Più che uomo, e altre storie marziane

Il protagonista di un altro romanzo, Uomo più (scritto da Frederik Pohl) si chiama Roger Torraway ed è un umano il cui corpo è per metà macchina: egli è stato trasformato in un cyborg. Così Torraway è divenuto abile a vivere sull'inospitale Pianeta Rosso:

Su Marte non c'è aria per respirare? Togliamo i polmoni, sostituiamoli con apparecchi microminiaturizzati per la rigenerazione dell'ossigeno. Lassù il sangue di un terrestre bollirebbe: dunque, eliminiamo il sangue dalle estremità e dalle aree superficiali, costruendo braccia e gambe azionate da motori anziché muscoli, e riserviamo l'afflusso sanguigno esclusivamente al cervello. Inoltre, in un corpo i cui muscoli sono sostituiti da macchine anche il bisogno alimentare diminuisce.

L'acqua? Non è più necessaria: quando il corpo è diventato un sistema chiuso, non c'è bisogno di immetterne di nuova nel ciclo ingestione-circolazione-escrezione, o respirazione. Il Sole, più distante che dalla Terra, non è sufficiente a mantenere il calore e a consentire una buona visibilità; pertanto è necessaria una superficie corporale più ampia, atta a raccogliere maggiore energia: ecco spiegati i grandi ricettori ad ali di pipistrello posseduti dal cyborg Roger Torraway. E per migliorarne la vista, gli occhi vengono sostituiti da strutture meccaniche sensibili anche all'infrarosso.

E' la breve descrizione di una nuova creatura: il terrestre-marziano. Ma le cose per Torraway non si riveleranno facili. Gli altri umani, a partire da sua moglie, si rifiuteranno di ritenerlo ancora uno di loro. Il destino di questo personaggio-pioniere sarà la "diversità", quindi la solitudine assoluta. Per contro, tuttavia, solo Torraway sarà in grado di apprezzare ciò che egli percepisce come la grande bellezza, la grandiosità, la dolcezza del panorama di Marte, i suoi segreti (celati invece a chi, è il caso di dire, non ha occhi per vedere). D'altronde a questo punto il nostro eroe non è neanche più un terrestre: egli stesso si considererà marziano a tutti gli effetti, e ricomincerà una vita in forma totalmente nuova.

Una vita assolutamente diversa toccherà su Marte anche al protagonista di uno dei più celebri racconti di A.E. van Vogt, Il villaggio incantato (1950), di cui mi... incantò soprattutto l'incipit, allorché lo lessi ne Le meraviglie del possibile (1959), a cura di Sergio Solmi e Franco Fruttero:

"Pionieri di un nuovo Far West" erano stati chiamati prima che il razzo decollasse per Marte.

Per un po', ora che il razzo era precipitato sul deserto marziano, uccidendo tutti a bordo, meno - miracolosamente - lui, Bill Jenner aveva continuato a ripetere con rabbioso disprezzo le parole, scagliandole nel vento continuo, saturo di sabbia. Si disprezzava per l'orgoglio provato all'udirle la prima volta (...)

La dolorosa odissea di Jenner nel deserto avrà termine in un allucinato "villaggio incantato", dove egli incontrerà un nuovo destino.

Altra famosa storia breve è Com'era lassù (What's like out there?, 1962), di un Edmond Hamilton che abbandona lo stile malinconicamente poetico e fantasioso che lo ha reso celebre, per narrarci in modo scabro, disincantato, addirittura spietato, la sorte di tremila uomini inviati dalle Nazioni Unite su Marte per recuperare ingenti quantitativi di uranio. La vita per colonia si rivelerà un vero inferno, per una serie di motivi (incidenti, strane malattie eccetera) e il costo umano si dimostrerà assolutamente sproporzionato rispetto ai risultati. Un vero e proprio atto d'accusa contro le missioni spaziali (ma soprattutto contro la burocrazia e la stupidaggine umana), che nessuno si sarebbe atteso da un cantore di fascinose storie spaziali e variopinti imperi interstellari: al punto che il racconto, ripetutamente respinto dalle riviste per la sua durezza, rimase nel cassetto un bel po' di anni prima di vedere la luce.

Numerosi anche i "cicli marziani", composti da più romanzi e racconti, nei quali si cimentarono, fra altri, Raymond Zinke Gallun (ciclo dell'"Ultimo Marziano", o del "Vecchio fedele", la cui ideazione risale agli anni Trenta ed è composto da tre storie: Vecchio fedele, Il numero 775, Il mostro e la bambina); Michael Moorcock con la fantasiosissima trilogia La fidanzata di Marte, L'amico di Marte, La sposa di Marte (i titoli originali sono però Warriors of Mars, Blades of Mars, Barbarians of Mars); e soprattutto quello, molto esotico ed evocativo (l'ascendenza è ancora burroughsiana) della scrittrice e sceneggiatrice cinematografica Leigh Brackett, che lavorò per registi come Howard Hawk e Robert Altman, nonché per film come L'Impero colpisce ancora. Il ciclo marziano della Brackett è articolato in numerose opere lunghe e brevi (La spada di Rhiannon, Storie Marziane, ...E su Marte dominerai, Skaith!, La strada per Sinharat, e altre). Un Marte crepuscolare, avventuroso, quasi da scenario western, è invece quello ideato da Catherine L. Moore nelle storie che hanno per protagonista Northwest Smith, "l'Uomo dagli occhi di ghiaccio", e che include tra altri il celebre racconto Shambleau, sensuale rivisitazione del mito di Medusa.