Ironico, brillante, artefice di immagini scanzonate, personaggi memorabili e battute dissacranti, Kurt Vonnegut era forse l'intellettuale più lucido e rispettato partorito da un genere solitamente bistrattato come la fantascienza. Lui delle sue origini non si era mai vergognato, si schermiva dietro il suo classico sorriso sotto i baffi e scriveva: “Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi, quello che ci fanno gli equivoci tremendi, gli errori, gli incidenti e le catastrofi. Voi siete i soli abbastanza stupidi per tormentarvi al pensiero del tempo e delle distanze senza limiti, dei misteri imperituri, del fatto che stiamo decidendo proprio in questa epoca se il viaggio spaziale del prossimo miliardo di anni o giù di lì sarà il Paradiso o l'Inferno” (Dio la benedica, Signor Rosewater - 1965).

Socialista, pacifista, sempre in prima linea nel criticare la politica

imperialista del suo Paese, il suo sentimento di profondo e viscerale rigetto della guerra (di ogni guerra) nasceva da un dramma vissuto in prima persona. Catturato nelle Ardenne nel corso della Seconda guerra mondiale, lui - tedesco americano di quarta generazione - era stato imprigionato dai tedeschi in un campo di prigionia alle porte di Dresda. Quando la notte del 13 febbraio 1945 gli alleati sferrarono sulla «Firenze dell’Elba» una temibile quanto inutile offensiva aerea che causò la morte di 135mila persone, insieme ad altri prigionieri Vonnegut trovò riparo in un deposito di carne sotterraneo che si chiamava Schlachthof-fünf, il Mattatoio n. 5 che 21 anni dopo avrebbe immortalato nel titolo del suo capolavoro. Il romanzo fonde con piglio postmoderno satira, fantascienza e denuncia civile, seguendo le gesta di Billy Pilgrim: un americano medio bizzarro e un po' svagato che “ogni tanto, senza alcuna ragione apparente, si metteva a piangere”, che d'un tratto scopre l'innata capacità di muoversi avanti e indietro nel tempo rivivendo così gli istanti salienti della sua vita, dalla prigionia in Germania al bombardamento di Dresda, fino ai suoi ultimi giorni di vita e oltre, al di là dei confini del sistema solare, sul pianeta Tralfamadore, da dove vengono i dischi volanti che lo fanno prigioniero una seconda volta, per esibirlo alla loro gente insieme a una stella del cinema porno in uno zoo dotato di tutti i comfort.

Fantascienza e filosofia si intrecciano indissolubilmente nell'opera di Vonnegut, come dimostrano anche Le sirene di Titano (1959), Madre Notte (1961), l'apocalittico Ghiaccio-nove (1963) o Cronosisma (1997, il suo ultimo romanzo), andando a comporre un corpus assolutamente unico nella storia della letteratura dello scorso secolo. Un insegnamento, il suo, che comunque si è propagato nel tempo, fruttandogli una nutrita schiera di ammiratori, da Gore Vidal al compianto padre della Guida galattica per autostoppisti Douglas Adams. Per un certo tempo, prima di essere persuaso a desistere, Philip Jose Farmer si firmò addirittura Kilgore Trout come lo strampalato scrittore pulp di fantascienza immaginato da Vonnegut e ripreso in diverse sue opere. In suo onore nel 1993 è stato battezzato l'asteroide 25399 Vonnegut. Vonnegut è stato anche uno dei più severi critici dell'amministrazione Bush, che non esitava a definire composta da "personalità psicopatiche", con tanto di prove scientifiche alla mano. Eppure, malgrado la sua ispirazione politica, l'11 novembre 2002 - in occasione del suo ottantesimo compleanno - Michael Bloomberg, sindaco della Grande Mela, aveva istituito a New York la Giornata di Kurt Vonnegut, Jr. Vonnegut era stato anche nominato "artista dello Stato di New York" per l'anno 2001-2002.

L'alienazione indotta dal capitale, la progressiva disumanizzazione

dell'uomo operata dal mercato e dai suoi idoli effimeri, l'uso distorto della scienza e della tecnologia erano i temi ricorrenti dei suoi romanzi, molti dei quali trasposti anche al cinema. Anche dopo aver abbandonato la narrativa nel 1997, Vonnegut non aveva mai perso occasione per dire le cose che andavano dette, in un attivismo che lo ha visto impegnato fino all'ultimo momento, perché il motore della storia è mosso dalla follia umana e guai ad abbassare la guardia. Dal 10 aprile scorso sul suo sito internet campeggia l'immagine di una gabbietta vuota e con la porta aperta (un riferimento al romanzo Jailbird, titolo originale di Un pezzo da galera), con la scritta: "Kurt Vonnegut, Jr. 1922-2007". Goodbye Blue Monday. Goodbye, Mister Vonnegut!