Posto che siamo riusciti a farci un’idea almeno abbastanza nebulosa di ciò che è adesso questo mostro virtuale, un’unica cosa forse abbiamo davvero capito: esistono ora svariati condomini isolati in cui è possibile socializzare e fornire il proprio contributo all’abbellimento e alla caratterizzazione del caseggiato; ognuno può esprimere se stesso all’interno del sito e può farlo su più siti utilizzando, però, diversi account. Così Microsoft, che ha fallito la scalata a Yahoo!, prova adesso a coinvolgere il concorrente in un gioco nuovo, in modo che possa dare il via a forme di aggregazione geniali e temibili per chi ha costantemente paura di un mondo in formato Orwell_like: Microsoft - e probabilmente non solo lei - vuole abbattere le barriere tra le varie comunità Web 2.0 così da semplificare il dialogo tra gli utenti, così da ottenere un dividendo vantaggioso e sicuro a livello pubblicitario.

A cosa ci potrà portare tutto ciò, ora che dovremmo aver abbastanza chiaro lo scenario presente?

A patto che un tale sviluppo degli eventi (abbattimento delle frontiere interne al Web 2.0) si avveri fino in fondo, si può immaginare successivamente una sorta di rivolta da parte di alcuni utenti e la fuoriuscita dal consorzio di alcune entità organizzative, così da costituire nuove figure associative virtual_sociali, così da dipartire e differenziarsi dall’immenso cartello virtuale creatosi riuscendo soltanto, però, a confermarlo – alla stregua del satanismo che rafforza il cristianesimo.

Non riesco a credere che tutti gli utenti e i gestori del nuovo Web 2.0 si uniformeranno a lungo a questa globalizzazione, fosse anche per un mero motivo economico: potrebbe valere la pena, quindi, creare un mercato diverso da quello globalizzato e portarsi appresso un nugolo di utenti in odor di alternativo. Rapidamente, più mondi alternativi creerebbero un vasto sottobosco simile a quello che le etichette indipendenti del mondo musicale pop e rock hanno rappresentato - e rappresentano tuttora - per le major discografiche mondiali: non una spina nel fianco, bensì una conferma del modello economico imperante, capace di generare nuove forme di aggregazione e poi di successiva divisione, che generano un’iperbole di traffici che di fatto non cambia nulla (l’affinché nulla cambi, tutto deve cambiare di gattopardiana memoria). Quindi, siamo probabilmente in presenza di una sorta di esportazione dell’iperliberismo anche nel metamondo virtuale, laddove fenomeni commerciali travestiti da socializzazione, divertimento e cultura (Second Life, per esempio) cercano già da tempo di addentare famelicamente larghe fette di mercato, a mo’ di squalo: intendiamoci, non voglio demonizzare SL a priori - su cui peraltro ho già esposto i miei dubbi semantici nel recente passato - che magari risulta utile e divertente così come le occorrenze del Web 2.0, certo è che tramite il divertimento e la leggerezza si perpetuano stili di vita che nella vita cosiddetta reale portano a fenomeni critici che è difficile intravedere ancora adesso. Parlo dell’aggressiva e inumana logica economica che sovrasta quella umana, che si rifletterà automaticamente sulle prossime generazioni, non importa se queste vivranno la loro vita nello spazio siderale o in quello virtuale.