Se non è il film più atteso dell'anno forse ci va molto vicino.

Stiamo parlando di Rogue One – A Star Wars Story. Snoccioliamo qualche dato tecnico.

Diretto da Gareth Edwards (Godzilla) e prodotto da Kathleen Kennedy, il film ha nel suo cast Felicity Jones nel ruolo della ribelle Jyn Erso, Diego Luna in quello del capitano Cassian Andor, Ben Mendelsohn è il cattivo Orson Krennic, Donnie Yen il guerriero cieco Chirrut Imwe, Jiang Wenli nel ruolo di Baze Malbus compagno guerriero di Chirrut che va in giro con un pesante cannone a ripetizione, Alan Tudyk interpreta grazie alla motion capture il droide K-2S0, Forest Whitaker ricopre il ruolo di Saw Gerrera (fino ad ora visto solo nella serie cgi/animata della Guerra dei Cloni qui in versione reduce mutilato e disincantato), Riz Ahmed è il pilota ribelle Bodhi Rock, Mads Mikkelsen è Galen Erso, padre dell'eroina e James Earl Jones torna a prestare la sua voce a Darth Vader.

Una Nuova Speranza?
Una Nuova Speranza?

In fin dei conti, ammettiamolo, se ci siamo lasciati prendere dall'hype per questo film seguendo le tracce di ogni trailer e teaser negli scorsi mesi il motivo centrale era proprio risentire il respiro meccanico e la voce del vero grande personaggio di tutta la saga: Anakin/Darth. In attesa che Kylo Ren e/o Snoke mostrino più nerbo.

Tanto di cappello alla Kennedy e all'intero apparato produttivo per aver intuito quanto sia importante riportare al cinema non solo i vecchi fan della saga ma anche far riassaporare loro quello che in Episodio IV (chiamatelo Una nuova speranza o Guerre Stellari e basta, come più vi aggrada) e nella trilogia originale aveva affascinato all'epoca dell'uscita al cinema, ovvero la seconda parola del titolo della saga: Wars-Guerre. A distanza di un anno possiamo tranquillamente dire infatti che Episodio VII ha stuzzicato, incuriosito, irritato, deluso, ma sicuramente ha rimesso in pista il sogno.

Tuttavia il senso del gruppo di sparuti, idealisti ribelli lanciati a testa bassa contro un nemico troppo più grande di loro era assente (e giustificabile considerando che stiamo assistendo al risveglio sia della Forza che del Lato Oscuro).

Rogue One quantomeno ipotizza (non ci va di usare termini precisi come “promettere”) di farci tornare in quel mondo di ribellione, dove le astronavi e le uniformi sono meno scintillanti della prima trilogia e un po' più anni settanta rispetto a Episodio VII.

Ma torniamo a Episodio IV e al suo titolo Una nuova speranza. Anche nei trailer visti di Rogue One si parla di speranza, quella di sconfiggere la più grande arma dell'impero galattico, la Morte Nera. Il film quindi ci mostrerà l'impresa dei ribelli che forniranno i piani della stazione ovvero quel “qualcosa” che la principessa Leia inserisce in C1P8 (fateci passare l'utilizzo della traduzione del nome in italiano) all'inizio di Episodio IV, ovvero quegli schemi che porteranno a scoprire la presenza di un piccolo “bug” nella costruzione della stazione: il fatidico condotto dentro il quale Luke, guidato dalla Forza, lancerà il missile della riscossa. E a quanto pare scopriremo che questa svista nella costruzione è probabilmente stata introdotto dal creatore della morte nera: Galen Erso.

Proprio perché si tratta di un film inserito nel canone, ma collaterale rispetto agli eventi della saga, potrebbe concedere maggiore libertà a sceneggiatori e regista, magari con un approccio all'utilizzo della Forza meno “superpowerplay” come invece succede a Rey in Episodio VII e, perché no, magari con una evoluzione più in stile "Sporca Dozzina". Di sicuro l'intenzione è (ovviamente) quella di spremere la gallina dalle uova d'oro cercando di creare un legame tra vecchia e nuova trilogia che induca tutti ad affollare i cinema per gli anni a seguire. Le possibilità ci sono: il rapporto padre/figlia come sempre alla base delle storie di Star Wars, un pugno di persone che hanno la possibilità di capovolgere l'evoluzione della storia futura, la Forza contro il suo Lato Oscuro.

Quindi tutto bene, tutto perfetto?

Non possiamo nemmeno concederci un benevolo dubbio.

Certo che sì!

Non dimentichiamo che quello che andiamo a vedere è un film della Disney, e rientra appieno nelle politiche aziendali non solo di investimento ma anche di narrazione.

Dal 2005 la Disney è entrata nel periodo del cosiddetto "Revival", il primo film della serie è stato anche l'ultimo disegnato: La Principessa e il Ranocchio. Sono seguiti poi Rapunzel, Winnie The Pooh – Nuove Avventure, Ralph Spaccatutto, Frozen, Big Hero 6, Zootropolis e Oceania.

Se eccettuiamo Big Hero 6, ispirato ad un fumetto Marvel, e Winnie The Pooh che viene dalla letteratura per ragazzi, un solo film vede nel ruolo dell'eroe (a dir la verità un po' suonato e nato come cattivo di un videogioco) un maschio ed è Ralph Spaccatutto, tutti gli altri hanno come protagonista una ragazza (Il titolo di Oceania negli USA è il nome della protagonista: Moana ovviamente improponibile tale e quale qui in Italia). E se poi guardiamo al 2007, il manifesto (per così dire) della nuova narrazione Disney è tutto lì, nel film Come d'Incanto dove è la principessa a salvare il protagonista maschile nel finale. Come corollari, se volete, mettiamoci anche i due film di Alice, Cenerentola in versione Live Action e Maleficent.

E allora ammettiamolo: Rey e Jyn sono la versione Star Wars delle nuove principesse Disney.

Protagoniste empatiche, toste, femminili, risolute, indipendenti, capaci di affrontare pericoli, guidare ribellioni e allo stesso tempo non perdere la propria umanità insomma proprio il tipo di donna che ogni brava ragazza americana potrebbe diventare.

Peccato che tutto questo, almeno per ora, resti solo una narrazione perché (e lo sentiamo quotidianamente) anche negli stessi USA la condizione femminile è quella che è, i guadagni, anche per lavori strapagati o invidiabili come attrici e cantanti sono sempre inferiori a quelli dei loro colleghi di sesso maschile.

Ma l'audience di Star Wars non è (solo) quello dei film e cartoni Disney.

Questo concetto sarà chiaro ai produttori? Quelli stessi che palleggiano il remake di Black Hole perché “troppo dark”?

Quelli stessi che (si dice) abbiano una precisa temporizzazione per la comparsa di una gag che “allenti la tensione”.

Lo sappiamo, queste perplessità sono state già ampiamente manifestate quando Lucas ha venduto il suo universo a Disney, e sono le stesse che mugugnano i Marvel Zombie per film e serie ABC (consoliamoci con quelle Netflix!).

Anche se l'approccio Disney probabilmente non cambierà dall'oggi al domani tuttavia considerando l'investimento fatto nonché la possibilità di arrivare anche ad uno Star Wars 50 (urgh) il piano degli spin-off può essere una buona carta da giocare.

Quando l'anno scorso abbiamo sentito Han Solo pronunciare la frase: “Chewie, siamo a casa” ci siamo tuffati fiduciosi per rimanere di sicuro un po' spiazzati anche solo dall'ampio riecheggiare della trama di Episodio VII rispetto a Episodio IV e poi ci sono anche mancati tanti riferimenti che invece saranno presenti in Rogue One (i vecchi Stoormrtrooper, i camminatori e l'Impero Galattico con tutta la sua impressionante e inumana potenza). Ma, mi sento di dire, le sole strizzatine d'occhio, forse, non ci bastano più.

Che storia ci piacerebbe vedere?

Di sicuro una che ci emozioni, ci faccia parteggiare per i ribelli temendone la disfatta, che non mostri il tecnicismo della scrittura a tavolino sui tempi tensione-gag-tensione, dove la speranza sia anche guidata dal sacrificio di pochi per molti e quando parliamo di sacrificio parliamo proprio di morte.

Sia chiaro che non ci aspettiamo una mattanza in stile Mucchio Selvaggio, ma ci piacerebbe che si possa spiegare anche agli spettatori più giovani che la guerra è sangue e sudore e non solo evoluzioni acrobatiche e spade laser perché, forse ci illudiamo che Star Wars possa essere qualcosa di più di una saga fatta di blockbuster da vedere sgranocchiando pop corn. (Dopotutto Episodio III è pur sempre l'episodio in cui Anakin uccide tutti i padawan bambini anche se nessuno sembra farci caso).

Concludiamo con una dichiarazione di Kathleen Kennedy riguardo gli spin-off:

George Lucas è stato estremamente chiaro su come funziona la faccenda. Il canone che lui ha creato è la Saga di Star Wars. Episodio VII è chiaramente all'interno del canone. Gli spin-off esistono nello stesso universo e non c'è nessun tentativo di trasportare i personaggi degli spin-off nei film della saga. La roadmap di George riguardo la saga è estremamente ben definita.

E questo dovrebbe spegnere dunque le illazioni di qualche grado di parentela tra Jyn e Rey e di eventuali reincroci nei vari film.

A questo punto tutto quello che ci resta da fare è andare in sala per provare almeno una volta il familiare brivido sulla schiena quando risentiremo “quel respiro.”

E che la Forza sia con voi!