– Un tedesco?
– Vagamente. Per quattordici anni è stato nelle SS. E per sei di quegli anni fu medico nel campo di Auschwitz.
– Sta facendo penitenza nella Casa della Speranza e Misericordia?
– Sì – disse Castle, – e sta facendo grandi passi avanti, salvando vite a destra e a manca.
– Buon per lui.
– Sì. Se continua con questo ritmo, lavorando giorno e notte, il numero delle persone che avrà salvato pareggerà il numero delle persone che ha lasciato morire… nell’anno tremila e dieci.
L’atteggiamento di diffidenza nei confronti dell’uomo si estende necessariamente anche alle sue opere, generando per esempio il già discusso sentimento di ambivalenza nei confronti della scienza. Emblematico a questo riguardo il brano di Ghiaccio-nove che segue, pronunciato da un altro personaggio minore, tale Lyman Enders Knowles, un vecchietto di colore mezzo pazzo, incaricato di portare su e giù l’ascensore in un impianto di ricerca che ha visto, tra i suoi impiegati, il dottor Felix Hoenniker, padre della bomba atomica e inventore del ghiaccio-nove, l’arma di distruzione definitiva.
“Questo è un laboratorio di ri-cerca. Ri-cercare vuol dire cercare di nuovo? Vuol dire che stanno cercando qualcosa che avevano trovato una volta e che poi è scappata, in un modo o in un altro, e adesso devono ri-cercarla? Perché dovevano costruire un palazzo come questo […] e riempirlo di tutti questi matti? Cos’è che cercano di trovare di nuovo? E chi l’ha perduto?”
Domande che, in un mondo senza senso, acquistano una profondità illuminante. Almeno quanto le trame sconclusionate dei libri di fantascienza scritti da Kilgore Trout, che fa capolino tra le pagine di Mattatoio n. 5 insieme ad altri personaggi tipici vonnegutiani (come, per esempio, Howard W. Campbell junior, un americano convertito al nazismo che s’industria a reclutare uomini per un’unità militare tedesca chiamata Corpo Americani Liberi ). “Kilgore Trout era ed è uno scrittore di fantascienza, naturalmente. […] Trout
Kilgore Trout, visto da Vonnegut.
Kilgore Trout, visto da Vonnegut.
vive in un seminterrato […]. Lui stesso non ha idea di quanti romanzi può aver scritto: forse settantacinque. Nessuno di essi gli ha fatto guadagnare qualcosa. Così Trout sbarca il lunario occupandosi della diffusione della “Ilium Gazette”: dirige i ragazzi che consegnano il giornale, tiranneggia e lusinga e imbroglia dei bambini”
. Uno dei libri di scarso successo di Trout, pubblicati in una collana di tascabili a basso prezzo, ha una trama che vale la pena menzionare.
Tra parentesi, Trout aveva scritto un libro su un albero che faceva i soldi. Aveva come foglie dei biglietti da venti dollari. I fiori erano titoli di stato. I suoi frutti erano diamanti. Attirava gli esseri umani, che si ammazzavano tra loro intorno alle sue radici e così diventavano un ottimo fertilizzante.
Così va la vita.
 ;;;;;;;;Vogliamo concludere questo sommario campionamento di brani con uno dei pezzi più rappresentativi dell’intera opera di questo autore unico. L’ultimo capitolo di Mattatoio n. 5, comincia così:
Due sere fa hanno sparato a Robert Kennedy, la cui residenza estiva si trova a dodici chilometri dalla casa dove io vivo tutto l’anno. È morto ieri notte. Così va la vita.
Un mese fa hanno sparato a Martin Luther King. È morto anche lui. Così va la vita.
E ogni giorno il governo del mio paese mi comunica il numero dei cadaveri prodotti dalla scienza militare nel Vietnam. Così va la vita.
Mio padre è morto già da molti anni, di morte naturale. Così va la vita. Era un uomo dolce. Era anche un fanatico di armi. Mi ha lasciato le sue armi. Si stanno arrugginendo.
Per questo e per tutto il resto, Dio la benedica, Signor Vonnegut!

Le sirene di Titano: nessuna pietà per gli innocenti

Vonnegut pubblicò il suo primo romanzo, Player Piano, nel 1952, dopodiché lasciò il suo impiego alle relazioni pubbliche della General Electric per trasferirsi a Cape Cod. Come lui stesso afferma nella preziosa prefazione all’ultima edizione italiana di The Sirens of Titan , dovevano passare sette anni prima che pubblicasse un altro romanzo. Le ragioni di questa pausa furono di ordine tecnologico. “Mi aspettavo di guadagnarmi comodamente da vivere per il resto dei miei giorni come scrittore di fiction strapagato da riviste floridissime, ma la televisione rubò la pubblicità ai periodici, che colarono a picco quasi subito. Così, per mantenere la famiglia, mi toccò di accettare lavoretti di ogni genere, e non riuscii ad accumulare il capitale necessario per la stesura di un altro romanzo” .Poi, un giorno, a un cocktail party di Manhattan, incontrò un editore di tascabili che gli chiese cosa stesse preparando, e Vonnegut improvvisò una serie di idee che lo colpirono. Tornato a casa, cominciò a lavorare al libro che sarebbe diventato Le sirene di Titano, in cui per la prima volta compare un elemento comune a molti suoi lavori: il pianeta Tralfamadore e la sua singolare civiltà. L’invenzione di Tralfamadore risale in realtà all’infanzia di Vonnegut e, a conti fatti, viene sviluppata in maniera ancora acerba in questo romanzo, riuscendo comunque a preannunciare quella grandiosità trasfigurativa che connoterà i tralfamadoriani in Mattatoio n. 5.Il libro si apre con una citazione e un avviso che vale la pena riprodurre in questa sede. La citazione dice:
Ogni ora che passa avvicina il sistema solare di quarantatremila miglia all’ammasso globulare M 13 di Ercole…
E ci sono ancora dei frustrati che insistono che il progresso non esiste.
L’avviso recita:
Tutte le persone, i luoghi e i fatti descritti in questo libro sono veri. Certi discorsi e certi pensieri sono necessariamente invenzioni dell’autore. Nessun nome è stato cambiato per proteggere gli innocenti, poiché a proteggere gli innocenti ci pensa Dio Onnipotente nel corso del Suo celeste tran-tran.

La citazione è di Ransom K. Fern, uno dei personaggi del libro, presidente della Magnum Opus, una società creata per gestire gli interessi finanziari di Malachi Constant, l’uomo più ricco d’America. Il libro è ambientato in un futuro imprecisato, nell’Età dell’Incubo, che risale approssimativamente al periodo tra la Seconda Guerra Mondiale e la Terza Grande Depressione, quando l’uomo non aveva ancora trovato il significato della vita e uomini e donne “non sapevano nominare neppure uno dei cinquantatré portali dell’anima”.Malachi Constant è un uomo fortunato, vale tre miliardi di dollari (in gran parte ereditati dal padre, a seguito di fortunate speculazioni in borsa) e suole ripetere il suo motto, che è: “Mi sa che lassù qualcuno mi ama”. Un giorno Constant viene invitato ad assistere a uno di quei fenomeni capaci di far presa con maggior forza sull’immaginario comune: la

materializzazione di Winston Niles Rumfoord e di Kazak, il suo fedele e aggressivo mastino. Rumfoord è stato uno dei pionieri dell’Era Spaziale, un borghese di Newport che si è lanciato nell’avventura interplanetaria con entusiasmo, salvo poi incappare nel cuore di un “infundibolo cronosinclastico non registrato sulle carte, a due giorni di viaggio da Marte”. Come spiegato nell’Enciclopedia per i ragazzi di meraviglie e cose da fare, che insieme alla Storia tascabile di Marte dello stesso Rumfoord rappresenta una delle principali fonti del racconto, un infundibolo cronosinclastico è un passaggio dimensionale.