Conosciuto per caso Luca Granzotto alla Fiera del Libro di Torino, avevo scoperto che era l’autore del romanzo Il metallo degli dei, che avevo preso da qualche tempo e avevo lasciato in fondo al mucchio dei volumi di cui dubitavo avrei mai letto. Ho scoperto che Luca era un “vero” appassionato di fantascienza, che gli piace moltissimo scrivere, pieno di entusiasmo e di propositi per il futuro gli proposi un’intervista, fatta però dopo aver letto il suo libro.

Una domanda classica per conoscerti meglio: puoi dirci “chi è” Luca Granzotto. Dove è nato, studi fatti, dove vive, cosa fa oltre che scrivere?

Sono nato a Torino, nel 1968, da una famiglia che ha radici in diversi posti dell’Italia. Ho una laurea in ingegneria chimica e una specializzazione in metallurgia, che non è una cosa molto comune (se pensi che l’ingegnere metallurgico più famoso da noi è Natasha Stefanenko!). Con un bagaglio di studi del genere non è difficile immaginare dove possa essere finito a vivere. Acciaio, ferro e prodotti siderurgici sono termini che descrivono bene una sola realtà industriale italiana: Brescia, con le sue acciaierie praticamente a ogni angolo di strada (si fa per dire...). Dieci anni nell’acciaio, fino al ruolo di responsabile di produzione, e poi il passaggio a una multinazionale americana, che si occupa di servizi per le realtà siderurgiche: questa, in estrema sintesi, è la mia cosiddetta carriera. Sono sposato con Daniela, anche lei torinese, e da circa tre anni stiamo vivendo insieme un’esperienza emozionante, grazie al piccolo (e incontenibile) Edoardo.

La fantascienza è stata una lettura giovanile oppure l’hai scoperta più tardi?

A costo di apparire “leggero” ti dirò la verità. So che siamo i discendenti di Dante e Manzoni ma, per me, la lettura da comodino è soltanto quella di pura evasione! Santo cielo! Ho già dovuto leggere tanta di quella roba complicata nella mia vita che, quando apro un libro, tutto ciò che chiedo all’autore è: "Ehi, amico! Ho voglia di evadere. Portami via, fammi viaggiare nel tuo universo immaginario. Raccontami di mondi fantastici, di creature spaventose, di realtà incredibili!"Ergo, la fantascienza è sempre stata al primo posto nelle mie letture, ma ho sempre gradito anche il fantasy e l’horror. Ho cominciato a dieci anni con i gialli Mondadori per ragazzi (alzi la mano chi ricorda gli Hardy Boys?) e, da allora, non ho mai smesso.Credo che la spiegazione dei miei gusti, per così dire “limitati”, risieda nel fatto che sono rimasto un bambino. Adoro le fiabe, le storie mozzafiato che mi costringevano a leggere con la torcia nascosta sotto le lenzuola per non farmi beccare dai miei. Soprattutto, adoro le sensazioni che sanno comunicarti e che, spesso, sono molto più profonde e reali di tanti malloppi esistenzialisti, idolatrati dalla critica. Te l’ho detto: sono rimasto un bambino. Probabilmente rimarrò tale anche a ottant’anni (se ci arrivo). Ma, soprattutto, non me ne sono mai vergognato.

E quali sono i tuoi autori preferiti?

Tolkien, Margareth Weis e Tracy Hickmann, ma anche Marion Zimmer Bradley e Terry Brooks, logicamente nel fantasy. Edgar Allan Poe (il vero capostipite di tutti i visionari) e H.P. Lovecraft per l’horror classico; fra i contemporanei ho letto molto Clive Barker, anche se ritengo che il migliore in assoluto sia Stephen King, una capacità descrittiva veramente “terrificante”. Nella fantascienza ho sempre pescato in un numero ristretto di autori: Anderson, Bradbury, Herbert e Dick.Ma il vero genio, l’unico che, a mio parere, abbia saputo coniugare alla perfezione il concetto più puro di sf, come vera Science più vera Fiction, è Isaac Asimov. Penso di aver letto tutta la sua produzione, o quasi, almeno due volte. Certi libri anche di più. E’ il punto di riferimento assoluto per chiunque desideri avvicinare la letteratura di fantascienza (perché, con lui, si parla concretamente di letteratura). Credo di interpretare il pensiero di molti, quando ti dico che non rimpiangerò mai abbastanza la sua scomparsa, prima che concludesse il ciclo della Fondazione. Chissà cosa si sarebbe inventato per stupirci ancora, dopo mezzo secolo d’onorata carriera!Ah! Non dimentichiamo gli italiani, Evangelisti e Buticchi su tutti.

Quali sono i tuoi hobby, il passatempo preferito, insomma come passi il tuo tempo libero?

Non credo di inventare nulla dicendo che lavoro e famiglia, al giorno d’oggi, lasciano pochissimo tempo libero. Prima della nascita di mio figlio ero un centauro (della domenica). Kawasaki e lago di Garda erano un binomio irrinunciabile da marzo a ottobre. Mi è sempre piaciuto sciare e viaggiare. Ma con i figli cambiano le priorità e non esiste più nulla di irrinunciabile. A maggior ragione (e qui scatenerò l’invidia di molti, ma non so che farci...) quando te ne ritrovi uno come il mio che, bontà sua, dorme come un orso in letargo. E visto che non ho trovato nessuno che volesse permutare un sidecar, la quattro cilindri giapponese si è volatilizzata in un poco fantasioso “vendesi causa inutilizzo”, per essere sostituita da una più mansueta city bike, con il seggiolino posteriore e il cestino per la spesa. Gli sci sono rimasti in soffitta a riempirsi di polvere e i viaggi si sono accorciati. Da parecchio tempo, ormai, ogni secondo che mi avanza lo dedico alla scrittura. Quindi, oltre a scrivere, nel tempo libero faccio il padre! Ma ti assicuro che mi diverto lo stesso.

Come e quando hai sentito la necessità di scrivere, che avevi qualcosa da raccontare?

Parliamoci chiaro. Scrivere è una cosa che sta passando di moda, se già non l’ha fatto.Conosco gente che l’ultima cosa che ha scritto in vita sua è stato il tema d’italiano alla maturità. Difficilmente il lavoro ti porta a scrivere qualcosa di diverso da un “La presente per sollecitarvi che” e “certi di un vostro sollecito riscontro, eccetera, eccetera”. Roba impersonale, senza spirito, che ha la sua fragile spina dorsale nelle inossidabili parole, più eterne di una formula magica, che qualcuno ci ha insegnato a usare quando si contesta una fornitura o si richiede un’offerta per un pezzo di ricambio.