Questo modo di inquadrare testi scomodi è abbastanza usuale negli anni '70 e '80 da parte di persone che pur non essendo esplicitamente schierate, ritengono politicamente corretto adagiarsi nel conformismo imperante. D'altra parte per lavorare nell'editoria bisognava dichiarare di essere di sinistra (una leggenda urbana diffusissima negli ambienti di destra, negata in quelli di sinistra), anche se non era necessario esserlo (ma probabilmente la regola vale ancora adesso).

Non che sia impossibile operare per quelli di destra, ma, man mano che il tempo diluisce i ricordi, la retorica antifascista prende il sopravvento ed a volte è sufficiente l'accusa di essere fascista, a torto o a ragione, per vedersi bloccata la carriera o perdere il posto e non solo nel campo editoriale. Si spiega così la reazione di De Turris e Fusco all'ormai famoso articolo di Remo Guerrini SF e politica pubblicato su Robot 12 nel marzo 1977. In realtà, sebbene opportunamente insinuante, l'articolo era abbastanza moderato. Letto con gli occhi di oggi non desterebbe certamente scalpore. Alle precisazioni di De Turris, che rivendicava l'assenza di preclusioni nei confronti di chicchessia (e le scelte per Fanucci erano lì a dimostrarlo) con l'articolo Editoria e ideologia apparso su Robot 23 del febbraio 1978 l'equilibrio spariva (un classico esempio di scrittura militante alla quale ci ha ultimamente abituato Evangelisti, come mi faceva notare un amico a proposito di quest'ultimo. Per un attimo sono rimasto perplesso, poi ho capito cosa significa "scrittura militante": si tratta di isolare dal contesto i pochi pezzi che servono a dimostrare la tua tesi, scartando rigorosamente i fatti che disturbano o rendono troppo complessa l'analisi ed eccoti confezionato un bell'articolo opportunamente indignato. Giusto ciò che qualcuno vuol leggere).

Per mia sfortuna non ho avuto la possibilità di una istruzione formale e qualche volta mi trovo in difficoltà quando devo discutere con chi questa fortuna l'ha avuta. Spesso però i miei interlocutori hanno una cultura di seconda mano, fatta attraverso la lettura sui manuali e senza in genere conoscenze dirette dei libri su cui sono abili a discettare. Inoltre al di fuori dall'ambito in cui sono specialisti, difficilmente hanno una cultura sufficiente sul resto. Conoscendo i miei limiti culturali mi sono dato a letture abbastanza sistematiche (leggere non è studiare, convengo) di libri di storia, economia, politica, filosofia e matematica. Ho comunque preso l'abitudine di parlare solo delle cose che conosco, riducendo la possibilità di parlare a vanvera.

Ma sto correndo troppo. Il panorama tranquillo degli anni '50 stava mutando. Le prime avvisaglie le aveva date l'edizione italiana di Galaxy, proponendo racconti che non rientravano nel modello mentale che mi ero fatto della fantascienza: racconti come Il tunnel sotto il mondo (The Tunnel Under the World) di Frederick Pohl, Il problema della servitù (The Servant Problem) e Pagamento anticipato (Time in Advance) di William Tenn, Vittima n. 7 (Seventh Victim) ed Ammazzare il tempo (Time Killer) di Robert Sheckley erano decisamente progressisti anche se stranamente mi piacevano un sacco.

Allora si leggeva tutto quello che passava per fantascienza, senza escludere a priori un autore per le sue tendenze politiche (adesso alcuni si precludono letture interessanti perché qualcuno ha detto loro che l'autore è di destra o di sinistra o di qualcosa). Con la scarsità di materiale che c'era allora si correva il rischio di leggere diverse schifezze, ma l'esclusione a priori di un autore era basata esclusivamente su criteri letterari. Mi dicono, io non ero un fan attivo allora, che negli anni '60, specie sulle fanzine, ci si scannasse di frequente sulla politica con qualche riflesso su Oltre il Cielo. Almeno così sostiene Luigi Cozzi nel recente articolo Come è nata e morta "Oltre il Cielo": Intervista con Armando Silvestri su Nova Sf* 50, agosto 2001. Non ho trovato traccia delle citazioni testuali riportate ("Cozzi e Malaguti servi beoti del Kremlino", "leccapiedi di Breznev", "schiavi di Mosca", "figli di Stalin", "vermi comunistoidi") nelle recensioni firmate Futur (che dovrebbe stare per Fusco e De Turris), ma purtroppo mi mancano due o tre numeri di quel periodo e non ho potuto fare una verifica completa, ma mi riservo di completare la verifica in futuro; rarissimamente nei pezzi firmati Futur si citavano le persone per nome e cognome (le uniche eccezioni che ho trovato sono le citazioni di Umberto Eco e Roberta Rambelli), di solito si preferivano citazioni indirette e l'insulto politico, nei testi controllati è assente. Pesanti invece gli apprezzamenti sulla competenza dei curatori del tempo. Il medesimo stile (probabilmente una impostazione editoriale) si trova nei pezzi firmati Tris e Robot Bis (non so chi si nascondesse dietro questi pseudonimi). E' possibile che la memoria faccia degli scherzi o, come qualcuno sospetta, ogni tanto ci sono dei mescolamenti dimensionali fra linee temporali vicine e pertanto quelli che sembrano falsi ricordi sono in realtà ricordi veri di un diverso flusso temporale.