Pensiamo poi al nuovo pubblico con gli anni Sessanta, fatto soprattutto di studenti e giovani, e in cui irrompono le donne, che porta nella fantascienza le preoccupazioni legate ai movimenti sociali di quegli anni (con cui si confrontano anche scrittori di generazioni precedenti come Heinlein), che sostiene la "nuova ondata" che fa centro sulla rivista inglese New Worlds, e che porta all'affermazione di nuovi autori (mentre alla fantascienza dedicano un'attenzione autori "postmoderni" come Donald Barthelme e Thomas Pynchon, e Kurt Vonnegut per primo "sfonda" nel mondo letterario "ufficiale"). Una storia, questa della SF recente, forse più nota, che in questa sede possiamo trattare più rapidamente. Cominciando col successo di Dune di Frank Herbert (parallelamente a quello di Tolkien), è il romanzo che progressivamente diventa centrale, anche se, nel racconto, nuova linfa viene anche dal diffondersi delle antologie di racconti inediti (come la serie Orbit di Damon Knight e le Dangerous Visions di Harlan Ellison). L'altro sintomo dell'attenzione privilegiata per la SF da parte di una generazione che in massa arriva all'università è il nascere di una critica "accademica", a cui si dedicano riviste speicalizzate, in America Extrapolation (dal 1959) e Science-Fiction Studies (dal 1973), e in Inghilterra Foundation (dal 1972).

Pensiamo, dopo Guerre stellari, all'entrata nel mondo dei blockbuster, dei monopoli della distribuzione e delle catene di librerie. Ma anche della tenace sopravvivenza della SF nelle riviste, nelle collane specializzate e nella piccola editoria. Se esiste una produzione francamente industriale e stereotipata di SF che sembra monopolizzare il mercato (quella degli spin-off cinematografici e televisivi o legati a videogiochi, quella di tanti cicli o della fantascienza "militare"), autori dalle ambizioni letterarie notevoli come William Gibson e Pat Cadigan (nel cyberpunk), o anche come Kim Stanley Robinson e Octavia E. Butler continuano, negli anni Ottanta e Novanta, a trovare un loro pubblico importante; e riviste come Asimov's e Fantasy & Science Fiction in America e Interzone in Inghilterra, puntando sulla qualità dei racconti, mantengono una loro nicchia rilevante, insieme a una produzione "media" che continua a proporre romanzi e racconti interessanti, che fa ben sperare nonostante la generale crisi della lettura nell'ultimo decennio.

Un problema, dunque, è capire dove comincia e dove finisce la fantascienza. Perché le origini sono tante, come tante sono le definizioni. E anche Hugo Gernsback nel suo editoriale per il primo numero di Amazing Stories (aprile 1926) presentava una definizione vaga, che si apriva al contatto sia con la letteratura alta che con l'orrore soprannaturale: "Per scientifiction intendo storie alla Jules Verne, H. G. Wells e Edgar Allan Poe: avventura affascinante mescolata con fatti scientifici e visione profetica". In seguito, John W. Campbell e Robert Heinlein tenteranno definizioni più "laiche", meno legate all'elemento "profetico" nel richiamo al "metodo scientifico". Più rigorosamente, negli anni Settanta critici come Darko Suvin e Samuel Delany porranno l'accento sul mondo costruito intorno al "novum", l'elemento diverso da quello del mondo "reale" intorno a cui ruota la storia. Al loro fianco, una pletora di tentativi di comprendere una tematica sempre sfuggente.