Pensiero Stocastico

di Roberto Quaglia

quaglia@fantascienza.com

Speriamo che

la fine del mondo si sbrighi

Secondo Robert Sheckley, per troppo tempo ormai Roberto Quaglia non è stato famoso. Secondo Ugo Malaguti, è un genio. Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte.

L'umanità, tipicamente, si divide sempre in due. Stavolta diciamo che l'umanità si divide fra coloro che credono che la fine del mondo è vicina, e coloro che tale cosa non credono. Anche quelli che credono che la fine del mondo è vicina si dividono in due: quelli che sono giunti a tale credenza in seguito a ragionamenti articolati, e quelli che ci credono perché l'ha detto qualcuno che ha autorità su di loro, qualcuno come la Bibbia, Nostradamus o il proprio scienziato televisivo di fiducia.

In effetti, la fine del mondo che conosciamo noi è inevitabile. La società umana è un sistema dinamico. Un sistema che cambia e che nel tempo si trasforma. Un sistema dinamico che negli ultimi secoli ha palesato una velocità di trasformazione sempre crescente, secondo il modello della reazione a catena. Una trasformazione che alimenta se stessa, sortendo un effetto di progressiva e inarrestabile accelerazione. Questo procedimento è esattamente quello che succede a una bomba che venga innestata: la reazione a catena che ne consegue può terminare soltanto con l'inevitabile scoppio.

Quando un dotto umano vi imbonisce con orgoglio circa il fatto che la quantità delle invenzioni tecniche degli ultimi vent'anni supera quella di tutta la precedente storia dell'umanità, egli non fa che confermare quanto io abbia appena espresso: l'evoluzione della specie umana è diventata un fenomeno esplosivo. Quindi la domanda che s'impone non è tanto se alla fine ci sarà il botto oppure no, bensì quando ci sarà. Quanto manca ancora ai fuochi d'artificio?

Chissà perché, la gente ha paura della fine del mondo. Cosa c'è che non va nella fine del mondo? Forse l'idea della fine del mondo da fastidio per il fatto che probabilmente si muore? E cosa c'è di strano nel fatto che si muoia? Qualsiasi essere umano degno di tal nome sa che il suo contatto d'esistenza, stipulato con il cosmo all'atto di nascere, è a termine. E allora? E' meglio morire da soli o assieme a tutti gli altri? Ma... c'è differenza, per chi muore? E forse per questo che ad alcuni piace credere che la fine del mondo rappresenti invece l'inizio di una nuova vita per chi sarà eletto?

Cerchiamo comunque di evitare di impantanarci subito nella metafisica e vediamo di tornare con i piedi per terra. Qual è lo stato delle cose più evidente, oggi, nel mondo? Lo stato delle cose più evidente è che meno del 10% dell'umanità sta consumando più del 90% di quello che viene prodotto nel mondo. Questa forbice si allarga di anno in anno, dato che la popolazione dei paesi che devono accontentarsi del 10% delle risorse cresce esponenzialmente, mentre rimane stabile la popolazione dei paesi che si scoppiano il 90% di tutto. La situazione è resa più buffa dal fatto che le risorse consumate dal 10% dell'umanità vengono in gran parte prodotte ­ direttamente o indirettamente - dall'altro 90%. Questo 90% di umanità diseredata lavora (quando gli va bene) per un tozzo di pane nelle fabbriche delle multinazionali al solo scopo di produrre l'agio dei paesi ricchi. E tutte le materie prime che occorrono per questa colossale produzione di agio per il 10% dell'umanità ricca vengono ovviamente ricavate dalle risorse naturali dei paesi poveri. Fin qui, non ho detto niente di nuovo, nulla che non sia perfettamente conosciuto a chi abbia anche solo un attimino riflettuto in termini oggettivi sullo stato delle cose nel mondo oggi. E' una banalissima storia di colossale sfruttamento. Da sempre al mondo c'è qualcuno abile a sfruttare bene l'esistenza ed il lavoro di altri. Senza entrare nel merito morale se ciò sia giusto o ingiusto, una sola cosa è certa: niente di nuovo sotto il sole. Diciamo che mai nella storia del mondo è esistito un tale squilibrio fra differenti parti dell'umanità: mentre il 90% degli uomini e delle donne ogni giorno si pone il problema di come garantirsi il cibo nell'immediato futuro, l'altro 10% si pone al massimo il problema di cambiare la propria automobile, e al minimo il problema su cosa guardare alla sera in tivù.

Nonostante il 90% dell'umanità non consumi quasi niente, l'umanità si sta precipitando a capofitto in un'era di straordinaria emergenza ecologica. Stiamo riscaldando la nostra atmosfera, e NULLA fermerà l'effetto serra. Già soltanto le conseguenze dell'effetto serra saranno apocalittiche, ma dato che questa catastrofe si scatenerà probabilmente dopo la nostra morte, amiamo infischiarcene. Stiamo esaurendo le risorse naturali: prima o poi i giacimenti non avranno più da fornirci quanto ci occorre, dal petrolio ai metalli. Stiamo radendo al suolo i polmoni del pianeta, le grandi foreste pluviali; il futuro prossimo dell'umanità è senza legno e con sempre meno ossigeno. Stiamo sterminando tutti i mammiferi di cui non ci nutriamo (a parte gli astuti gatti e cani, che sopravvivono prostituendosi con l'umanità, ed i geniali topi di fogna, l'unico mammifero capace di tenere testa all'essere umano). Lo scenario che il futuro ci prospetta è maestoso. Un po' disagevole, forse, eppure maestoso. Può l'apocalisse non essere maestosa?

Questo mirabile risultato sarà soprattutto merito di quel 10% dell'umanità di cui abbiamo già parlato. Nord America ed Europa, tanto per intenderci.

Esistono delle soluzioni, all'ordine di problemi cui abbiamo accennato?

La soluzione suggerita ed auspicata dal 10% ricco dell'umanità è quella di esportare il proprio modello in tutto il mondo.

Cioè incoraggiare lo sviluppo dei paesi del terzo mondo. Rendere più ricco quel 90% dell'umanità che oggi si accontenta di riuscire a sopravvivere. Trasformare i poveri e gli sfruttati in consumatori e sfruttatori. Eh già, la ricchezza non è qualcosa che si inventi con la bacchetta magica. Qualcuno deve pur lavorare, da qualche parte, per rendere ricco qualcun altro da qualche altra parte. E allora, chi si potrà sfruttare, quando tutta l'umanità sarà ricca come il Nord America e l'Europa? Chi fornirà le materie prime e la manodopera a basso costo? Ma soprattutto, la domanda che molti evitano di porsi è: cosa succederebbe all'ecosistema se il modello di vita consumistico occidentale diventasse la norma per tutto il mondo? E facile mettere becco nelle faccende interne cinesi pretendendo di imporre loro come comportarsi in materia di diritti umani. Ma cosa accadrebbe se tutti i cinesi acquisissero davvero lo stile ed il tenore di vita degli euroamericani? Quale sarebbe l'impatto sulle riserve di petrolio e sull'atmosfera di un miliardo e mezzo di automobili in più in circolazione, sul buco dell'ozono di un miliardo e mezzo di frigoriferi in più, eccetera, eccetera, eccetera? Qualsiasi imbecille dovrebbe essere benissimo in grado di capire che un simile scenario sarebbe probabilmente letale a breve termine per la sopravvivenza della specie umana, e comunque immediatamente un disastro per il benessere dell'attuale 10% ricco dell'umanità. E allora qual è l'atteggiamento del 10% ricco dell'umanità nei confronti ad esempio della Cina? L'atteggiamento è quello di esportare in Cina (ma il discorso vale per tutto il mondo) il modello di vita consumistico alla base della ricchezza del 10% dell'umanità. Nei supermercati di Pechino, le multinazionali dei cosmetici truccano gratuitamente le donne cinesi, dato che fra le donne cinesi non è sentito il bisogno di acquistare cosmetici. Esportare il modello di vita consumistico significa infatti essenzialmente esportare bisogni. Ora, non ci vuole molto a capire che una persona è contenta se riesce a soddisfare quelli che considera i propri bisogni. A fornire a qualcuno nuovi bisogni materiali non gli si fa un favore. Una persona è povera solo quando si sente povera. In molti paesi, almeno fino a poco tempo fa, alla gente bastava avere da mangiare per non sentirsi povera. Adesso le multinazionali (cioè noi) stanno spiegando (con la televisione e in mille altri modi) a miliardi di persone che sono povere se non bevono coca cola, se non fumano tabacco della Virginia, se non vestono abiti firmati, se non passano le giornate in automobile, se non hanno in casa un videoregistratore per vedersi i bei film pornografici. Tuttavia non è questo il punto. Il fatto è che esportando nuovi bisogni materiali in tutto il mondo, il 10% ricco del mondo non fa neppure un gran favore a se stesso. Innanzitutto perché i popoli economicamente poveri, investiti da nuovi bisogni materiali indotti, e quindi psicologicamente sempre più poveri, saranno nel tempo sempre meno disponibili a lasciare sfruttare la propria manodopera a basso costo e le proprie risorse naturali. In secondo luogo perché quando il modello consumistico attecchisse come si deve ed iniziasse a generare autentica ricchezza (ammesso che ciò fosse possibile), consentendo anche ai paesi attualmente poveri di consumare come quelli attualmente ricchi, l'umanità precipiterebbe verso la catastrofe ecologica finale con decuplicata rapidità. (e non è che già ora essa non ci si stia avvicinando con sufficiente velocità!)

Il modello economico occidentale è fondato sul mito della crescita continua. Se il PIL cresce tutto va bene. Se il PIL diminuisce incominciano i disastri. In genere, tutto il mondo ha adottato questo modello. Infatti, il PIL cresce quasi sempre ovunque. L'aspetto delirante di questo modello è la presunzione che il PIL possa crescere indefinitamente. L'aspetto idiota di questo modello è che l'aumento del PIL, in sostanza, è una misura di quanta energia venga convertita in calore, ovvero di quante risorse naturali vengano consumate, ovvero di quanto si stia accelerando la nostra rincorsa della catastrofe inevitabile. Se il PIL del mondo fosse infatti costante, vorrebbe dire che ci avviciniamo alla catastrofe inevitabile con velocità costante. In realtà il PIL cresce, il che significa che ci avviciniamo alla catastrofe con velocità crescente. Come si è detto prima, si tratta di un'esplosione, cioè di un fenomeno che si sviluppa secondo una curva esponenziale. Più ci avviciniamo alla catastrofe, più acceleriamo la nostra rincorsa. L'aspetto grottesco di questo stato delle cose è che ci comportiamo così sapendo benissimo quale sarà la conseguenza. Cercando di favorire lo sviluppo dei paesi emergenti, al puro scopo di creare nuovi mercati di consumatori, i paesi ricchi pongono in realtà le basi per la fine della propria ricchezza a breve termine, e per la collettiva catastrofe finale immediatamente dopo.

Tutto si può dire del nostro momento storico attuale, tranne che si tratti di un'epoca poco affascinante.

C'è qualcosa di epico in questa straordinaria sfida dell'umanità intera a tutti gli equilibri dell'ecosistema! Nulla del futuro è certo, tranne una cosa: ormai, spontaneamente, non si torna indietro.

Qualche timido coscienzioso inizia allora a parlare di sviluppo sostenibile, alludendo ad una politica che ambisca a rallentare il processo esplosivo nel quale l'umanità è intenta, ma si tratta di un diafano palliativo, una sorta di accanimento terapeutico con il solo scopo di rallentare l'esito inevitabile. Oggi non esiste uno sviluppo che sia sostenibile! Le bombe non si disinnescano quando hanno già iniziato a scoppiare. L'unico ipotetico modo che l'umanità avrebbe di evitare la catastrofe sarebbe di invertire il processo in atto. Il che assomiglia più alla magia che alla realtà. Un po' come invertire il processo di aumento dell'entropia. Tanto per iniziare si dovrebbe iniziare perseguire, in tutti i paesi del mondo, un costante abbassamento del PIL. I governi dovrebbero approntare politiche di recessione programmata. Immaginate la FIAT che si impegni a ridurre del 5% annuo la produzione di auto nei prossimi vent'anni, con il pieno consenso degli azionisti, degli operai e dei sindacati. Fantascienza? Dipende da che idea avete della fantascienza. Quanto espresso è semplicemente impossibile, quindi si tratterebbe di brutta fantascienza. Semplicemente tutto, nel modo di essere degli individui e dell'umanità, si oppone ad un'inversione del processo che ci sta conducendo alla catastrofe. Quindi ha poco senso soffermarsi a fantasticare sull'impossibile, presumendo di poter evitare l'inevitabile, concentrando tutti i nostri sforzi al fine di fare di necessità virtù.

Assodato che la catastrofe è inevitabile, allora tanto vale sperare che accada il prima possibile. Non tanto perché un momento sia migliore di un altro, bensì piuttosto perché a questo punto sarebbe davvero un peccato non esserci. La maggior parte di noi ha una certa riluttanza a morire, anche perché i rami evolutivi che non l'avevano si sono evidentemente estinti. Tale riluttanza, tuttavia, non elimina la morte. In sé, la morte è ben poca cose, se pur è qualcosa. In effetti, la morte non è nemmeno qualcosa, ma solo il nome che diamo ad uno dei confini che delimitano la nostra esistenza. A dispetto del fatto che la morte in sé non esiste, e che noi si sia tutti riluttanti a morire, tuttavia prima o poi pare proprio si debba morire. Non so per voi, ma a me l'idea di morire infastidisce più che altro perché a tal modo non saprò mai come andrà a finire. Ma come! L'umanità si evolve per milioni di anni dai primati, poi d'un tratto accelera fino a produrre le note mirabilie di questi ultimi secoli, scopre che questo universo contiene cento miliardi di miliardi di stelle e che magari non è neppure l'unico universo, comprende che in milioni di altri pianeti deve essersi per forza evoluta qualche altra incredibile forma di vita extraterrestre, inizia appena l'esplorazione del cosmo, e già tu ti ritrovi d'un tratto abbastanza vecchio da capire che da un momento all'altro puoi smettere di esserci e che così non saprai come andrà a finire. Oggi come oggi, ti tocca morire sapendo di ignorare tutto su un universo ampio almeno 15 miliardi di anni luce tutto pieno di un sacco di roba interessante che non hai visto. Questo è inevitabile. Ma ti tocca anche morire sapendo di ignorare tutto su quello che l'umanità farà ed inventerà in futuro. Questo, invece, è forse evitabile. Ma bisogna essere ancora vivi il giorno della catastrofe.

Questi discorsi ti hanno depresso? Vuol dire che ti eri illuso di essere immortale. Non preoccuparti. Succede a tutti, di quando in quando. E' una sorta di allucinazione utile. Come quando vai allo stadio e ti sembra che abbia senso che ventidue imbecilli diano calci ad un pallone. Oppure quando credi che un amore sia eterno. Allucinazioni utili. Nondimeno - mai dimenticarlo! - allucinazioni.

E poi non è detto che l'inevitabile catastrofe che l'umanità sta meticolosamente preparando sia un evento in sé inutile. Perché, altrimenti, l'umanità la starebbe preparando? Non si può davvero credere che l'umanità sia più stupida delle persone che la compongono. D'accordo, d'accordo, la maggioranza degli individui sono dei veri e propri imbecilli, ma qualche tipo intelligente qua e là si trova. E l'umanità non può davvero essere più scema delle parti che la compongono. Così come anche voi, con tutta la vostra cattiva volontà, non riuscirete mai ad essere scemo come uno dei globuli rossi che è parte di voi e che nel vostro sangue svolge diligentemente le sue semplici, utili, ma stupide funzioni. E allora, qual è la finalità segreta dell'umanità, che la spinge a ricercare con tanta fretta la catastrofe sempre più inevitabile? Se voi foste l'umanità, al volante dell'auto della specie, sull'autostrada dell'evoluzione, e vedeste un muro di mattoni al posto del casello autostradale, perché mai accelerereste? Non ditemi che la specie non ha visto il muro. Lo vedo io, lo vedete voi, come fa la specie a non vederlo? Di fronte al muro, oggi, l'umanità accelera. E più il muro si avvicina, più il piede affonda sull'acceleratore. Perché? Ricordo un bel racconto di Dürrenmatt, letto più di 20 anni fa. Un treno entra in una galleria. Ad alcuni passeggeri ciò pare strano; non ricordavano una galleria su quella tratta. Per gli altri tutto è normale. Passa il tempo, e della galleria non si vede la fine. Ma il treno inizia ad procedere in discesa, aumentando velocità. Tutto normale per alcuni. Altri iniziano a preoccuparsi. La galleria è interminabile. La discesa diventa progressivamente più ripida, fino a quando, solo alla fine del racconto tutti si rendono conto che il treno sta precipitando a velocità supersonica verso... dove?.

Perché l'umanità accelera di fronte al muro che certamente vede?

Colpiremo il muro. Su questo non debbono esserci dubbi. Tutte le analisi e ragionamenti che possiamo sviluppare ci dicono che davanti a noi c'è un muro e che noi stiamo accelerando. Quando colpiremo il muro, le possibilità sono soltanto due: o ci spiaccichiamo, oppure buchiamo il muro e passiamo dall'altra parte.

La prima eventualità è chiara.

Ma cosa significa la seconda?

Quando parlavo di catastrofe, non intendevo parlare di disgrazia. La catastrofe è un ben definito fenomeno naturale. Un sistema dinamico può raggiungere una condizione critica, che lo distrugge, oppure che lo trasforma in qualcos'altro (concetto noto come self organizing criticality). Quando un grosso meteorite colpì la terra, 60 milioni di anni fa, il 99% delle specie viventi (fra le quali i dinosauri) si estinse. Fu una catastrofe della vita. I morituri ci rimisero, ma la vita ci guadagnò. La vita si riconfigurò secondo modalità più complesse ed efficienti di prima, ed iniziò l'era dei mammiferi, che oggi culmina con l'essere umano. In natura, le catastrofi sono evolutive. Esse, in effetti, sono parte integrante del processo di evoluzione. Si può in generale asserire che l'evoluzione è impensabile senza catastrofi. E questo, se ci pensate, vale anche, nel nostro piccolo, per le nostre vite individuali: nella vita di ognuno di noi, a permetterci di evolverci sono le nostre piccole catastrofe personali. Una catastrofe che ci colpisce può annientarci oppure rafforzarci, se sappiamo superarla. La catastrofi sono a tutti i livelli il motore e il cardine dell'evoluzione.

E adesso l'umanità sta confezionando con cura la propria grandiosa catastrofe. Non c'è modo di arrestare il processo. Migliaia di libri di fantascienza e dintorni hanno fantasticato circa la nascita del superuomo, ovvero l'evoluzione della specie umana, ma lo hanno fatto quasi sempre a sproposito, senza partire da una catastrofe iniziale. Per conto mio è impensabile un balzo evolutivo senza una grande catastrofe che la inneschi. D'altra parte, ritengo improbabile che una grande catastrofe dell'umanità non generi un balzo evolutivo. La specie umana evidentemente la pensa come me, ed in vista della catastrofe accelera, per giungere il prima possibile e con la massima potenza d'urto all'appuntamento con il muro del destino. Sia come sia, sarà il momento più importante della storia dell'umanità. E dato che ormai manca poco, sarebbe davvero un peccato non esserci, per vedere come va a finire. Il rischio è che tale privilegio non tocchi che ai nostri nipoti o bisnipoti. Tuttavia credo che con un po' di buona volontà si possano anticipare i tempi. E, a guardarsi intorno, pare proprio che a tale riguardo di buona volontà l'umanità ce ne stia mettendo parecchia. O la va o la spacca. E comunque, anche se la spacca, consoliamoci. Il balzo evolutivo ci sarà ugualmente. Ma a compierlo saranno gli insetti. Oppure, chissà, il silicio.