MELANGE

Il melange, la Spezia, è ciò che rende il pianeta Arrakis unico nell’universo conosciuto. L’ecosistema peculiare del pianeta produce come prodotto di scarto dell’attività dei Vermi delle sabbie una spezia che conferisce enormi poteri: allunga la vita, conferisce potenzialità veridiche e soprattutto rende possibile i viaggi spaziali. Nella saga di Dune, Herbert non entra nei dettagli tecnici riguardo il modo in cui le astronavi viaggiano nello spazio. Quello che si riesce tuttavia a intuire è che i Navigatori della Gilda Spaziale, immersi letteralmente nel melange, riescono – grazie ai mentali conferiti dalla Spezia – a “indovinare” quali pieghe dello spazio-tempo imboccare per arrivare alla meta prevista. Un compito che sarebbe al di là delle capacità di qualsiasi normale essere umano, forse soltanto alla portata di un computer, ma che in una galassia svuotata dalle macchine pensanti si rivela irrealizzabile senza il potere del melange. Le astronavi, in sostanza, non viaggiano: entrano in una piega spazio-temporale ed emergono così in pochi istanti da un’altra parte dell’universo conosciuto.

Il paragone tra melange e petrolio risulta evidentissimo. Herbert scrive negli anni in cui la dipendenza dal petrolio arabo cominciava a creare seri problemi all’America e in generale all’Occidente: attento studioso della politica di quei paesi, lo scrittore pensò bene di applicare il complesso scenario geopolitico che ruota intorno al petrolio all’universo di Dune. Così, un pianeta abitato da straccioni, perlopiù inospitale, privo di qualsiasi reale attrattiva, diviene suo malgrado il centro di una lotta tra i più grandi poteri della galassia. Le case imperiali che desiderano monopolizzare il controllo della Spezia combattono tra loro, analogamente agli Stati che a lungo si sono disputati il controllo dei paesi-chiave della produzione petrolifera: il Regno Unito, la Francia, gli Stati Uniti. La Gilda Spaziale, che monopolizza i viaggi spaziali, fa d’altronde pressione affinché l’Impero aumenti sempre più l’estrazione del melange, minacciando altrimenti di bloccare i “passaggi” offerti da un punto all’altro della galassia. Lo stesso Bene Gesserit, senza il potere della spezia, non possiederebbe i poteri veridici che rendono la Sorellanza così essenziale per le Grandi Case, tra cui quella imperiale. In definitiva, il melange diventa, nell’opera di Herbert, la chiave il cui possesso esclusivo metterebbe in crisi il fragile sistema politico di un Impero feudale ed essenzialmente privo di un vero potere. Quando Paul assume il controllo assoluto di Dune, in quanto Imperatore, scardina quel vecchio sistema e ne costruisce uno nuovo, rivoluzionario ma allo stesso tempo autocratico.

 

LIBERO ARBITRIO

Nel corso dei tre romanzi successivi al primo Dune, Frank Herbert sviluppa una precisa riflessione sul concetto di libero arbitrio. Paul Muab’dib, divenuto Imperatore e Mahdi, si ritrova infatti di fronte l’ineluttabilità di un destino che sembra essere già stato scritto, che egli rifiuta, ma che non può fare a meno di accettare. Divenuto Imperatore seguendo il desiderio di vendetta nei confronti degli Harkonnen e secondariamente di quelle forze dell’Impero che hanno permesso la morte del padre e tengono l’intera galassia in ostaggio, Paul si scopre incapace a sua volta di fermare il folle meccanismo che egli stesso ha messo in atto. Egli vede il futuro, che si pone dinanzi come un sentiero, che nelle sue parole e in quelle del figlio Leto II sarà noto come “il Sentiero Dorato”: un percorso che unisce Paul e la sua discendenza al destino della razza umana. È “dorato” perché il fine ultimo consiste nella liberazione finale dell’umanità, salvata dall’autodistruzione e finalmente capace di “realizzare il proprio destino momento per momento”. Ma in realtà è un percorso segnato dal sangue di coloro che devono ineluttabilmente portarlo avanti, schiacciati dal peso della responsabilità di miliardi di vite: il jihad che Paul è costretto a scatenare per l’universo è solo la prima di una serie di tragedie che l’umanità deve patire per poter poi giungere alla liberazione finale. Il Sentiero Dorato simboleggia così la dualità contrastante tra fine e mezzi ma soprattutto la dualità tra determinismo e libero arbitrio: infatti il percorso che Leto II intraprende, spianato dal padre Paul, è predeterminato a tal punto che chi lo percorre ne conosce già ogni singola tappa; tuttavia l’obiettivo è proprio quello di liberare l’umanità dal determinismo, dalla gabbia costrittiva di un fato già scritto e impresso nel sangue di ogni singolo individuo.