Mattatoio n. 5: danza obbligata con la morte
Un tedesco americano di quarta generazione, oggi residente in mezzo agli agi di Cape Cod (dov’è fin troppo schiavo dei vizi del fumo), ebbe modo di assistere, molto tempo fa, come soldato di fanteria hors de combat, prigioniero di guerra, al bombardamento di Dresda, in Germania, «la Firenze dell’Elba», e di sopravvivere per narrarne la storia. Questo è un romanzo scritto un po’ nello stile telegrafico e schizofrenico in uso sul pianeta Tralfamadore, da dove vengono i dischi volanti. Pace.
Dio mi conceda
la serenità di accettare
le cose che non posso cambiare,
il coraggio
di cambiare quelle che posso
e la saggezza
di comprendere sempre
la differenza.
Sono sufficienti queste poche righe per condensare il succo di uno dei romanzi più importanti non solo della fantascienza ma di tutta la letteratura del secolo scorso? Ovviamente no. Basti dire, ricorrendo a un’espressione inflazionata per sopramercato, che questo è un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di nessuno, tanto dell’appassionato di genere quanto del lettore tout-court. Perché con quest’opera Vonnegut riesce a tracciare un capolavoro sublime di poesia e immaginazione e, mescolando la più grande tragedia del Novecento con invenzioni fantasiose ed esilaranti, fornisce uno spaccato quanto mai fedele di quella tragicommedia chiamata vita.
Proprio in virtù delle sue già menzionate finalità (ovvero concentrare l’attenzione del lettore sui temi che stanno veramente a cuore allo scrittore), Vonnegut riduce la trama a un filo esilissimo. Deliberatamente, annuncia l’incipit e il finale nel primo capitolo, quasi a voler sgombrare il campo dall’impaccio della tensione narrativa, della suspense su cui dopotutto si regge ogni opera di fiction. Si beffa delle convenzioni e risolve la narrazione in una galassia di frammenti. Sta al lettore muoversi in questo panorama, trovare i punti di riferimento, orientarsi verso la soluzione che è, come sempre in Vonnegut, la rivelazione finale di un’assenza di significato.
Questa struttura frammentaria si regge in magico equilibrio grazie a un ritmo scanzonato,
Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli.
E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c’è da dire su un massacro, cose come “puu-tii-uiit?”











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