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- Lo dicevo io. Lo dicevo che non c'era niente da vedere in quel buco - brontola Mezzocollo, detergendo con la manica della camicia il sudore della fronte. - E' tutta colpa di questa malefica aria elettrica che vi succhia il cervello. Sono pronto a scommetterci la mia ultima razione di carne seccata.

Sannino si lascia cadere sull'erba, e appoggia la schiena al muro della costruzione. Respira a fatica, con sofferenza, e il suo colorito appare, se possibile, ancora più cadaverico. Dalla sua bocca le frasi escono frammentate da lunghe pause. - Kong sosteneva che il Prete luminoso l'avesse scavato per nasconderci chissà quali tesori. Ne era sicuro. Diceva che doveva trattarsi di reliquie e oggetti sacri di gran valore, forse arricchiti d'oro e pietre preziose; diceva che Sanpazzo li teneva nella sacca che si trascinava dietro, e che bisognava strapparglieli prima che, terminato lo scavo, si risolvesse a seppellirli. A quel punto sarebbe stato più difficile trovarli. Questo prima di entrare da solo nell'Alveare. Poi quell'altro idiota di Ilario ha voluto raggiungerlo... e così hanno trovato la fine che si sono cercata.

- Stai delirando - commenta il vecchio Alonzo. E' seduto sullo zaino, e continua a strofinare gli occhi umidi con il suo fazzoletto lercio. - Ne parli come se fossero già morti, e poi magari va a finire che un bel momento sbucano fuori da qualche pertugio.

Sannino, che nel frattempo ha recuperato un po' di fiato, si tira su strisciando sul muro. Il sorriso sforzato che gli attraversa il viso ha una sfumatura amara. - Io li ho sentiti i loro strilli, lepraio. E se anche tu li avessi sentiti... Quelle erano grida di qualcuno che muore, e di qualcuno che muore di una brutta morte.

- Bah, cervello completamente in pappa - brontola fra sé e sé Mezzocollo, scuotendo la testa. Scarica lo zaino dalla schiena e prende a frugarci dentro. - Entriamo? - propone a voce più alta, mostrando ad Alonzo una torcia elettrica, la stessa che avevano già utilizzato per esplorare lo scavo.

Il lepraio smette di strofinarsi con il fazzoletto, per leggere l'espressione del nero. - Vuoi proprio andarci?

Mezzocollo non risponde, e fissa Sannino: l'uomo pallido barcolla, incerto sulle gambe, tendendo in avanti la mano aperta, come per proteggersi da quell'idea oscena. - No, non guardare me, io ne ho già abbastanza di questa costruzione e degli spettri che la popolano ... E se anche voi due volete cercare nell'Alveare una fottuta fine, beh fatti vostri. Io me ne starò seduto sull'erba ad aspettare, a debita distanza, e un attimo dopo aver ascoltato le vostre grida, volterò la schiena e me n'andrò via. - Barcolla ancora un po' all'indietro, poi è scosso da un attacco improvviso di tosse che lo costringe a piegarsi in due. Quando si rimette dritto, dall'angolo della bocca scende un rivolo di saliva rosata.

Mezzocollo sputa nell'erba. - Cosa ti cambia? Rifiuti di città, ecco cosa siete! Poltiglia per il macero... La megalopoli vi mette fuori già belli e pronti per un buon mezzo metro di terra. Morire qui fuori o dentro l'Alveare che differenza può fare per te? Me lo spieghi? Me lo spieghi, straccio d'uomo, cosa ti cambia?

Sannino lo guarda con espressione allibita, la bocca leggermente dischiusa e le narici dilatate per lo sforzo d'inspirare aria dopo l'attacco di tosse. Lo sa, lo sa benissimo anche lui che dovrà morire presto, ma nessuno fino a quel momento aveva osato ricordarglielo con tanta crudezza.