Ormai da decenni, i videogiochi hanno due anime: una narrativa e una prettamente ludica, senza contare le sempre più numerose commistioni con il cinema, i fumetti e i romanzi... che grazie all’home video rimangono – al contrario dei videogames – pressoché disponibili anche a distanza di anni.

Senza entrare nell’eterna diatriba sul valore del “personaggio” – il protagonista di un videogioco dev’essere un contenitore vuoto che il videogiocatore è chiamato a riempire o un’entità ben precisa che il videogiocatore è chiamato ad interpretare rispettandone il background? – e sul divertimento atavico del trovarsi a “interpretare un ruolo”, è stato  chiaro fin dall’inizio che un concentrato di suggestioni, atmosfere e movimenti come Indiana Jones non poteva lasciare indifferenti produttori e (video)giocatori di ogni età.

Dal primissimo Raiders of the Lost Ark (Atari 1982) al successivo Indiana Jones and the Lost Kingdom (Mindscape 1984), le cose non migliorarono di molto con le varie versioni di Indiana Jones and the Temple of Doom, in particolare The Arcade Game (Atari 1985), né con Indiana Jones and the Last Crusade: The Action Game (Lucasfilm Games & US Gold 1989). Questo finché fu la volta di Indiana Jones and the Last Crusade: The Graphic Adventure (LucasArts 1989) e Indiana Jones and the Fate of Atlantis (LucasArts 1992), per anni considerato una sorta di quarto film, nonché gli scintillanti 3D Indiana Jones and the Infernal Machine (LucasArts 1999, sorta di ripresa dello scettro di Re dell’Avventura dopo l’avvento della pettoruta Lara Croft in Tomb Raider con tanto di doppiaggio della voce ufficiale dei film, Michele Gammino) e Indiana Jones and the Emperor’s Tomb (LucasArts 2003, doppiato invece da Dario Oppido), in una continua sfida ai megabyte e alla voglia degli appassionati di rivedere il “vero” Indy e i suoi compagni sulla propria console, nonché la dimostrazione che si può ricavare un ottimo videogioco anche da un tie-in (lo sfruttamento “laterale” di un marchio di successo da un altro media). Per gli appassionati all’ultimo stadio, non mancano l’imminente Lego Indiana Jones e un cameo alla fine di Yoda Stories (Game Boy Color).

Quel che non tutti sanno è che – oltre a 12 romanzi originali editi in USA, 8 in Germania, altri 8 in Francia, ulteriori 15 sul giovane Indiana Jones e 18 avventure “a bivi” giunte anche in Italia (senza contare gli adattamenti cinetelevisivi, i manuali dei giochi di ruolo, making of e il curioso romanzo spagnolo per ragazzi Il giubbotto di Indiana Jones) –  l’archeologo più famoso del mondo è stato protagonista anche di due giochi di ruolo The Adventures of Indiana Jones (TSR 1984), basato sui primi due film da 2 a 8 giocatori, seguito dal più evoluto The World of Indiana Jones (West End Games 1994).

Ancora meno note le decine di attrazioni nei parchi-divertimento, non di rado aggiornate lungo gli anni: Indiana Jones Epic Stunt Spectacular (dal 1989) ai Disney’s MGM Studios in Florida, con una ventina di stunt a replicare gli avvenimenti del primo film, Indiana Jones and the Temple of Peril (dal 1993) a EuroDisney (nel 1996 profondamente rinnovata e ribattezzata Disneyland Paris), di fatto un ottovolante più evoluto, Indiana Jones Adventure: Temple of the Forbidden Eye (dal 1995) a Disneyland di

Anaheim, lanciato dal Disney Channel con il TV movie di un’ora Indiana Jones Adventure con Karen Allen e John Rhys-Davies a riprendere i loro ruoli dei Predatori, Indiana Jones Adventure: Temple Of The Crystal Skull (dal 2001) a DisneySea di Chiba (non lontano da Tokyo).

E poi ancora: 9 action figure con 3 set e 2 veicoli (Kenner 1982), il flipper elettronico Indiana Jones: The Pinball Adventure (Williams 1993) con suoni dai primi 3 film e un discorso originale di John Rhys-Davies, 12 livelli superati i quali si raggiunge lo stadio Vita Eterna; una slot-machine (2008) al Mohegan Sun Casino di Uncasville, in Connecticut; giornate di studio scientifiche sui temi toccati dai film ufficiali (2002); (ri)apparizioni carsiche in serie televisive come I Simpson e in saghe filmiche che sfiorano l’originale senza nemmeno avvicinarsi (dal 1984); fan fiction a profusione (disegni, musiche, racconti e almeno una ventina di film, spesso tutt’altro che improvvisati) e ridoppiaggi goliardici... più tutto quanto le nuove disponibilità di Internet e i moderni mezzi tecnologici stimolano la fantasia degli appassionati.

Il professor Henry Jones Jr. non ha ancora finito di raccontare le storie: state attenti, perché potreste finirci dentro anche voi!