Greg Bear, californiano, classe 1951, è uno di quegli scrittori che sa sagacemente confezionare ottima fantascienza hard, agitata e non mescolata, con abbondanti dosi di suspense. Il risultato è sotto gli occhi dei lettori di tutto il mondo. A dimostrarlo c’è innanzitutto Eon (1985), forse il suo romanzo più noto, appartenente al ciclo omonimo composto da Sfida all'eternità (del 1988) e Contro evoluzione (del 1995), tutti pubblicati in Italia dall’Editrice Nord.

Le sue opere – tra cui ricordiamo almeno La musica del sangue (1985), L'ultimatum (1987), La Regina degli Angeli (1989) – sono pubblicate in dodici lingue e abbracciano un po’ tutti i temi della fantascienza classica, dalla space opera all’apocalisse tecnologica.

Il suo racconto Petra è stato scelto da Bruce Sterling per l’antologia cult del cyberpunk, Mirrorshades.

Bea si è laureato in fisica e in matematica alla San Diego State University, si è sposato due volte – la seconda con Astrid Anderson, figlia dello scrittore Poul Anderson – e ha vinto più volte il premio Hugo e il Nebula.

Inoltre, ha collaborato con Jon Davison e Frances Doel (produttori di Robocop) e Phil Tippett, creatore degli effetti speciali e Premio Oscar per la trilogia di Guerre Stellari e Jurassic Park, ed è stato consulente tecnico e scientifico per la Amblin di Steven Spielberg.

Ciao Greg e grazie per averci concesso quest’intervista. Nei tuoi romanzi c’è quasi tutto ciò che è stato creato nel campo della fantascienza: la space opera, i viaggi nel tempo, le nuove frontiere della genetica. Quale è, secondo te, il prossimo confine che un autore di fantascienza deve oltrepassare oggi?

Quello che lo soddisfa di più. Personalmente, non seguo le mode del momento e raccomando sempre agli altri scrittori di scrivere i romanzi che sentono dentro, piuttosto che quelli suggeriti da altri.

Eon è stata una saga meravigliosa. Quando apparve, era un equilibrio perfetto fra il classico senso del meraviglioso e le tendenze più moderne della fantascienza. Era, in altre parole, una saga moderna. È ancora possibile scrivere romanzi di questo tipo?

Certamente. Vernor Vinge lo ha fatto, così come, prima di tutti noi, Gregory Benford. Oggi ci sono scrittori come David Brin, Wil McCarthy, Orson Scott Card, Kim Stanley Robinson, Robert Metzger, Robert Sawyer e molti altri che scrivono storie di questo genere. È un ramo vitale della fantascienza!

Come è cambiato il lettore di fantascienza da quando hai cominciato a scrivere?

Da quando ho cominciato a scrivere, il lettore di fantascienza è solo un po’ più vecchio e con

qualche capello grigio in più. Credo, però, che il numero di persone che legge fantascienza è aumentato notevolmente da quando ho iniziato a scrivere, negli anni 60. Oggi, il mercato potenziale per un buon romanzo di fantascienza è enorme, nonostante la TV ed il cinema siano probabilmente i canali di diffusione più usati.

Parliamo del mercato del libro: dopo la pubblicazione del Codice da Vinci si ha l'impressione che per fare di un libro un bestseller, basta infilarci dentro un po’ di tutto: dal thriller alla fantascienza. Sei d’accordo?

Certamente aiuta. Un romanzo ricco di avvenimenti piace sempre e la maggior parte dei lettori è continuamente alla ricerca di distrazione – così come di sorprese e di conferme. Gli autori di bestsellers rassicurano i propri lettori confermando che ciò che hanno sempre pensato (saputo) è giusto e poi danno loro qualche scossa lungo la strada.

Parliamo ancora per un po’ del Codice da Vinci: potrebbe essere considerato, secondo te, come un romanzo di fantascienza?

Probabilmente no. Sicuramente può considerarsi un romanzo religioso o filosofico, o ancora storico, ma non certo di fantascienza.

Come ti spieghi il successo di Dan Brown?

Una narrazione serrata, tesa, uno scandalo religioso che scuote gli animi, una buona dose di paranoia sulla crittografia, misteri nascosti, rivelazioni che tengono il fiato sospeso! Come può non piacere?