Glen David Brin (nato a Glendale, il 6 ottobre del 1950), statunitense, è noto soprattutto per il ciclo di Uplift (conosciuto anche come il ciclo delle cinque galassie), composto dai romanzi Sundiver (Spedizione Sundiver, Editrice Nord, 1989), Startide Rising (Le Maree di Kithrup, Editrice Nord, 1985), che vinse sia il premio Hugo che il Nebula, e The Uplift War (I signori di Garth, Editrice Nord, 1988), anche esso vincitore del premio Hugo.

Attualmente vive nella California del Sud. In ambito accademico, dopo essersi laureato in Fisica, ha ottenuto il bachelor scientifico in astronomia nel 1973, il corrispondente master in fisica nel 1978 ed il PhD in scienza dello spazio (gli ultimi due titoli nell'Università della California di San Diego).

I suoi esordi letterari sono della fine degli anni Settanta. In un periodo in cui furoreggiava la fantasy, Brin seppe coraggiosamente proporre al pubblico internazionale una fantascienza costruita su molti stilemi classici, come il viaggio spaziale e le civiltà galattiche, ma con un linguaggio nuovo e moderno.

In The Postman (L'uomo del giorno dopo, Sperling & Kupfer, 1997), da cui Kevin Kostner ha tratto un film, lo scrittore americano affronta il tema del dopobomba, mentre nell’enciclopedico Earth (Terra, Interno Giallo, 1991) il nostro pianeta è sconvolto da un effetto serra dirompente.

Con Gregory Benford ha scritto, nel 1986, Heart of the Comet (Nel cuore della cometa, Nord, 1991), dove si immagina una spedizione umana sulla cometa di Halley, ed è autore di una nuova trilogia di romanzi basata sulla Fondazione di Isaac Asimov.

Alla metà degli anni Novanta, con la trilogia del pianeta Jijo, Brin è ritornato all’ambientazione del suo ciclo delle cinque galassie, con i romanzi Brightness reef (Il pianeta proibito, Nord, 1999), Infinity's shore (Le rive dell’Infinito, Nord, 2000), Heaven's reach (I confini del cielo, Nord, 2000).

L’evoluzione della fantascienza è il cuore di questa intervista che abbiamo realizzato.

In Startide Rising hai immaginato animali intelligenti, capaci di sviluppare una specie di struttura sociale e di cooperare con l’umanità. Credi che questo possa ancora rappresentare un soggetto valido per la fantascienza, la biologia e le nuove frontiere della genetica?

Certo che può esserlo. Il mese scorso gli scienziati hanno scoperto che i delfini usano dei nomi per definire se stessi e gli altri. Stiamo scoprendo di avere sempre più cose in comune con le altre creature e questi tratti in comune ci aiutano a capire i molti modi in cui gli esseri umani sono unici. Non solo riguardo alle cose che siamo in grado di migliorare per la nostra esistenza, ma anche per il fatto che potremmo non essere più i soli.

Secondo te cosa dovrebbe cercare di comunicare uno scrittore di fantascienza con i suoi romanzi?

La Fantascienza è sotto molti aspetti il “jazz” della letteratura. In primo luogo, sebbene abbia radici europee e forti legami anche con l’Asia, è sicuramente un genere Americano, caratterizzato da un senso di sfida verso ogni linea di confine anche se ci sono margini di spazio e tempo.È come il jazz anche perché si lascia incantare dalla trasformazione, dal cambiamento. La fantascienza non ha paura di guardare alla trasformazione dell’io o alla miriade di possibili cambiamenti che hanno luogo nel mondo esterno. Rappresenta la letteratura dell’incertezza in tempi di mutagenicità.