I Robot stanno prepotentemente entrando nella nostra vita. Sono oramai presenti in molti contesti del quotidiano, e non solo nelle attività lavorative. Robot sono quelli che ci puliscono la casa, mentre noi guardiamo comodamente la televisione; l'automobile che si guida da solo non è più un sogno, ma una tecnologia già in fase avanzata; tra non molto i frigoriferi faranno la spesa per noi e i semafori intelligenti elimineranno il problema del traffico, o quasi.

La velocità con cui la tecnologia si sta sviluppando nei settori della robotica e dell'intelligenza artificiale aumenta esponenzialmente di anno in anno e sta cambiando il nostro modo di essere e di vivere in molti settori: dall’istruzione all’agricoltura, dalle banche alla salute e perfino nella moda.

Una delle ultime attività umane che è stata “robotizzata” è quella della consegna di cibo a domicilio. Avete presente il ragazzo che oggi vi porta la pizza direttamente a casa? Bene, a Londra è roba superata. Just Eat, società specializzata in consegne di pasti a domicilio da ristoranti, e Starship Technologies, società di robotica creata dai fondatori di Skype, hanno creato un servizio di consegna a domicilio realizzata attraverso dei robot denominati “meccanoidi”.

Questi novelli fattorini hanno l'aspetto di un piccolo bidone bianco con sei ruote e un capiente bagagliaio per portare il cibo ancora caldo. I robot sono stati ampiamente testati, percorrendo in cinque mesi 8mila chilometri e fatto 400mila consegne fittizie. Fino a quando, ad un ignaro cliente è stata fatta la prima consegna.

Le parole d'ordine di questa rivoluzione in atto sono: Industria 4.0, Internet delle cose, Stampanti 3D, Cloud computing, Big Data, Droni. Sono solo alcune delle nuove tecnologie (hard, nel senso di macchine, o soft, nel senso di programmi) che hanno invaso la nostra vita.

Di fronte a questo scenario si formano sempre due schieramenti: gli apocalittici e gli integralisti, per usare la ben nota formula di Umberto Eco.

Una sintesi fra le due opposte fronde l'ha fornisce da qualche tempo uno dei più importanti scienziati del mondo: Stephen Hawking. Il noto astrofisico britannico ha più volte lanciato l'allarme di una possibile supremazia dell'intelligenza artificiale, spesso ripresa con enfasi dalla stampa mondiale.

Hawking ha lanciato l'allarme con concetti come questo: “L'intelligenza artificiale finirà per svilupparsi da sola e crescere a un ritmo sempre maggiore. Gli esseri umani, limitati dalla lentezza dell'evoluzione biologica, non potranno competere con le macchine e un giorno verranno soppiantati. I computer raddoppiano velocità e memoria ogni 18 mesi. Il rischio è che prendano il potere" (La Repubblica, 3 dicembre 2014).

In altri casi ha lodato l'opportunità offerta dalle macchine e dai software intelligenti, di cui lo stesso astrofisico beneficia a causa della grave patologia che lo affligge dagli anni sessanta e che negli anni ottanta gli ha causato la totale immobilità.

La via di mezzo, quella del buon senso, sembra la risposta più giusta tra chi vede nelle nuove tecnologie un futuro catastrofico e chi un futuro positivo. La parola d'ordine, in questo caso, è “human-friendly”. In pratica indirizzare lo sviluppo delle tecnologie e soprattutto dell'intelligenza artificiale per obiettivi posti dall'uomo, per migliorare l'uomo e l'ambiente in cui vive e secondo i valori dell'uomo.

Ci riusciremo? Alle nuove generazioni l'ardua sentenza, ma intanto leggere un po' di fantascienza sul tema non fa male…