Adesso mi aera chiaro, irrevocabilmente chiaro. Era matto, il poverino. Io sapevo che una volta esistevano polli e altri animali solo perché me ne aveva parlato mio padre e si presumeva che sapere le cose fosse il mio mestiere, o quanto meno io ero tanto sciocco da presumerlo.

- Non mi guardi con quella faccia! Anche io ho creduto di essere impazzito, poi mi sono reso conto che è vero.

- Mai visto un pollo vivo - risposi in tono severo. - Una volta, tanti anni fa, sempre mio padre me ne mostrò uno imbalsamato, al Museo Zoologico. Naturalmente sto parlando di prima che stabilissero che il Museo di per sé era perturbante e pericoloso per l'ordine pubblico, chiudendolo anche agli studiosi. Ma ero un bambino, e non capii bene cosa fosse quell'affare. Oggi è come un sogno distante anni. Che io sappia, nessun volatile è rimasto vivo in Occidente né in Oriente o nel terzo Mondo, né in qualsiasi altro mondo possa essere rimasto. Ciò che ricordo sono vecchie foto sbiadite nelle enciclopedie, prima che ne vietassero la riproduzione. Forse, me ne trovassi uno davanti non credo che sarei in grado di riconoscerlo. Se chiedi dati al terminale ti ripeterà la stessa cosa. Intendiamoci: non è che ci non creda - continuai a dirgli, non credendoci - ma mi sembra strano che non se ne sappia niente.

- Non capisce! - proseguì lo studente infervorato. - Gli costerebbe troppo, invece vogliono tenersi tutto per loro, senza dividere niente con nessuno. Non stanno lì a fare la beneficenza. E lei, chi crede stabilisca cosa può apparire su un terminale e cosa no? Nella rete possono inserire tutte le balle che vogliono, farci vivere in un mondo di simulazione. Chi può controllare? - concluse con enfasi.

- Be'... se parlassi a proposito degli Stati Uniti o dell'Urss le difficoltà a crederti sarebbero forse minori. Ma qui in Italia... - Via, come potevo prendere per buona una storia simile? Solo che non ero in grado di dimostrarglielo; e dopotutto era stato gentile a venire da me.

- E' tutto vero - ripeté con la testardaggine e l'intensità di un profeta biblico, saturando i trenta metri quadri del monolocale.

- Non gridare, le pareti sono di carta velina e i vicini impiccioni. Certo, se tu potessi portarmi qualche prova... - conclusi, più che altro per rabbonirlo.

* * *.

Francesca aprì la porta anteriore del 544 quasi completamente sverniciato dalle piogge acide; il metallo oscenamente nudo riluceva al sole. Sgomitando e pestando i piedi incurante degli insulti riuscii a salire i tre gradini fino a lei. La strada era sgombra. Con la pioggia molti ciclisti avevano preferito l'autobus. L'asfalto era solcato da grosse crepe e dalle fosse dei lavori stradali, malamente coperte di terra e non riasfaltate, che facevano sobbalzare sbattendo noi passeggeri uno contro l'altro. La paranoia di Francesca aumentava, convinta che un giorno l'autobus sarebbe sprofondato fino all'inferno.

Come se ci potesse essere un "peggio"...

Per chiudere la porta centrale Francesca colpì più volte il pulsante di comando con il pugno chiuso, imprecando. L'autobus ripartì sussultando e sollevando alti spruzzi di acqua uscita dalle fogne scoppiate. Mi diede una sbirciata: - Hai il naso rosso. E scommetto che c'è anche il mal di gola con annessi e connessi, vero?

Annuii, e riuscii a liberarmi la gola. - Vero.

- E naturalmente anzichè perdere un giorno di paga chiedendo visita preferisci tirartelo dietro per settimane.

Annuii ancora. - Ho imparato da te, ti sembra?

- Ho paura di sì, ma ricordati che io almeno cerco di riguardarmi. E non vado in gita scolastica a Ferrara.