Ary allontanò il pensiero con irritazione e fissò più attentamente la piccola radura che ora si apriva davanti a lui, come scavata nel fitto della foresta. C'era un Condotto del Cibo, al centro di quella piazzola. Glielo diceva il suo istinto. La colonnina metallica era ancora invisibile e forse non sarebbe emersa per settimane. Ma era là. Lo sapeva. E averla individuata era già importante. I suoi contenitori erano quasi vuoti.

Impugnò meglio il laser e si spostò di qualche metro lungo il bordo della radura. Con cautela. Badando bene di non uscire dalla protezione degli alberi e del fitto sottobosco. I sensori della sua tuta vibravano sommessamente. Per l'Assaltatore, il loro fruscio era una continua trasmissione di dati. Qualche metro alle sue spalle, uno Scivolatore stava strisciando tra i rami bassi di un albero. Alla sua destra, qualcosa dal sangue freddo era acquattato tra le felci ed emetteva a intervalli regolari un forte odore di richiamo (Ary lo battezzò Puzzola). Gli insetti erano dovunque, ossessivi.

Continuò a esaminare con attenzione i dintorni della radura, finché il computer della tuta emise un segnale più forte. S'immobilizzò. Voltò la testa verso il punto indicato, per inquadrarlo nel collimatore. Sul visore del casco apparve la sigla H. Poi, dopo pochi istanti, una I. La segnalazione significava che dall'altra parte della radura, nel fitto della vegetazione, si nascondeva un essere dotato d'intelligenza.

Ary non aveva bisogno di chiedersi cosa facesse. Sapeva che l'altro (chissà che forma aveva, questa volta?) stava semplicemente aspettando che il Condotto del Cibo emergesse dall'erba. Proprio come lui. Questo significava che, quando la colonnina metallica fosse comparsa, avrebbe dovuto uccidere.

Controllò attentamente che nei dintorni non ci fosse qualche altro HI. Poi sistemò a terra una spia automatica che avrebbe tenuto sotto controllo la radura e si ritirò lentamente, facendosi largo nell'intricato sottobosco con passo silenzioso. Si era accampato a qualche centinaio di metri di distanza. Raggiunse il luogo in poco tempo. Attivò i rivelatori che delimitavano la zona di prudenza. Si liberò dello zaino, sedette poggiando la schiena contro la slitta anti-g aperta per la notte. Si concesse finalmente un po' di riposo e qualche grammo di gelatina.

Si sentiva stanco di quella spossatezza che nasce dentro e sale nelle ossa senza pietà. Stanco dell'aria che respirava. Della terra che calpestava. Del laser che gli pesava sulle braccia come una bambola metallica. Forse, stanco di se stesso. Era sempre stato abituato alla solitudine. Ma da quando aveva perso Julian (ormai erano tre settimane) aveva scoperto un'angoscia nuova, mai provata prima. La sensazione d'essere dannato. L'ultimo in un deserto. Solo e maledetto, solo e per sempre. Più che dimenticato. Più che sepolto. Come se la mente di un Dio lo avesse condannato alla cancellazione, senza però concedergli l'eutanasia. Naturalmente era paranoia. Ma la consapevolezza dell'assurdità di quelle sensazioni non lo aiutava a sopportarle meglio. Erano come una malattia incurabile che lo rodeva dentro, aprendogli varchi nell'anima. Poteva solo osservarne il corso e chiedersi per quanto tempo ancora avrebbe potuto resisterle.

Si sforzò di allontanare il pensiero. Eccezionalmente si concesse qualche grammo di gelatina supplementare, spremendolo dall'ultimo contenitore pieno che gli rimaneva. Poi poggiò il laser sulle ginocchia e chiuse gli occhi. La foresta mormorava intorno a lui con il brusio di un mondo vigliacco, eternamente nascosto e in agguato. Il grido improvviso di una Scimmia. Il fruscio di un cespuglio. Il ronzare sordo degli insetti. Ogni tanto, i sensori della tuta emettevano un debole segnale per avvertire che qualcosa era entrato nella zona di prudenza. E quel mormorio sommesso (si sorprese a pensare), sembrava integrarsi perfettamente con i rumori oscuri della boscaglia. Naturalmente era un'idea ridicola. Il suo sofisticato equipaggiamento di Assaltatore non aveva nulla da spartire con la selvaggia primordialità di una foresta vergine. Era piuttosto parte di lui. Come il laser e la slitta anti-g. Tutti residui di un mondo alla deriva (ecco che tornava il nodo di angoscia). E qualche volta avrebbe voluto poter gridare a qualcuno quel pensiero. Avrebbe voluto poter sfogare la colpa d'essere diventato un relitto vagante.