Un altro autore molto interessato nell’impatto della tecnologia sulla società e i rapporti umani, che non esita a calare nelle sue storie eleganti metafore scientifiche è l’australiano Greg Egan.

Solitamente ascritto al filone post-cyberpunk, Egan è uno scrittore sui generis, visionario, audace e anticonformista, che coniuga cyberpunk, fantascienza tecnologica e space opera e non esclude dalle sue storie una forte componente di critica sociale. Dalle prime personalissime interpretazioni del tema dello spazio simulato in Permutation City, (1994, pubblicato in Italia dalla Shake nella collana Cyberpunkline nel 1998) al mystery cosmico de La scala di Schild (Schild’s Ladder, 2002, pubblicato in Italia da Urania nel 2004), passando per un romanzo come Diaspora (ancora in Urania, nel 2003) che nel 1997 ripropone un tema molto vicino al romanzo di Banks Criptosfera a cui abbiamo già accennato, rilanciando però una prospettiva ancora più ambiziosa che non esita a oltrepassare i confini dell’escatologia. D’altro canto, una inedita miscela di nanotecnologie e ontologia quantistica era già alla base del suo romanzo d’esordio, La Terra Moltiplicata (Quarantine, 1992. In Italia pubblicato dalla Nord nella collana Cosmo, 1995).

 

Ma le vette della sua carriera Egan le tocca probabilmente con le sue opere più brevi, racconti e romanzi brevi che disegnano un efficace affresco del futuro dell’uomo. Molta della sua narrativa breve può essere ricondotta a una società futura in cui l’umanità ha abbracciato tecnologie postumanizzanti e si è affidata al dispositivo Ndoli (la cosiddetta Gemma), una sorta di rete neurale simbiotica che viene interfacciata al sistema nervoso centrale dell’ospite e con il tempo ne assimila ricordi e personalità, fino a produrre una replica esatta – e immortale – della sua coscienza (tra gli altri “Imparare a essere me”, in origine “Learning to be me”, del 1990, incluso a molti dei suoi racconti più significativi nella fondamentale antologia Axiomatic, pubblicata in Italia da Urania nel 2003).

Con Oceanic (pubblicato nella collana Odissea di DelosBooks, Locus Award e Hugo 1999),

Egan scrive una delle opere più significative del filone postumanista. In questa folgorante novella trova spazio una duplice riflessione sul ruolo dell'umanità nel mondo e sulla centralità della fede nella vita. Protagonisti sono i discendenti di una progenie postumana approdata sul pianeta Covenant ventimila anni prima degli eventi narrati. La colonizzazione del pianeta si compì attraverso la generazione di corpi progettati geneticamente e la rinuncia all’immortalità. Sui rappresentati della civiltà che permise l’Attraversamento della galassia e perse l’eternità si sa ormai così poco che la storia sfuma nella leggenda e le Scritture, improntate a una visione misticheggiante, si spingono a dipingerli come figure mitologiche di Angeli. Ecopoiesi, biochimica, nanotecnologia ed esobiologia sono i punti cardinali di questa storia, imperniata sulla ricerca spirituale di Martin intorno alla vera ragione che spinse i suoi progenitori a rinunciare all’immortalità in favore dei vincoli della carne. Il dolore della scoperta sarà l'esito necessario del suo processo di conoscenza. Perché, sembra suggerirci l'autore, è solo mettendo in discussione le proprie certezze che si acquisisce la condizione giusta per arrivare almeno a sfiorare la verità. Anche quando le proprie convinzioni sembrano incrollabili, possono infatti celare un vizio di lettura. Proprio come la visione dei tre Soli che avrebbero illuminato la Terra Madre da cui gli Angeli salparono per l'Attraversamento...

 

Nel 2002 esce Singleton, romanzo breve che narra la storia di Helen, la prima intelligenza artificiale costruita su un processore quantistico (cui Egan dà il nome di Qusp, che evoca nell’immagine della “cuspide” la Singolarità stessa), e dei suoi “genitori” impegnati in una durissima lotta per difenderla dalla cattiveria del mondo. La “Qusp” potrebbe essere infatti l’unica entità dell’universo svincolata dalla natura probabilistica della realtà e per questo provvista di libero arbitrio. Bel paradosso, per i suoi creatori umani.