Raccolse la giacca e la spazzolò con le dita come fosse la schiena di un dirigente dell'Azienda. Le accarezzai la base della nuca, ora nuda come la mia. Stava piangendo di rabbia. - Pensavo che almeno portare i capelli come mi pare fosse un sacrosanto diritto, invece neanche questo! Ma allora che cavolo di diritti ho?

Le sfiorai una delle mani indurite dal lavoro, con le unghie smangiucchiate. Ma non era in vena di tenerezze, non lo è mai quando qualcuno le salta alla gola per azzannarla. Si frugò in tasca, estraendo una busta spiegazzata. Era della Direzione Generale dell'Azienda dei Trasporti.

La fissò a lungo prima di aprirla, con un'espressione inorridita, braccata, come fosse un serpente. Tremai anch'io: quando la DG si ricorda che esisti è solo per fregarti. Sperai che non fosse una ritenuta per quei balzani motivi che solo loro riuscivano ad abborracciare con singolare mancanza di logica, formale e sostanziale. Francesca andava al lavoro con la febbre pur di non farsi togliere la giornata.

Lesse frettolosamente il foglio, poi ricominciò più lentamente e con maggiore attenzione. Lo appallottolò e lo gettò via, troppo esausta anche per imprecare. Chiuse gli occhi e rimase lì, abbandonata contro di me, svuotata.

- Cosa vogliono stavolta? Un'altra ritenuta?

- Magari. E' una lettera "molto spiacente" in cui comunicano che per sopraggiunte difficoltà inerenti al blablablà sono costretti a imbrogliarci nuovamente, e visto il decreto-non-mi-ricordo-chi-e-quando sulle Aziende Municipalizzate, ci aumentano di un ulteriore 19,8% il tasso sugli interessi sul prestito chiesto per la reggia in cui viviamo. Ma quando ho firmato sapevo che il tasso d'interesse sarebbe stato soggetto a rivalutazione, e dopo che abbiamo approfittato di una simile favolosa occasione per un buco tutto nostro non saremo tanto ingrati da lamentarci, no? - Sbarrò gli occhi. - E' la quinta volta in tre anni. Se non ci sbrighiamo a saldare gli restituiremo cento volte il prestito. Partito già con condizioni da strozza. Di questo passo verranno a spaccarci le ossa per succhiare il midollo.

* * *

Misi sul gas una pentola di pseudocarne, un pezzo più bianchiccio del solito garantito inodore incolore insapore, altrimenti sarebbe stato immangiabile . Verdure chimiche, pseudocarne. Roba in vitro che non aveva mai avuto una vera vita. E si sentiva, mi rifiutavo di credere che la vita potesse avere quel sapore disgustoso. Aggiunsi un pizzico di cipolla in polvere per avere un aroma qualsiasi col quale illudermi. Mi asciugai le mani e guardai lo studente.

Era uno dell'anno passato. Forse si chiamava Serra ma non glielo chiesi, volevo fingere di ricordarlo. Perchè deluderlo? Uno dei tanti, ma l'unico che fosse venuto a visitare il suo professore. - Posso offrirti qualcosa?

Si guardò le mani: - Un bicchiere d'acqua, grazie, non c'è bisogno che sia sterile, mi fido del depuratore.

Gli riempii un bicchiere. Lui si fidava del depuratore, ma io non credendo né a quello generale né a quello del rubinetto ci buttai dentro una pastiglia purificante chimica. Sì e no che con l'acqua così trattata cucinavo, ma se a lui andava bene... Ripescai la pillola impregnata... Voi credete alle garanzie dei fabbricanti di pillole?

Prese il bicchiere e bevve con aria da intenditore, dopo avermi ringraziato educatamente. Fece per parlare ma esitò, ritentò ancora, si guardò le mani, finché decise di prenderla alla lontana. Disse:

- Sono venuto da lei perchè è il solo con cui possa parlare, il solo che possa capire. Gli altri sono troppo stupidi. - Si fermò ancora. - Ho visto un pollo. Vivo. - aggiunse piano, temendo i microfoni di una delle varie centrali di spionaggio in vena di frenetiche attività... sempre per il nostro bene, ovviamente.