Noi marziani

Negli anni Sessanta, a Marte torna la nuova generazione di lettori, sempre alla ricerca, anche nel pianeta dell'antica civiltà extraterrestre, di fonti di vitalità rinnovatrice.

Di questa vitalità "di frontiera" sono esponenti l'adolescente eroina eponima del juvenile di Robert Heinlein, Podkayne of Mars (Una famiglia marziana, 1963), e soprattutto il protagonista del suo Stranger in a Strange Land (Straniero in terra straniera, 1965). Valentine Michael Smith, giovane figlio di astronauti naufragati su Marte, cresciuto dagli abitanti del posto, torna sulla Terra e, con l'aiuto di un miliardario, fonda una nuova religione basata sull'amore di gruppo e su un'esperienza mistica di comunione telepatica chiamata grokking, acquisita dai Marziani. Come ogni cristo che si rispetti Smith viene ucciso; dopo la morte, torna su Marte come coscienza senza corpo. Ma del messaggio del profeta/santo marziano il miliardario Jubal Harshaw - e con lui il narratore - esalta gli aspetti di efficientismo e competitività. L'utopia marziana (il paradiso) che Mike Smith cerca di portare sulla Terra è un darwinismo sociale rigidamente gerarchico, in cui la libertà dal bisogno è garantita dal controllo demografico, dall'eliminazione eugenetica dei bambini deboli al cannibalismo. Solo Harshaw sa capire lo 'straniero in terra straniera' che, candido e innocente, non riesce a comprendere i complicati costumi dei terrestri, così lontani da un comportamento "naturale". Gli hippies e la controcultura (con ammiratori che vanno da Ken Kesey e dai Jefferson Airplane fino a Charles Manson) sono affascinati dalla storia amorale del giovane innocente individualista che porta nel corpo i segni di una diversità radicale, e che indica una soluzione desiderabile alle ansie del mondo nella delega mistica al flusso dell'evoluzione.

Più di tutti, è Philip K. Dick fra i grandi autori degli anni Sessanta a dare imprescindibili versioni del pianeta rosso, soprattutto in Martian Time-Slip (Noi marziani), The Three Stigmata of Palmer Eldritch (Le tre stimmate di Palmer Eldritch), entrambi del 1964.

Anche in Noi marziani, in gioco è il mito di Marte:

"Dio mio, eccoti qui per la prima volta in vita tua sulla superficie di un altro pianeta [...] Non gli hai neppure dato un'occhiata, e c'è gente che ha voluto vedere i canali - che ha discusso sulla loro esistenza - per secoli!" [...]

Leo si guardò intorno. Vide un deserto piatto, e in lontananza delle montagne dall'aria miserabile. Vide un profondo rigagnolo d'acqua marrone stagnante; vicino al rigagnolo, una vegetazione verde, simile a muschio. Era tutto qua, oltre alla casa di Jack e alla casa di Steiner più avanti. Vide il giardino, ma l'aveva già visto la notte prima. "E allora?" disse Jack. [...] Con un ghigno furbesco, Jack disse: "E' il sogno di un milione di anni, essere qui e vedere questo".