vento. Roussel poi si dedicò a inventare un tipo di narrativa che legasse questi elementi in modo soddisfacente e immaginativo, e molti altri elementi prodotti con lo stesso sistema. I frammenti iniziali di informazione dovevano essere meno correlati possibile, e nessun evento, per quanto strano potesse sembrare a prima vista, doveva essere privo di una collocazione logica nel risultato narrativo finale.Dal punto di vista creativo, questo metodo assomiglia un po’ a quello che ho utilizzato per scrivere un gran numero di miei racconti, e perfino romanzi: mettere insieme fatti, teorie, situazioni e immagini che, a prima vista, sembrano totalmente scollegati l’una dall’altra. “Ciò che per le altre persone è una coincidenza” ha detto una volta un certo critico letterario, “Ian Watson la considera una connessione.”