A sinistra Vittorio Curtoni e a destra Alberto Cola. Foto Selene Verri
A sinistra Vittorio Curtoni e a destra Alberto Cola. Foto Selene Verri
Ma se questi romanzi li avevi lì da quattro anni, cosa hai fatto nel frattempo?

A parte sopportare te? Di tutto. Ho scritto racconti, soprattutto, e nessuno di fantascienza. Ho pubblicato in molte antologie grazie alla Carboneria Letteraria, collettivo di scrittura fondato da Paolo Agaraff, e scritto anche un romanzo noir che forse resterà nel cassetto altri due anni dato che due sono già passati.

Ma allora perché continui a scrivere?

Perché mi diverte e soprattutto perché sono un tipo curioso. È la curiosità che bisogna avere, poi le idee vengono da sole.

Sì, ma se scrivi fantascienza devi avere anche altro.

Per esempio?

Che so, un approccio scientifico…

Balle. Scientificamente parlando sono una capra, eppure scrivo fantascienza. Asimov era uno scienziato, Dick no, e allora, forse uno era più scrittore di fantascienza dell’altro? Per quanto mi riguarda mi annoio a morte quando leggo trattati scientifici spacciati per romanzi. Spesso si perde di vista il punto cardine di un romanzo: raccontare una storia. Tutto il resto è guarnizione e quando la guarnizione diventa il cardine l’impianto ne soffre.

E noi ci riusciamo?

Io, ci provo. Poi…

Per favore, fammela fare.

Cosa?

La domanda fondamentale di ogni intervista.

Spara.

Progetti futuri?

Ma perché ti do retta… Un romanzo fantastico per ragazzi e un altro noir con protagonista il cibo.

La fantascienza?

Sta in testa. Ho un progetto completo per un romanzo, ma zero voglia di metterlo su carta. Vedremo fra sei anni, quando avrò finito gli altri.

E adesso?

E adesso direi di piantarla qui.

È stato bello però.

Parla per te.