Scacchi e fantascienza stanno bene insieme, storie come Incubo a 64 caselle (The 64-square madhouse, 1962) di Fritz Leiber o La variante dell'unicorno (The unicorn variation, 1982) di Roger Zelazny non si scordano tanto facilmente.
Anche Maico Morellini ha subito il fascino di questo antico gioco, il suo romanzo Il re nero, vincitore del Premio Urania 2010, ha diverse assonanze con La scacchiera (The squares of the city, 1965) di John Brunner.
Naturalmente le differenze non mancano: l'opera di Morellini è ambientata nel futuro, in una megalopoli tentacolare e oscura, mentre quella di Brunner in una più o meno odierna, per quanto immaginaria, capitale di una repubblica del Sud America, e poi la storia del maestro americano è modellata completamente su una partita di scacchi reale, ma entrambe raccontano una spietata lotta per il potere.
Polis Aemilia è l'incredibile città che ha fagocitato Bologna, Modena e Reggio Emilia, strisciando lungo l'antica via Emilia e trasformando profondamente il tranquillo pesaggio emiliano, una volta sdraiato fra i campi e sui prati.
Nell'acropoli boilognese la torre degli Asinelli è sovrastata dall'avveniristica torre Linneo, come la vecchia Modena è dominata da un Policlinico centro di una estesa rete di potere, mentre al posto di Reggio si estende una vasta necropoli; il mare di case della zona blu si stende come un tessuto connettivo, abitato da un proletariato cittadino affidato alle amorevoli attenzioni di valenti psicologi.
Razionalità e ideali classici hanno portato a edificare questa fantastica città stato, che si erge come un avamposto di civiltà in un mondo sempre più caotico e pericoloso: anche la Polis ha tuttavia un punto oscuro nel suo passato.
Anni prima i Dissonanti, umani potenziati con innesti sintetici, avevano precipitato la megalopoli in un turbine di terrore quando erano improvvisamente impazziti.
Ma prima di questi tragici eventi la scoperta degli innesti sintetici aveva già segnato la vita di Riccardo Mieli, giovane investigatore della Security Europea, sequestrato dai medici del Policlinico e utilizzato come sintetizzatore vivente delle preziose sostanze in grado di fermare i fenomeni di rigetto degli innesti.
Liberato dai Corpi Medici dopo la crisi dei Dissonanti, da quattro anni Mieli sta ancora faticosamente ricostruendo il proprio equilibrio mentale quando viene contatttato dall'avvocato dell'onorevole Mattia Raimondi.
Il politico è stato incarcerato con l'accusa di aver assassinato Helena Brahamovic, una prostituta con la quale aveva avuto un incontro poco prima dell'omicidio, ma afferma la propria innocenza e vorrebbe che Mieli indagasse per scagionarlo.
Le indagini prendono subito una piega complessa, l'autopsia della morta rivela particolari molto strani, altri omicidi e una esplosione notturna nell'acropoli sconvolgono la compassata tranquillità di Polis Aemilia.
Ben presto Mieli comprende di essere coinvolto in una partita a scacchi mortale, dove nessun pezzo è al sicuro e dove la posta in gioco è l'esistenza stessa di Polis Aemilia.
Lo scenario di questo romanzo è davvero inusuale, immaginare l'Emilia trasformata in una megalopoli avveniristica sia dal punto di vista tecnologico che da quello culturale non è facile, almeno per chi conosce bene le tranquille e provinciali città che si raccolgono attorno a una strada antica come l'uomo.
Il distacco tra gli ideali di perfezione della Polis, progettata a tavolino tenendo a mente la perfezione filosofica dell'antica Grecia, e la realtà di una natura umana comunque brutale costituisce uno dei punti di forza del romanzo.
Sullo sfondo maestoso costruito con perizia da Morellini si dipana una serrata storia noir, piena di enigmi, azione e colpi di scena, che non perde mai di coerenza e non lascia fili sospesi.
Buona la caratterizzazione dei personaggi principali, il tormentato Mieli e il suo misterioso avversario, mentre i comprimari sono meno dettagliati; volendo muovere una critica al romanzo devo dire che avrei preferito un liguaggio aemiliano un po' più differente da quello che parliamo adesso in questa macchia di verde, considerando che sono passati duecento anni dai nostri giorni.
Difetto da poco, specie considerando che Il re nero è la prima opera lunga di Morellini, un autore che farà ancora parlare di sé.
10 commenti
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A me devo dire non è dispiaciuto, sicuramente un pochino "manieristico" ma tant'è. Giustissima, IMO, la critica di Palomino, degli abitanti della città non riusciamo a scoprire nulla. Ben gestite secondo me le droghe, se continuano ad avere la crescita che hanno avuto negli ultimi 50 anni mi sembra abbastanza probabile un uso così diffuso tra un altro secolo o giù di lì. Certo che trovare farmaci di nome Tavor tra un secolo....
Finito questo romanzo ne ho iniziato un altro, ombre sulle stelle... mi domando perché sin dalle prime pagine quest'ultimo mi ha catturato e il re nero no, poi mi sono domandato perché ho trovato faticoso portare a compimento la lettura del romanzo di Morellini mentre la difficoltà con il libro di Hamilton è esattamente di segno opposto. Beh... intanto sembra che la sci-fi italiana non riesca a ideare storie che vadano al di là del nostro mondo asfittico (inteso come luogo chiuso interessato solo a se stesso) e che i protagonisti siano spessissimo investigatori/commissari et similia. Di per se questo non è un male ma la monotonia annoia e quando ho letto la recensione non ho potuto evitare di dirmi: " oddio un altro giallo travestito da fantascienza."
L'altra mia critica verte sul linguaggio discontinuo, Morellini ha delle capacità ma questa sua opera mostra ancora imperizia nell'uso degli espedienti narrativi. Inoltre troppe pagine sono inutili, alleggerendo di un centinaio di pagine il romanzo, lo si potrebbe rendere scorrevole, dinamico. Infatti, l'ultimo quarto della storia scorre molto meglio e "una pagina tira l'altra" fino alla cnclusione che tuttavia non ho apprezzato.
Il re nero merita la sufficienza ma insieme a molti altri, non un valido premio urania, dagli scrittori italiani mi aspetti di più e di meglio.
Vecchia storia quella della sf italiana. Il problema è che come evidenzia giustamente Paolocosmico l'ambiente tende a chiudersi su se stesso e su tematiche, quelle sociali interne, che non escono fuori dagli italici confini: in poche parole, gli autori italiani non riescono a scrivere opere capaci di spiccare il volo, di tirare in ballo temi universali. In alcuni casi - non è quello di Morellini - si assiste addirittura alla compilazione di tediosi trattati morali in cui chi scrive ci sottomette la propria visione politica come la Strada per eccellenza. E sull'aspetto del dibattito politico italiano che si trasferisce nella sf, delle opposte fazioni che si scontrano a colpi di biro o di tastiera, sarà meglio sorvolare per carità di patria. Poi c'è il problema della vendibilità dell'opera. Se in Italia non scrivi giallo o thriller, non pubblichi, non sei appetibile, e quindi vieni più o meno esplicitamente invitato a tinteggiare la tua storia di giallo o di noir. E questo mi pare sia proprio il caso di Morellini. Ulteriore questione, l'esperienza dell'autore, che in questo ginepraio può perdersi o guadagnarci. Se, ahimé, i modelli di riferimento sono quelli del fumetto o del noir USA, il più delle volte ci si perde. Vero è che un autore come Dario Tonani sta lì a dimostrare il contrario, ma si tratta solo di felici eccezioni. A Maico Morellini un sincero augurio, il prossimo romanzo sarà quello giusto.
Pure a me è piaciuto poco. Lo stile di media fattura, sintetico e freddo, descrizioni così così, quando non incasinate proprio. Personaggi piatti, una trama che non decolla nel mio interesse... cioè, storia poco interessante. Ambientazione cyberpunck scontata. Come Paolocosmico, pure io l'ho protato a conclusione con molta fatica.
Deve essere stato un anno proprio scarso, se quelli di Urania hanno deciso di premiare sto romanzetto...
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