Non fa sconti Cosimo Argentina, così come Sumatra, l’antieroe del suo nuovo romanzo Screampunk, edito da Delos Digital. Scrittore e autore di opere teatrali, Argentina rientra in quella categoria di scrittori che o vi piacciono o non vi piacciono, ma una cosa non gli si può contestare: quella di essere vero e di parlare a viso aperto.
Nato a Taranto, ma residente in Brianza, Cosimo Argentina ha all’attivo numerosi romanzi di genere vario e saggi. Ha esordito con il romanzo Il cadetto (Marsilio 1999) che, riscritto nel 2017, è stato ripubblicato da Terrarossa col titolo Il cadetto redux. Tra i titoli più noti Bar Blu Seves (Marsilio 2002), Cuore di cuoio (Sironi 2004, Fandango 2010), Viaggiatori a sangue caldo (Avagliano 2005), Maschio adulto solitario (Manni 2008), Vicolo dell’acciaio (Fandango 2010 e Hacca 2022), Per sempre carnivori (Minimum fax 2013), Dall’inferno (Minimum fax 2022). Nell’ambito della fantascienza ha pubblicato la Trilogia della Torre (Le tre resurrezioni di Sisifo Re; Saul Kiruna, requiem per un detective e Donne contra demoni) (CN edizioni 2024).
Inoltre nel 2025 ha pubblicato con World S.F. Magazine il racconto Memento stellae e con Robot il racconto L’Altrove. È presente in una trentina di raccolte di racconti fra cui Il Male (Granta – Rizzoli 2014).
Con Screampunk ha dato vita a un nuovo movimento letterario e su questo suo ultimo lavoro lo abbiamo fatto cantare, perché di cose scomode non ne dice poche…
Sei uno scrittore eclettico, nel senso che riesci tranquillamente e con originalità a navigare tra i vari generi della narrativa contemporanea e hai già scritto di fantascienza con alcuni racconti e con la “Trilogia della Torre”, formata dai romanzi Le tre resurrezioni di Sisifo Re, Saul Kiruna, requiem per un detective e Donne contra demoni. Cosa ti affascina della fantascienza e quali sono i tuoi autori preferiti?
Sai, credo che l’eclettismo derivi dal fatto che se uno ama scrivere in teoria potrebbe scrivere di e su ogni cosa. Sono sempre stato un amante della fantascienza, ma come appassionato. Non mi ero mai cimentato nella narrazione. Poi è arrivato Sisifo e mi sono reso conto che la fantascienza è un terreno praticamente illimitato. I miei autori preferiti sono i grandi vecchi leoni, Philip K. Dick, Richard Matheson, Bill Gibson, Douglas Adams… ma ci sono anche autori che hanno scritto romanzi ascrivibili alla fantascienza, anche se non propriamente detta: George Orwell, Cormac McCarthy, Edgar Allan Poe, Coetzee, alcuni racconti di Kafka, Bill Burroughs, Primo Levi, Lansdale e altri.
La genesi di Screampunk è stata un po’ “strana”, nel senso che tu avevi consegnato a Delos Digital un romanzo di fantascienza e, poi, in circa due mesi hai scritto Screampunk, sottoponendolo a Silvio Sosio come il romanzo da prendere in considerazione per la pubblicazione. Ci racconti un po’ come è nata l’idea della storia? Che a questo punto sembra essere stata una folgorazione…
Mentre si lavorava all’editing del romanzo in questione, leggevo molta fantascienza italiana e straniera. A un certo punto mi sono alzato dalla sedia e ho detto basta. Mi è montato un urlo, un urlo di rabbia perché come lettore venivo blandito da scritture ben confezionate, ma senza nerbo. Esasperato da romanzi tutti uguali, timidi, tecnicamente perfetti, frutto di ricerche nei vari campi, esecuzioni pulite, ma che non mi toglievano il respiro come quando leggo Faulkner o Dick. E allora ho scritto Screampunk. Era come dire: affanculo tutto e tutti. Era come ribadire che è possibile fare qualcosa di nuovo, diverso, qualcosa che si reggesse sull’emozione e non sulla consultazione di saggi, cataloghi o altri libri. Era urlare perdio mettiamo da parte la timidezza e scriviamo come la gente interpreterebbe la vita balorda che vive tutti i giorni. Il romanzo è venuto quasi da sé.
Il personaggio principale è Sumatra, che è a tutti gli effetti un balordo, un piccolo criminale, in lotta con tutto e tutti a cui sembra non fregare niente di niente, ma poi… Ci racconti, senza spoilerare, chi è il protagonista di Screampunk?
Sumatra non vorrei mai incontrarlo. Non vorrei mai che mia figlia si fidanzasse con Gualtiero Sumatra. Stupra, chiama le donne “le fessurate”, ruba da bere ai senzatetto, è passato da molte prigioni di Stato, sottrae soldi a un vecchio, è cinico e bastardo. Però… però ha anche una visione cristallina delle ipocrisie che governano questo sporco mondo. Al di là delle appartenenze politiche Sumatra è un prodotto del popolo ed è anche una sorta di eletto. Sumatra è il compendio di quanto di peggio e di quanto di più onesto possa partorire questa terra.
Ciò che risalta immediatamente agli occhi, e direi anche alla mente e alla pancia del lettore, è l’uso del linguaggio in Screampunk, che è sfacciatamente volgare, sguaiato, duro e cruento, ma anche ricco di un umorismo dissacrante. Perché questa scelta, certamente inusuale e direi anche molto originale?
Il romanzo è nato così. Il narratore ha solo un dio: la storia. Se il narratore è un narratore puro si piega solo davanti alla storia che vuole raccontare. Non ci sono santi: né lettori, né critici, né madri o padri o figli… non deve rispettare nessuno se non quello che sta scrivendo. Il linguaggio è vicino alla gente che amo e con cui sono cresciuto (e che aveva in senso dell’umorismo dissacrante e una volgarità oltre ogni limite) e che frequento ancora oggi che mi sono trasferito in Lombardia: commesse, muratori, venditori di pezzi di auto demolite, donne delle pulizie, scaricatori di bancali di tranci di tonno a Cermenate, ex tossici che campano grazie a compagne lavoratrici, carrozzieri. Purtroppo loro non leggeranno mai un libro, ma se prendessero in mano una copia di Screampunk direbbero cazzo, finalmente!
Il tuo sembra anche un personale modo di ribellarsi a certa letteratura mainstream italiana, di “urlare” che un altro tipo di narrativa diversa è possibile, più vicina alla vita vera e per dirla con Gramsci, una letteratura realmente popolare e vicina al popolo. È così?
La fantascienza è snob. L’ho scoperto frequentandola. Questo è un male perché qualunque scrittore anela vedersi letto da migliaia milioni di lettori. Il mainstream sta diventando uguale tranne forse il thriller, l’ultimo romanzo popolare. E poi questi brodini scritti per diventare sceneggiature. E queste uscite a mitraglia… centinaia di libri che escono ogni giorno. Si prende per il culo il lettore spacciando per grande, favoloso, stupefacente romanzo qualcosa di mediocre. Sì, questa situazione mi fa incazzare e Screampunk è un mio modo per dirlo evitando così di sfasciare le vetrine di una libreria e andare in galera.
Il romanzo sembra reggersi sul contrasto tra il personaggio principale, che proviene dal 2035, e la società distopica del 2095, in cui Sumatra si ritrova suo malgrado. La mia domanda è: è più marcio dentro Sumatra o la società che immagini nel 2095?
Sumatra è marcio ma non ipocrita, la società che citi è una finzione continua, come del resto la nostra società. Mentre il mondo letteralmente brucia, noi continuiamo a guardare Uomini & donne e la Ruota della fortuna. Nel 2095, se ne facciano una ragione i solarpunk, ci saranno ugualmente quelli sopra e quelli sottomessi, il gioco delle parti è quello.
Molta della tua narrativa è ambientata a Taranto e in Screampunk si cita la città pugliese. Se è facile per un tarantino doc come te scrivere della città, quanto è stato difficile immaginare una Taranto del futuro? E come la immagini, al di là del tuo romanzo, nel 2095?
Taranto è il mio scenario prediletto, ma in Screampunk c’è poco, solo un accenno all’acciaieria. Viceversa nelle Tre resurrezioni di Sisifo Re c’è Taranto e anche in Saul Kiruna il finale si svolge a Taranto. E in Donne contra demoni uguale. Taranto è già nel 2095 sumatriano, anzi è nella Zona Escura del romanzo. È una città distopica, ucronica, disalberata dalla realtà nazionale. Sono cinquant’anni che muore eppure è sempre lì. Se c’è un difetto della mia città è che dopo ventinove secoli di storia è ancora all’acchito, come se tutto debba cominciare… domani.
Il titolo del tuo romanzo, come abbiamo già detto più volte, è Screampunk. Che cosa significa, al di là del significato letterale? È un nuovo genere narrativo che intendi proporre? Di una cosa, però, siamo certi: il romanzo è certamente molto punk…
Punk significa teppista, spazzatura, cosa da poco. Shakespeare è uno dei primi a usare il termine in una ballata e nelle Allegre comari di Windsor. Il suo personaggio usa il termine punk con l’accezione di prostituta (per inciso, il personaggio in questione si chiama Pistol). Ho voluto restituire al termine il giusto significato. E, sì… forse è un nuovo sottogenere perché non mi risulta che ne esista uno simile, né in Italia né all’estero. Andrebbe pubblicizzata, sta cosa, visto che copiamo spesso dagli Stati Uniti e per una volta li abbiamo anticipati. Come genere narrativo si regge sull’idea di rivoluzionare la scrittura e le tematiche letterarie. Nella musica è accaduto, nell’arte visiva, nei grafic novel, nella scultura… la fantascienza invece resta al palo. Il focus di questo movimento letterario è: toglietevi di mezzo, lasciatemi urlare, bestemmiare, straparlare perché sono stanco di voi e, per dirla alla Daniele, “oggi voglio parlare”.
Non posso non chiederti se stai pensando a un seguito? Personalmente ne sarei molto contento…
Non amo replicare. Anche quando una cosa ha funzionato e Screampunk dal mio punto di vista ha funzionato. Però è anche vero che questo per me è anche una specie di punto di non ritorno, sicché magari verrà fuori una storia in questo stile, ma con ogni probabilità Sumatra si ferma qui.
Grazie per le domande. Erano quelle che andavano fatte.












1 commenti
Aggiungi un commentoHo preso il romanzo a Stranimondi.
Al momento non l'ho ancora iniziato.
Ma ho memoria del personaggio di Mino Palata di "Vicolo dell'acciaio" ... che pur non essendo un romanzo di fantascienza ... in quella Taranto di morti di acciaieria in "turni di prima linea", dei neppure tanto lontani sottofondi urlati e punk li possedeva.
Gualtiero Sumatra fa un po' rima con quel Palata ... che fu personaggio totalmente calato in un disincanto esistenziale senza alcun credo in possibili redenzioni.
Forse un po' troppo "volutamente" perdente a dispetto di una corposa filosofia esistenziale da vicoli cancerosi ma forse un po' troppo circoscritta a questi e da questi.
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